il Dio straniero … che viene sempre da lontano e ha bisogno sempre di noi

anche Dio è straniero

Perché viene da lontano: dall’inizio dei tempi, fino a farsi prossimo, un giorno, improvvisamente.

Perché entra a casa nostra con un misto di aspettative e di timore: spesso non riconosce la nostra lingua particolare, lui che vorrebbe parlarne una universale.

Perché esiste, ma per manifestarsi, per avere un’identità, un passaporto, un timbro sul foglio di via, ha bisogno di noi. Dei nostri occhi, delle nostre mani, del nostro muoversi e camminare.

Perché non pretende alcunché da noi, ma, appena arrivato, si rende disponibile anche per i lavoretti in nero, prova a donarsi così com’è. Perché vuol solo essere accettato.

Perché sui barconi condivide il posto bagnato in cui coricarsi, alla mensa della Caritas il pane e la pastasciutta, coi compagni il dolore per una madre lasciata in Africa e l’incertezza della vita. Condivide. Sempre.

Perché serve: badante nelle case di chi non riesce obiettivamente ad accudire i propri vecchi, contadino dove nessuno raccoglie più i pomodori, manovale sotto il sole d’agosto. Serve, perché spesso gli mettono in tasca pochi spiccioli all’ora, e poco importa se si cade da un cornicione, se cade chi probabilmente non esiste.

Perché non giudica, ma è sempre giudicato: dal medico all’ingresso di frontiera, dal questurino, dal datore di lavoro, da noi che spesso lo guardiamo male perché un po’ sporco e strano. E, oggi, anche dai personaggi del finale dei vangeli: i nuovi governatori, i nuovi re edomiti o nabatei, e soprattutto, come allora, da un popolo intero che grida “crucifige”. Quando va male qualcosa, anziché incolpare noi stessi ce la prendiamo con lui, un Dio che è capro espiatorio.

Perché è sempre in croce: dell’ingiuria, della calunnia, della malafede, dell’ignominia, del crimine, della colpa, della miseria e della malattia.

Perché muore: di colpi di proiettile tirati per caso, di ruspa sui campi di soggiorno, di risse, di inseguimenti; per annegamento, per asfissia, per corpo contundente. Soprattutto, muore di indifferenza.

Perché risorge. In chi dice no alla cultura della paura e della morte. Nelle suore della Carità minacciate dai naziskin; nei preti di strada, di tutte le forme di strada. Nei sindacalisti e nei politici che hanno ancora una coscienza. In ciascuno di noi, se solo lo si vuole, senza fare chissà che.