la parabola del ‘ricco Epulone’ letta oggi

il ricco garantito e il precario Lazzaro

C’era un ricco garantito, che vestiva in giacca e cravatta perché fa tanto manager e tutti i giorni sfruttava lautamente. Un precario, di nome Lazzaro, attendeva alla sua porta, coperto di CV e di contratti a termine, bramoso di trovare un impiego dignitoso e quindi stabile. Arrivato finalmente il suo turno, venne introdotto in uno dei tanti ed ambiti templi del capitalismo. Il ricco garantito era oberato ma dimostrò, immediatamente, le sue qualità di problem solver, decidendo di riparare, senza ritardi, un bottone che ciondolava dalla sua giacca. Però, nell’ottica di valorizzazione delle risorse, l’intervento materiale con ago e filo venne affidato alla c.d. segretaria. Il ricco garantito si prese a cuore il bisogno del precario Lazzaro proponendo un contratto mensile (invece che di 15 giorni), per un totale di 3 ore settimanali (invece che di 2). Prima di congedarlo riempì Lazzaro di complimenti per il suo adattamento alle esigenze del mercato. Gli parlò abbondantemente della sua contrarietà al riconoscimento di un reddito di dignità per precari e disoccupati, sottolineando: «Carissimo, per garantire plusvalenze e profitti ci serve gente all’occorrenza e non oltre, e pure a basso costo. Il Sistema funziona  così. Ci dobbiamo adeguare”. Un giorno, il povero Lazzaro, proprio durante un colloquio di lavoro si accasciò a terra e morì. Fu portato dagli angeli davanti a Gesù che, dopo averlo fissato negli occhi, lo abbracciò. Morì anche il ricco garantito, nonostante le costosissime cure e l’assistenza all’avanguardia. Fu sepolto insieme alla vanità delle sue opere.  Fu portato dagli angeli davanti a Gesù e il ricco garantito, stupito disse: «Ci conosciamo? Ho l’impressione di averti già visto!». «Sì sono venuto molte volte nel tuo ufficio per i colloqui di lavoro», gli rispose Gesù.

I ricchi garantiti recitano sul palcoscenico della storia come se non conoscessero il finale. L’ultimo giorno, però, sarà il giorno degli oppressi. Il giorno della vittoria senza tempo.

vangelo di Luca

16, 19-31

C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

 da ‘altranarrazione’