il commento di p. Maggi al vangelo della domenica

SIGNORE RICORDATI DI ME QUANDO ENTRERAI NEL TUO REGNO 

commento al vangelo della trentaquattresima domenica del tempo ordinario (20 novembre 2016) di p. Alberto Maggi:

Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Maggi

L’episodio delle tentazioni nel deserto si erano concluse con queste parole: “e il diavolo si allontanò da Lui [Gesù] per ritornare al tempo fissato”; ed ecco il momento fissato: il momento di massima debolezza di Gesù. Gesù è crocefisso è già agonizzante, sulla croce, e nel momento di massima debolezza di nuovo si presentano le tentazioni di forza, le tentazioni di potere.    Leggiamo quello che ci scrive Luca, l’evangelista al cap. 23 nei versetti 35-43; Gesù che ha avuto come unica missione quella di portare vita, di salvare le persone ha pronunciato già le parole rivolte al Padre, una preghiera di perdono: Padre perdonali perché non sanno quello che fanno; e, scrive l’evangelista: il popolo stava a vedere.    Questo popolo che lo ha seguito, queste folle che erano incantate dal suo messaggio ora sono sottomesse alle decisione dei capi, non prendono nessuna iniziativa, stanno a vedere.    I capi invece lo deridevano; ecco senza un minimo di umanità, senza un po’ di compassione. In fondo Gesù, anche se ai loro occhi è un colpevole, è un uomo agonizzante sulla croce, questa tortura terribile, ebbene loro sono spietati, lo deridono dicendo: ha salvato gli altri, e qui c’è un eco di quello che Gesù disse nell’episodio della Sinagoga di Nàzaret quando disse: medico cura te stesso: ha salvato gli altri salvi se stesso se è Lui il Cristo di Dio l’eletto, ecco ritornano le tentazioni. 
Questa espressione: se è Lui il Cristo di Dio, ritornerà tre volte e noi sappiamo che il numero tre nella simbolica numerica ebraica significa quello che è completo, quindi il diavolo ritorna con forza, con le sue tentazioni nel momento di massima debolezza dii Gesù. Quindi i capi lo deridono, non hanno un minimo di compassione e dicono se ha salvato gli altri provi a salvare se stesso, se è Lui il Cristo di Dio, l’eletto. L’eletto che viene abbandonato. Una delle prove che Gesù non è stato il Messia, il Cristo d’Israele, è che il Messia non poteva morire.    Anche i soldati, sono i soldati romani, lo deridevano, letteralmente “lo schernivano”, si prendono gioco di Lui, una burla, gli si accostavano per porgergli dell’aceto. Mentre il vino è l’immagine dell’amore, il suo contrario l’aceto è l’immagine dell’odio. C’è un salmo, il salmo 69 versetto 22 che dice: “quando avevo sete mi hanno dato l’aceto”, e dicevano “se tu sei il re dei giudei, ecco che di nuovo ritorna questa tentazione, salva te stesso”.    Ma Gesù è venuto a salvare chi è perduto, Gesù non è venuto a salvare se stesso, ma a salvare gli altri, e l’evangelista commenta: sopra di Lui c’era anche una scritta: “costui è il Re dei giudei”, letteralmente “Il Re dei giudei è questo”. È una scritta molto derisoria, ed è l’unica scritta conosciuta di Gesù nella sua vita, per prenderlo in giro. Questo è il Re dei giudei quindi è un’espressione che indica il massimo disprezzo, verso questo popolo che i romani sottomettevano; ma ecco dove l’evangelista ci vuol portare; “Uno dei malfattori, la croce era uno strumento di tortura riservato alla feccia della società, ai criminali più feroci, quindi finire sulla croce significava aver combinato veramente qualcosa di tremendo. “Uno dei malfattori appesi (si intende alla croce) lo insultava: “non sei tu il Cristo? Salva te stesso”. Ecco per la terza volta c’è la tentazione “salva te stesso”: è la tentazione del diavolo, usare il potere per se stesso.    Ma Gesù la forza del suo amore non la usa per se ma la usa per gli altri. “salva te steso e noi , l’altro invece lo rimproverava dicendo: “non hai alcun timore di Dio tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni”.  Quindi questo individuo crocefisso con Gesù è un criminale, è un delinquente. “Egli invece non ha fatto nulla di male”. Ecco, riconosce questo bandito, questo criminale crocefisso con Gesù, riconosce la realtà di Gesù, quella realtà che negli Atti degli Apostoli per parola di Pietro: “Gesù di Nàzaret che passo beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo perché Dio era con lui”.    Quindi questo delinquente riconosce che Gesù è innocente, e si rivolge a Gesù e gli chiede: “Gesù ricordati” questo verbo ricordare fa parte del linguaggio della preghiera ebraica, ricordare significa chiedere a Dio di posare uno sguardo di bontà, intervenire a favore di colui che prega, quindi è una richiesta; “ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno” o meglio secondo  una variante di questo versetto; quando verrai nel tuo Regno, cioè quando verrai come Re ricordati di me.    Ebbene la risposta di Gesù spiazza tutti, spiazza ascoltatori, lettori del tempo e spiazza anche noi, perché ripeto: non è come poi la storia cercherà di annacquare questo episodio in “il buon  ladrone”. Questo è un delinquente, un criminale, che come dice lui ha giustamente meritato questa tremenda pena. Ebbene la risposta di Gesù: “ in verità, quindi un’affermazione solenne, io ti dico oggi con me sarai nel paradiso”. Mentre il bandito aveva chiesto ”ricordati” quando entrerai nel tuo Regno quindi non immediatamente, la risposta di Gesù è immediata: oggi stesso; quindi non un domani, non nel tempo, ma oggi stesso, immediatamente, sarai con me nel paradiso. È l’unica volta che nel vangelo di Luca appare il termine paradiso, Gesù quando deve parlare della vita che continua oltre la morte parla di vita eterna, di vita indistruttibile, ma non usa mai questo termine paradiso. Paradiso è un termine persiano che significa semplicemente “giardino”, era quel luogo intermedio dove le anime stavano in attesa della resurrezione.    Perché Gesù parla proprio di paradiso? L’evangelista vuol contrapporre l’azione di Gesù con quella descritta nel libro della Genesi. Nel libro della Genesi Dio caccia dal paradiso l’uomo peccatore; con Gesù il primo ad entrare con Lui in paradiso è proprio l’uomo peccatore. Quello che l’evangelista vuol dire è quello che ha seguito per tutto il filone del suo vangelo, l’amore di Dio non è rivolto alle persone per i loro meriti, ma per i loro bisogni.    Che merito ha questo bandito, per entrare in paradiso? Non ne ha nessuno merito, ma ha bisogno, l’amore di Dio guarda i bisogni delle persone. Non esistono per Gesù, per la forza del suo amore, non esistono casi impossibile che l’amore di Dio o l’amore di Gesù non possa vincere .