il commento al vangelo della domenica

LA VOSTRA LIBERAZIONE E’ VICINA

commento al vangelo della seconda domenica di quaresima (21 febbraio 2016) di p. Alberto Maggi:

p. Maggi

Lc  9,28-36

Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, resto Gesù solo. Essi tacquero e in quei … non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Gesù ha annunziato ai suoi discepoli che a Gerusalemme sarà messo a morte. Naturalmente questo provoca le rimostranze, provoca delusione.
Ecco allora questo brano, è il capitolo 9 dell’evangelista Luca dal versetto 28. E’ importante la localizzazione, l’indicazione temporale. Infatti scrive l’evangelista “Circa otto giorni dopo questi discorsi”, cioè dopo che Gesù ha annunziato la sua morte.
Perché il numero otto? E’ tipico degli evangelisti mai accennare alla morte di Gesù senza dare un’indicazione anche della sua risurrezione. L’ottavo giorno è il giorno della risurrezione di Gesù. Allora Gesù ora mostra quali sono gli effetti della persona che passa attraverso la morte. Non sono di distruzione, di annientamento, ma di potenziamento.
Gesù prese con sé Pietro. Questo discepolo è presentato con il solo soprannome negativo che indica la sua cocciutaggine, e Giovanni e Giacomo. Saranno i discepoli più difficili che Gesù sempre prenderà con sé nei momenti importanti della sua vita. E salì su IL monte, con l’articolo determinativo, non è un monte qualunque, ma non è indicato. L’evangelista non vuole indicare un luogo topografico, ma teologico. Il monte è il luogo della sfera divina, della condizione divina.
 A pregare. Tipico di Luca nei momenti importanti di Gesù presentarlo in preghiera. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Mostra gli effetti della morte annunziata nel capitolo precedente. La morte non fa sprofondare la persona nelle tenebre, ma la avvolge di luce. La morte, come abbiamo detto, non distrugge la persona, ma libera tutte le sue energie d’amore e di vita.
Ed ecco… espressione tipica degli evangelisti per indicare qualcosa di inaspettato, una sorpresa. Due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa. Perché Mosè e Elìa? Erano i personaggi che, nell’antico testamento avevano parlato con Dio, ma soprattutto Mosè era il grande legislatore e Elìa era il profeta che con zelo, e anche con violenza, ha fatto praticare la legge di Mosè.
 Apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo. Ecco questa è una caratteristica tipica dell’evangelista Luca, usare questo termine “esodo” ad indicare la liberazione che Gesù è venuto a portare. Che stava per compiersi a Gerusalemme. A Gerusalemme, la città santa, Gesù sarà assassinato dai massimi rappresentanti di Dio, dall’istituzione religiosa.
E qui l’evangelista ci accenna qualcosa di incomprensibile per noi: Pietro (di nuovo con il soprannome negativo) e i suoi compagni… ormai non sono più i compagni di Gesù, ma seguono Pietro. Erano oppressi dal sonno. Bene, di fronte ad una rivelazione del genere l’evangelista ci presenta questi discepoli oppressi dal sonno. Perché? Il sonno significa incomprensione rispetto a quello che sta accadendo. Ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, – quindi Mosè ed Elìa si separano da Gesù – Pietro  – ed è la terza volta, il numero tre secondo il linguaggio degli evangelisti, indica sempre quello che è definitivo, quindi Pietro insiste nella sua cocciutaggine –  disse a Gesù … E non lo chiama “maestro” come vedo qui nella traduzione, ma il termine adoperato da Luca è “capo”, qualcuno a cui sottomettersi. E’ questa l’idea che Pietro ha di Gesù. “E’ bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne”. Perché queste capanne? Delle tre importantissime feste che cadenzavano la vita religiosa di Israele, la festa di Pasqua, la festa di Pentecoste e la festa delle Capanne, l’ultima era la più importante. Tanto importante che non aveva bisogno di essere nominata, bastava dire “la festa” e si capiva che era la festa delle Capanne. Era la festa che ricordava la liberazione dalla schiavitù egiziana, e per una settimana – ancora oggi in Israele – si viveva sotto delle frasche, sotto delle capanne. Ebbene la tradizione diceva che il messia sarebbe arrivato durante la festa delle Capanne. In ricordo dell’antica liberazione si sarebbe inaugurata la nuova liberazione. Quindi il messia atteso, quello della tradizione si sarebbe manifestato in questa festa. Ecco perché Pietro chiede di fare tre capanne. Vuole che Gesù si manifesti come messia. “Una per te, una per Mosè e una per Elìa”. Quando ci sono tre personaggi, normalmente il più importante si mette al centro. Ecco per Pietro il più importante non è Gesù, al centro per Pietro c’è
Mosè, il legislatore. Poi Gesù come Elìa al fianco, come coloro che fanno praticare questa legge. Ma per Pietro il più importante è  Mosè. E l’evangelista commenta: Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava… quindi Pietro non ha ancora terminato di parlare, nel suo sproloquio, così, venne una nube. La nube nell’antico testamento è immagine della presenza attiva di Dio. E li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. Quindi nel fare questa esperienza di Dio. E’ strano, Pietro la prima volta che si è trovato di fronte a Gesù durante la pesca miracolosa ha chiesto a Gesù di allontanarsi da lui perché era peccatore e questa volta, che fa un’esperienza di Dio, ne ha paura, quindi l’evangelista fa comprendere quanto una tradizione religiosa, un’ideologia religiosa, possano essere di ostacolo alla comprensione del vero Dio. E dalla nube uscì una voce – è la voce di Dio – che diceva: «Questi è il Figlio mio … Per figlio non si intende soltanto colui che è nato dal padre, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Allora Dio dice che in Gesù c’è tutto lui. “L’eletto; ascoltatelo!» E’ un imperativo, cioè “Lui ascoltate!” Quindi scompare Mosè, scompare Elìa ed è soltanto Gesù da ascoltare, questa è un’indicazione molto preziosa che l’evangelista dà alla sua comunità. Bisogna ascoltare il messaggio di Gesù, e quello che è scritto nei testi di Mosè o nei libri profetici va confrontato con l’insegnamento di Gesù: se è in sintonia si prende, altrimenti non sarà norma di comportamento per la comunità cristiana. Appena la voce cessò, resto Gesù solo. Essi tacquero. Questo tacere è tipico dei nemici di Gesù. E in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Perché non riferiscono niente? Perché non sono d’accordo. Rimangono male. Loro vogliono un Gesù secondo la legge di Mosè e secondo lo zelo violento di Elìa, non accettano Gesù senza Mosè e senza Elìa. Quindi sono in disaccordo con Gesù e non tacciono. Quindi il cammino della comunità di Gesù, della comprensione della sua realtà è ancora lungo