In Vaticano un convegno sul disarmo nucleare

In Vaticano un convegno sul disarmo nucleare

il 10-11 novembre

atteso il segretario generale delle Nazioni Unite e alcuni premi Nobel. Il portavoce della Santa Sede Greg Burke precisa: non è una mediazione tra Stati Uniti e Corea

iacopo scaramuzzi

Il dicastero vaticano per la Promozione umana integrale organizza il 10 e 11 novembre un convegno sul disarmo e, tra l’altro, sul disarmo nucleare.

 

Il programma non è ancora ufficiale ma è attesa la partecipazione del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, dell’alto rappresentante per gli affari esteri dell’Ue Federica Mogherini, e del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, nonché un intervento del Papa. È prevista la partecipazione di numerosi premi Nobel.

Il congresso «non è una mediazione» tra Stati Uniti e Corea del Nord, ha precisato il direttore della Sala stampa vaticana Greg Burke, ma un «convegno di alto livello»: «Il Santo Padre – ha dichiarato – lavora con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, come lui stesso ha ribadito lo scorso mese di marzo in un messaggio indirizzato all’Onu riunita a tale scopo. Proprio per questo ci sarà un importante convegno la prossima settimana, “Perspectives for a World Free from Nuclear Weapons and for Integral Development”, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale. Ma è falso parlare di una mediazione da parte della Santa Sede».

Proprio questa mattina, peraltro, il Papa si è recato in visita al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, oltre che al Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.  

La posizione della Santa Sede sul tema, del resto, è nota. Lo scorso 26 settembre, in occasione della Giornata internazionale dell’Onu per la totale eliminazione delle armi nucleari, il Papa aveva scritto su Twitter: «Impegniamoci per un mondo senza armi nucleari, applicando il Trattato di non proliferazione per abolire questi strumenti di morte».   

Pochi giorni prima l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, ha firmato a settembre il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato il 7 luglio 2017 al termine della Conferenza delle Nazioni Unite. Alle crescenti tensioni legate al programma nucleare della Corea del Nord – ha sottolineato in quell’occasione il «ministro degli Esteri» vaticano – si deve rispondere cercando di rilanciare i negoziati. Si devono in particolare superare – ha sottolineato monsignor Gallagher in occasione della decima Conferenza per facilitare l’entrata in vigore del Trattato – la minaccia nucleare, la superiorità militare, l’ideologia e l’unilateralismo che ricordano la logica della guerra fredda.   

Sempre in quell’occasione Gallagher ha anche ricordato quanto indicato da papa Francesco nel messaggio dello scorso 23 marzo incentrato sul tema delle armi nucleari: «La comunità internazionale – ha scritto il Papa – è chiamata ad adottare strategie lungimiranti per promuovere l’obiettivo della pace e della stabilità ed evitare approcci miopi ai problemi di sicurezza nazionale e internazionale».  

Quanto allo specifico scenario coreano, il Papa di ritorno dal recente viaggio in Colombia aveva risposto tra l’altro a una domanda circa la corsa agli armamenti da parte di Pyongyang, affermando: «Mi viene in mente una frase dell’Antico Testamento: l’uomo è uno stupido, è un testardo che non vede. L’unico animale del creato che mette la gamba nella stessa buca, è l’uomo. Il cavallo e gli altri no, non lo fanno. C’è la superbia, la presunzione di dire: “No, ma non sarà così”. E poi c’è il “dio Tasca”, no? Non solo riguardo al creato: tante cose, tante decisioni, tante contraddizioni e alcune di queste dipendono dai soldi». E ancora: «L’uomo è uno stupido, diceva la Bibbia. E così, quando non si vuol vedere, non si vede. Si guarda soltanto da una parte».   

Quanto alla Corea del Nord, «ti dico la verità – diceva il Papa al giornalista che aveva posto la domanda – io non capisco, davvero. Perché davvero non capisco quel mondo della geopolitica, è molto forte per me. Ma credo che, per quello che vedo, lì c’è una lotta di interessi che mi sfuggono, non posso spiegare davvero». In una recente intervista a La Civiltà Cattolica, poi, Hyginus Kim Hee-Joong, arcivescovo cattolico di Gwangju e presidente della Conferenza episcopale coreana , confermava, tra l’altro, di essere stato inviato in Vaticano a maggio dal nuovo presidente della Repubblica coreana, Moon Jae-in, subito dopo la sua elezione, con l’incarico di consegnare al Pontefice una lettera personale: «In quel momento – riferiva l’arcivescovo Hyginus – c’era la minaccia di guerra nella Penisola coreana a causa del conflitto tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Il nuovo presidente della Corea del Sud voleva spiegare la sua posizione per la pace della Penisola coreana e chiedere la preghiera e l’aiuto di Papa Francesco, prima che egli desse udienza al presidente Trump (udienza concessa il 24 maggio, ndr). Penso che la mia missione sia stata positiva, grazie anche all’aiuto del Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. Il nuovo presidente, Moon Jae-in, il cui nome di battesimo è “Timoteo” – aggiunge l’Arcivescovo coreano in merito a quell’episodio – ha ringraziato il Pontefice e tutti coloro che ci hanno aiutato».