“la guerra si trova in primo luogo nella mente”

per battere fanatismo e terrorismo bisogna lavorare sulla conoscenza

di Edgar Morin
in “la Repubblica” del 12 febbraio 2016

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anche in tempo di pace si può sviluppare una forma estrema dello spirito guerresco: il fanatismo. Questo porta in sé la certezza della verità assoluta, la convinzione di agire per la più giusta causa e la volontà di distruggere come nemici coloro che gli si oppongono

L’Unesco alla sua fondazione aveva sostenuto che la guerra si trova in primo luogo nella mente. Ed ha voluto promuovere un’educazione per la pace. Ma non può che essere banale insegnare che la pace è meglio della guerra, cosa evidente in tempo di pace. Il problema si pone quando lo spirito guerresco sommerge le mentalità. Educare alla pace significa quindi lottare per resistere allo spirito guerresco. Detto questo, anche in tempo di pace si può sviluppare una forma estrema dello spirito guerresco: il fanatismo. Questo porta in sé la certezza della verità assoluta, la convinzione di agire per la più giusta causa e la volontà di distruggere come nemici coloro che gli si oppongono. Nella storia delle società umane abbiamo avuto modo di osservare molte manifestazioni di fanatismo religioso, nazionalista, ideologico. Ogni volta si usa la parola “terrorismo” per denunciarne le azioni mortifere, ma è una parola che testimonia solo il nostro terrore e non spiega che cosa muova gli autori degli attentati. E soprattutto, per diverse che siano le cause a cui si votano i fanatici, il fanatismo ha sempre una struttura mentale comune. Ecco perché da vent’anni raccomando che nelle nostre scuole venga introdotto l’insegnamento della conoscenza, cioè anche l’insegnamento di ciò che provoca i propri errori, le proprie illusioni e le proprie perversioni. Ora, come si diventa fanatici? Nessuno nasce fanatico. Lo si può diventare se ci si chiude in modalità di conoscenza perverse o illusorie. Ce ne sono tre che sono indispensabili alla formazione di ogni fanatismo: il riduzionismo, il manicheismo e la reificazione. E l’insegnamento deve agire senza posa per enunciarle, denunciarle e sradicarle: sradicare è un’attività preventiva mentre sradicalizzare è un’attività che arriva tardi, quando il fanatismo è consolidato. Un ideale di consumi, di supermercati, di guadagni, di Pil, non può soddisfare le aspirazioni più profonde dell’essere umano, che sono di realizzarsi come persona all’interno di una comunità solidale. Il manicheismo si propaga e si sviluppa nel solco del riduzionismo. Non c’è più nient’altro che la lotta del Bene assoluto contro il Male assoluto. La visione unilaterale del riduzionismo spinge all’assolutismo e diventa una visione del mondo in cui si cerca di colpire con ogni mezzo i servi del male, cosa che, peraltro, favorisce il manicheismo del nemico. Al nemico perciò serve che la nostra società sia la peggiore e che i suoi cittadini siano i peggiori, così da giustificare il suo desiderio di morte e distruzione. Per arrivare al fanatismo ci vuole ancora un altro ingrediente prodotto dalla mente umana, un ingrediente che possiamo chiamare reificazione: la mente di una comunità produce ideologie o visioni del mondo, così come produce gli dei, che acquisiscono una realtà formidabile e superiore. L’ideologia o la credenza religiosa, mascherando il reale, per la mente fanatica diventa la vera realtà. Tutto ciò si è manifestato incessantemente e non è una caratteristica originale dell’islam. Da qualche decennio, con il declino dei fanatismi rivoluzionari, l’islam ha trovato un terreno di sviluppo in un mondo passato da un’antica grandezza alla caduta e all’umiliazione. Ma l’esempio dei giovani francesi di origine cristiana passati all’islamismo mostra come il bisogno possa fissarsi su una fede portatrice della Verità assoluta. Oggi ci sembra non solo necessario ma vitale che nel nostro insegnamento venga integrata la “conoscenza della conoscenza”, che permette di far individuare nell’età dell’adolescenza, quando si forma la mentalità, le perversioni e i rischi dell’illusione, e di opporre al riduzionismo, al manicheismo e alla reificazione una conoscenza capace di collegare tutti gli aspetti diversi, quando non antagonisti, di una stessa realtà, di riconoscere le complessità all’interno di una stessa persona e di una stessa società. In breve, il tallone d’Achille della nostra mente è ciò che crediamo di aver sviluppato meglio e che, in realtà, è più soggetto all’accecamento: la conoscenza. Riformando la conoscenza, ci diamo i mezzi per riconoscere gli accecamenti a cui conduce lo spirito guerresco e per prevenire in parte negli adolescenti i processi che conducono al fanatismo. A questo bisogna aggiungere l’insegnamento della comprensione altrui e l’insegnamento ad affrontare l’incertezza.

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