il papa tira le orecchie ai vescovi italiani e loro … mormorano in diretta

 

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una vera sferzata quella di papa Francesco ai vescovi italiani presiedendo (è la prima volta, non era mai successo) la loro assemblea generale

rivolge loro una forte chiamata a scuotersi e un monito a farsi più vicini al loro popolo, a entrare nel ‘vissuto della gente’, aiutandolo a “non cedere al catastrofismo e alla rassegnazione” e sostenendo con ogni forma di ‘solidarietà creativa’ disoccupati, cassintegrati, disoccupati, precari, imprenditori, migranti e rifugiati

dice chiaramente a loro: “non restate seduti ai piedi del campanile, lasciando che il mondo vada per la sua strada”, mentre  ascoltano con visibile imbarazzo, tanti colpi di tosse e scarsa convinzione la lunga lista delle ‘tentazioni’ che i vescovi devono evitare

qui sotto riporto tre dei vari articoli (dalla preziosa rassegna di ‘finesettimana’) apparsi sulla stampa odierna (di M. Politi, di L. Accattoli e di G. G. Vecchi) che fanno il punto sulla nuova linea che papa Francesco indica ai vescovi italiani, non proprio in continuità con quella portata avanti (non senza durezze ideologiche) fino ad ora, anzi ribaltandola, indicando altri … valori ‘non negoziabili’, anzi l’unica cosa non negoziabile, la realtà stessa:

Il Papa sferza la Cei. “Non restate seduti ai piedi del campanile, lasciando che il mondo vada per la sua strada”, esclama rivolto ad un’assemblea, che non è mai stata accompagnata da tanti colpi di tosse durante un discorso papale e che ascolta imbarazzata la lunga lista delle “tentazioni” che i vescovi devono evitare. Alla fine l’applauso parte esitante, si allarga crescendo ma non coinvolge convintamente tutto l’emiciclo.
Una forte chiamata a scuotersi e a non cedere al sentimento della crisi è venuto ieri da papa Francesco che ha rivolto un doppio monito ai vescovi italiani riuniti in assemblea: perché reagiscano alla tentazione della «tristezza», entrino nel «vissuto della gente» e aiutino la società a «non cedere al catastrofismo e alla rassegnazione», sostenendo con ogni forma di «solidarietà creativa» disoccupati, cassintegrati, precari, imprenditori, migranti e rifugiati.
C’è un’immagine che dice tutto, quando Francesco ricorda ai vescovi italiani la tentazione distinguere «tra “noi” e “gli altri”» e mette in guardia dalle «chiusure» e dall’«attesa sterile di chi non esce dal proprio recinto e non attraversa la piazza, ma rimane a sedere ai piedi del campanile, lasciando che il mondo vada per la sua strada». La stessa crisi è una «emergenza storica» che «interpella la responsabilità sociale di tutti», dice: «Come Chiesa, aiutiamo a non cedere al catastrofismo e alla rassegnazione».