il commento di R. La Valle all’enciclica ‘laudato sì’
salto di qualità nella riflessione sull’ambiente, si potrebbe dire che apre una seconda fase nella elaborazione del discorso ecologico, così come accadde nel costituzionalismo quando dalla prima generazione dei diritti, quelli relativi alle libertà civili e politiche, si passò alla considerazione dei diritti di seconda e terza generazione, sociali, economici, ambientali, e cambiò il concetto stesso di democrazia”
A TUTTI
Si può capire allora come con questa enciclica che comincia con un cantico di san Francesco e finisce con una preghiera in forma di poesia, l’idillio del mondo ricco con papa Francesco sia finito. «Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra», dice il papa nella sua preghiera. «Non occuparti di politica, perché l’ambiente è politica», gli dicono i ricchi. E mentre da un lato quello che negli Stati Uniti non si fa chiamare Bush per riprendersi in famiglia il governo dell’America dice che non si farà dettare la sua agenda dal papa, dall’altro quello che da noi pubblica sulle sue felpe messaggi di razzismo e di guerra dice che non c’è proprio di che essere perdonati per le porte chiuse in faccia ai profughi e tutti i «clandestini» vorrebbe metterli a Santa Marta. «Questo papa piace troppo» diceva la destra più zelante, allarmata al vedere masse intere di persone in tutto il mondo affascinate da un pensiero diverso dal pensiero unico. Però si faceva finta di niente, sperando che la gente non capisse. Il papa diceva che l’attuale sistema non ha volto e fini veramente umani, e stavano zitti. Diceva che questa economia uccide, e stavano zitti. Diceva che l’attuale società, in cui il denaro governa (Marx diceva «il capitale») è fondata sull’esclusione e lo scarto di milioni di persone, e stavano zitti. Diceva ai politici che erano corrotti, e stavano zitti. Diceva ai disoccupati di lottare per il lavoro e ai poveri di lottare contro l’ingiustizia, e facevano il Jobs Act. Ma con questa enciclica il gioco di far finta di non capire non sarà più possibile. Bisognerà stare o dalla parte di Francesco o contro di lui, perché non sta facendo una predica, sta chiedendo una scelta. E questo vale non solo per i politici, per gli opinionisti, per i giornali, vale anche per i vescovi, per i cardinali. E vale anche per i semplici fedeli perché, scrive Francesco «dobbiamo riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente». Quello che infatti da Francesco è posto davanti al mondo è il problema vero: «il grido della terra» è anche il «grido dei poveri», ma nel monito che si leva dai poveri perché la loro vita non vada perduta, c’è un monito che riguarda tutti, perché senza un rimedio, senza un cambiamento, senza un’assunzione di responsabilità universale la vita di tutti sarà perduta. Ed è per questo che l’enciclica di papa Francesco è rivolta a «ogni persona che abita questo pianeta»: non ai cattolici, e nemmeno agli «uomini di buona volontà», come faceva la «Pacem in terris» di Giovanni XXIII, in cui si poteva sospettare ancora un residuo di esclusione, nei confronti di qualcuno che eventualmente fosse di volontà non buona. Qui papa Francesco abbraccia veramente tutti (come ne sono figura essenzialissima per il cristiano le braccia di Cristo aperte sulla croce) e si pone non come capo di una Chiesa, e nemmeno come profeta dei credenti, ma come padre della intera umanità. Perché il messaggio è il seguente: non questa o quella Potenza o Istituzione, non questo o quello Stato, non quel partito o movimento, ma solo l’unità umana, solo la intera famiglia umana giuridicamente costituita e agente come soggetto politico può prendere in mano la terra e assicurarne la vita per l’attuale e le prossime generazioni.
Raniero La Valle Il manifesto, 19 giugno 2015