il vangelo della domenica commentato da p. Maggi e p. Agostino

TUTTI MANGIARONO E FURONO SAZIATI 

 

 


 

Mt 14,13-21

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

commento al Vangelo della domenica diciottesima del tempo ordinario (3 agosto) di p. Alberto Maggi

maggi

L’episodio della condivisione dei pani e dei pesci è talmente importante che tutti e quattro gli evangelisti lo riportano. Lo riportano perché in questo episodio non vedono soltanto un segno compiuto dal Signore, ma in esso raffigurano e anticipano la cena eucaristica. Quindi tutto il brano è un anticipo – ed è una comprensione – del significato profondo della cena eucaristica di Gesù.
Per questo l’evangelista mette delle indicazioni nel testo per far comprendere che – attenzione! – non sta narrando un semplice fatto di cronaca,  ma sta trasmettendo una verità teologica. Ecco perché in questo episodio che troviamo al capitolo 14 di Matteo, versetti 13-21, intanto l’evangelista indica lo stesso momento dell’ultima cena.
Dice che sul far della sera si avvicinano i discepoli, c’è la folla che ha seguito Gesù e ha iniziato il nuovo esodo, la nuova liberazione, e i discepoli, che non sono solidali con la gente e non capiscono, chiedono a Gesù di licenziare la folla perché vada a comprarsi da mangiare. Non hanno accolto ancora lo spirito delle beatitudini, della condivisione.

E Gesù replica, e qui c’è l’indicazione profonda del significato dell’eucaristia, “«Non occorre che vadano»”, e a quelli che hanno usato il verbo comprare Gesù replica con il verbo dare. Non c’è da comprare, ma c’è da condividere. Ma la particolare forma verbale adoperata dall’evangelista nell’esprimere questa frase ha un significato particolare.
Gesù dice: “«Voi stessi date loro da mangiare»”, letteralmente “date a loro voi da mangiare”. E’ il significato dell’eucaristia. Nell’eucaristia Gesù si fa pane, alimento di vita, perché quanti poi lo accolgono siano capaci a loro volta di farsi pane, alimento di vita per gli altri. Non basta dare il pane alla gente, ma occorre farsi pane per la gente. Ecco perché l’evangelista usa quest’espressione: “Date loro voi da mangiare”.
Questo è il significato dell’eucaristia. Nell’eucaristia non si dà soltanto del pane, ma ci si fa pane per gli altri. I discepoli replicano che quello che hanno è insufficiente, infatti dicono che non hanno che “«Cinque pani e due pesci»”. Raggiungono il numero sette che, nella simbologia ebraica, significa tutto quello che hanno. Quando si trattiene per sé quello che si ha sembra insufficiente; quando si condivide invece si crea l’abbondanza.
Infatti Gesù chiede di portarglieli, e ora ci sono le indicazioni del significato dell’eucaristia. Per prima cosa Gesù ordina, comanda, alla folla di sdraiarsi. Perché Gesù deve comandare? Comanda perché c’è resistenza. E perché chiede a questa folla di sdraiarsi? Non possono mangiare come meglio credono, seduti, in piedi?
Nei pranzi festivi, nei pranzi solenni, si mangiava ad uso romano sdraiati su dei lettucci. Ma chi poteva mangiare in questa maniera? Soltanto chi aveva dei servi che potevano servirlo. Ecco allora la preziosa indicazione che ci dà l’evangelista: l’eucaristia serve per far sentire le persone “signori”. Per cui i discepoli, che sono persone libere, si mettono a servizio degli altri, quelli che sono considerati servi dalla società, gli ultimi, gli emarginati, gli esclusi, per far riscoprire loro la piena dignità, quella di signore.
E perché Gesù deve ordinare? Perché c’è resistenza. Le persone amano essere sottomesse, ma non amano la libertà. E l’evangelista qui ci presenta gli stessi gesti che Gesù compirà nell’ultima cena. “Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo”, significa comunicazione divina, “recitò la benedizione”, benedire significa che quello che si ha non è più possesso proprio, ma è dono ricevuto, e come tale condiviso per  moltiplicare gli effetti della creazione.
“Spezzò i pani e li diede ai discepoli”, gli stessi gesti che Gesù compirà nell’ultima cena quando prende i pani, benedice, li spezza, li dà ai discepoli, “e i discepoli alla folla”. I discepoli non sono i proprietari di questo pane, non sono amministratori, ma sono io servitori.  Il loro compito è prendere questo pane, che raffigura l’eucaristia, e distribuirlo alla folla, senza mettere condizioni e senza mettere limiti.
Soprattutto risalta l’assenza di un comando di Gesù. Perché Gesù non comanda alla folla di purificarsi? Prima di mangiare c’era un rito ben conosciuto, obbligatorio, che non era un semplice rituale igienico, non bastava essersi lavati le mani; bisognava purificarsi le mani seguendo determinati riti e determinate preghiere. Ebbene Gesù ogniqualvolta si trova a pranzo o a cena – e i pranzi e le cene nei vangeli anticipano sempre l’eucaristia – mai chiede o impone di lavarsi le mani.
Qual è il significato? Non è vero che gli uomini devono purificarsi per partecipare al banchetto del Signore, ma al contrario è partecipare al banchetto del Signore quello che li purifica. Questa è la grande novità portata da Gesù. L’uomo non dev’essere degno per partecipare al banchetto, ma è la partecipazione al banchetto che lo rende signore. Per questo Gesù si fa pane e chiede ai discepoli di essere donato, distribuito alla folla senza mettere condizioni.
Mangiano a sazietà, e avanzano dodici ceste. Il numero dodici è il numero delle tribù di Israele, e l’evangelista indica che attraverso la condivisione – e non l’accaparramento – si risolve la fame per tutto il popolo. Ed ecco infine un dettaglio prezioso. “Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini”.  L’evangelista riporta qui la stessa cifra di persone che erano i componenti, secondo gli Atti degli Apostoli, al capitolo 4, versetto 4, della primitiva comunità cristiana.
Ma perché proprio cinquemila? I multipli di cinquanta nella Bibbia indicano l’azione dello Spirito. I profeti, guidati dallo Spirito, andavano a gruppi di cinquanta. Pentecostè non significa altro che cinquantesimo, il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, ed è il giorno nel quale nella comunità cristiana scende lo spirito. Non  più una legge esterna da osservare, ma lo Spirito, una forza interiore da accogliere. Quindi i multipli di cinquanta indicano l’azione dello spirito.
Allora l’evangelista, attraverso questa cifra, vuol far comprendere che, con il pane, è stato comunicato lo spirito che era alla base del dono. E, infine, il dettaglio “senza contare le donne e i bambini”. Perché questo dettaglio? Perché nel culto sinagogale la celebrazione poteva iniziare soltanto quando erano presenti dieci maschi adulti; la sinagoga poteva essere piena di donne e bambini, ma finché non c’erano dieci maschi adulti non si poteva iniziare il culto.
Allora dando questa indicazione “senza contare le donne e i bambini”, che è una maniera di contare i partecipanti alla sinagoga,  l’evangelista vuol far comprendere che con Gesù, in questo episodio della condivisione dei pani, è nato il nuovo culto. Il nuovo culto non si esercita più in una sinagoga, ma ovunque esista la pratica delle beatitudini, la condivisione generosa. Il nuovo culto non parte più dagli uomini rivolta a Dio, ma parte da Dio ed è rivolto agli uomini, perché il Gesù di Matteo è il Dio con noi, che chiede di essere accolto perché con lui e come lui l’umanità vada ad essere alimento di vita, di forza, verso ogni uomo che ne ha bisogno.

il commento di p. Agostino Rota Martir:

p. agostino

“Voi stessi date loro da mangiare”

“Voi stessi siete il pane da distribuire per essere mangiato”

Il Vangelo di questa domenica è uno di quelli che mi sorprende, non tanto per il “miracolo” descritto, ma per la sua ordinarietà. Mi piace leggerlo attraverso questa lente, penso possa aiutare a capirlo meglio per evitare di restare catturati solo dall’evento della moltiplicazione.

Innanzitutto mi piace questo Gesù che sente la necessità di mettersi un po’ in disparte, solo a pensare (il vangelo di Matteo non dice che si ritira a pregare, come fanno ad esempio altri vangeli): aveva appena saputo della morte di Giovanni Battista. Deve essere stato un duro colpo anche per lui.

Caspita, anche Gesù sembra accusare il colpo! Che farà ora, le acque si stanno agitando: continuare quello che aveva intravisto al momento del Battesimo al Giordano? Oppure nascondersi fino a quando le acque si sarebbero calmate un pochino? E’ un momento delicato e problematico. Chissà quante volte anche a noi sarà capitato in certi momenti di sentire la necessità di trovare un posto tranquillo in disparte, lontano dai problemi che ci assillano, ci turbano, con la voglia di riflettere e di calma anche per pensare di fare il punto della nostra situazione..magari anche per pregare. Stare un po’ soli.

Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città..sceso dalla barca, sentì compassione per loro e guarì tanti malati.”

Certo, ognuno di noi non ha questa fiumana di gente che ci segue..non è questa la questione più importante. E’ un Gesù che si lascia disturbare proprio nel momento più riservato, lascia il suo spazio tranquillo per entrare in quello della gente, imprevedibile, esigente e spesse volte confuso e nello stesso tempo riesce ad “avere compassione”.

Penso a me, quante volte mi sento disturbato da chi mi cerca per motivi diversissimi e in nome del mio “spazio sacro” la fatica a “scendere dal piedistallo” e a nutrire vera compassione, non un fastidio camuffato da buona educazione. E’ facile la compassione quando siamo a distanza di sicurezza dal povero, dal malato, profugo, mendicante..dall’inquilino che abita al piano di sopra. Facile la compassione dal mio “piedistallo”, ma lontana dal cuore della gente, da lassù non arrivano i sussurri, i pianti e gli odori delle persone, comprese le loro pretese e furbizie. Penso alle folle che seguivano Gesù, senz’altro un mondo variegato di attese e di astuzie.

Per amore di quella folla Gesù abbandona l’idea di ritirarsi, senza recriminare, lascia la preghiera perché il rapporto con la folla è più importante. I discepoli, invece, sembrano infastiditi da quella folla e alla fine vorrebbero congedarla.” (don Luciano Cantini)

“Il luogo è deserto ed è ormai tardi, congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”.

Oggi c’è una forte crisi economica, abbiamo già tanti problemi, c’è disoccupazione, chiudono tante fabbriche per mancanza di lavoro, non riusciamo ad arrivare a fine mese, la spesa sociale è diventata un peso insopportabile per le comunità..e la litania non finisce qui. Basta migranti, ne arrivano troppi, non ce la possiamo fare da soli, basta buonismo che finisce con il desertificare le nostre ormai poche risorse e privare i nostri poveri e i nostri pensionati di risorse utili. Rimandiamoli a casa, ai loro villaggi di origine è lì che dobbiamo aiutarli a rimanere a guadagnarsi il pane.

“Voi stessi siete il pane da distribuire per essere mangiato”. Non è forse anche questa la risposta di Gesù alla richiesta dei suoi discepoli? Diventare noi pane spezzato che si offre: saper dare senza aspettarsi niente, senza ricatto, senza calcolo, senza pretesa di cambiare l’altro..

Non è certo facile pensare e comportarsi così, sopratutto quando ormai la “compassione” sembra essere agli sgoccioli in questa nostra società, considerata inutile e insignificante.. di certo continuerà a stare dentro le nostre Chiesa fin quando le parole di Isaia riecheggeranno: “ Voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate: venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte.” (Is.55,1)

 

3 Agosto 2014