i vescovi italiani dicono no ai CIE

 

immigrati

mons. Galantino

“no ai CIE se rimangono così”

domenica la Chiesa celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Domani protocollo per i corridoi umanitari. Nel 2016 raddoppiato il numero dei minori non accompagnati

iacopo scaramuzzi

La Conferenza episcopale italiana dice «no» alla riapertura dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) «se questi dovessero continuare ad essere di fatto luoghi di trattenimento e di reclusione» per immigrati. In una conferenza stampa in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che la Chiesa cattolica celebra domenica prossima, 15 gennaio, mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha elencato una serie di proposte in materia di immigrazione. Domani, ha annunciato l’arcivescovo, la Cei sigla un preannunciato protocollo per finanziare un corridoio umanitario con l’Etiopia. Il direttore generale di Migrantes, mons. Gian Carlo Perego, ha fornito un’aggiornamento dei dati sull’immigrazione in particolare dei minori in Italia: nel 2016 il numero dei minori non accompagnati sbarcati è più che raddoppiato rispetto al 2015, passando da 12.360 a 25.772.

«Mi permetto di elencare in maniera schematica i “sì” e i “no” sui quali mi piacerebbe vedere impegnati tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a cominciare da chi ha responsabilità di governo», ha detto Galantino nella conferenza ospitata dalla sede romana della Radio vaticana, «senza la superficialità di chi parla tanto dei migranti e poco con i migranti». Cinque i «sì» elencati dal segretario della Cei. Sì, innanzitutto, «a sbloccare e approvare una legge ferma che allarga la cittadinanza ai minori che hanno concluso il primo ciclo scolastico, così da allargare  la partecipazione, cuore  della democrazia, e favorire processi di inclusione e integrazione». In secondo luogo, «sì a sbloccare e approvare una legge ferma che tutela i minori non accompagnati, non destinandoli a nuovi orfanatrofi, ma a case famiglia, a famiglie affidatarie, accompagnate da una formazione attenta a minori preadolescenti e adolescenti», ha detto il presule citando ad esempio le oltre 500 storie di accoglienza famigliare nate nelle parrocchie italiane. Sì, in terzo luogo, «all’identificazione dei migranti che arrivano  tra noi, anzitutto per un’accoglienza attenta alla diversità delle persone e delle storie, pronta a mettere in campo  forme e strumenti rinnovati di tutela e di accompagnamento che risultano una sicurezza per le persone migranti e per la comunità che accoglie». Sì, quarto punto, «a un’accoglienza diffusa, in tutti i comuni italiani, dei migranti forzati, in fuga da situazioni drammatiche», ha detto Galantino, domandandosi, tra l’altro, «a chi giova demonizzare con lo stigma della delinquenza e del puro interesse tutte le realtà impegnate nel campo dell’accoglienza?», e citando, en passant, il caso di «mafia capitale». Quinto, «sì a un titolo di soggiorno come protezione umanitaria o come protezione sociale a giovani uomini e donne che da oltre un anno sono nei CAS e nei centri di prima accoglienza e hanno iniziato un percorso di scolarizzazione o si sono resi disponibili a lavori socialmente utili o addirittura già hanno un contratto di lavoro, nonché a coloro che hanno potuto, speriamo presto, fare un’esperienza di servizio civile, ma anche a chi ha una disabilità o un trauma grave, è in fuga da un disastro ambientale o dal terrorismo». Il segretario della Cei ha poi elencato tre «no», il terzo dei quali «condizionato». No, innanzitutto, «a forme di chiusura di ogni via legale di ingresso nel nostro Paese che sta generando un popolo di irregolari, che  alimenta lo sfruttamento, il lavoro nero, la violenza. E’ contradditorio chiudere forme e strade per l’ingresso legale e poi approvare leggi per combattere lo sfruttamento lavorativo e il caporalato». No, in secondo luogo, «a investire più nella vendita delle armi che in cooperazione allo sviluppo, in accordi internazionali per percorsi di rientro, in corridoi umanitari», ha proseguito il segretario della Cei, annunciando che domani firmerà «un protocollo di intesa col Ministero competente per aprire un “corridoio umanitario” con l’Etiopia per i profughi provenienti da Eritrea e Somalia, utilizzando anche per questo fondi provenienti dall’8×1000». Nei mesi scorsi i primi corridoi umanitari in Italia erano stati aperti grazie ad una collaborazione tra Chiesa valdese, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei) e comunità di Sant’Egidio. Quanto alla riapertura dei Cie, «non possiamo non condividere il “no” affermato dalle realtà del mondo ecclesiale (Migrantes, Caritas, Centro Astalli…) e della solidarietà sociale (Cnca), oltre che di giuristi (Asgi) impegnati da anni nella tutela  e la promozione dei migranti, se questi dovessero continuare ad essere di fatto luoghi di trattenimento e di reclusione», «parcheggi abusivi e mal gestiti», «che, anche se con pochi numeri di persone, senza tutele fondamentali, rischiano di alimentare fenomeni di radicalizzazione, e dove finiscono oggi, nella maggior parte dei casi,  irregolari dopo retate, come le donne prostituite, i migranti più indifesi e meno tutelati. L’assicurazione successiva del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Interno sulla diversa natura, anche se non ancora precisata, dei CIE – ha aggiunto il presule – l’articolata posizione espressa dai sindaci italiani, la decisa richiesta del Capo della Polizia, uniti, però, al dubbio che tali Centri risultino necessari realisticamente nel caso di chi irregolare ha commesso un reato, per il quale dal carcere stesso o attraverso misure cautelari, seppur eccezionali, previste dalla legge, potrebbe venire poi direttamente espulso, mi fanno dire in questo momento un “no condizionato”».

Mons. Galantino ha letto il suo discorso spiegando di non voler parlare a braccio per «non correre il rischio – l’ho già fatto troppo volte – di essere frainteso e strumentalizzato» su una questione «complessa e delicata» come quella dell’immigrazione e lamentandosi, in particolare, per alcuni «titoli canaglia» comparsi in articoli tratti da sue dichiarazioni. Il segretario della Cei ha poi rilevato una crescente correttezza informativa di mass media che, a suo avviso, evitano sempre più spesso «equazioni tra migrazione e criminalità, migrazione e terrorismo, terrorismo e islamismo».

Alla conferenza stampa, moderata dal portavoce della Cei, mons. Ivan Maffeis, il presidente della fondazione Migrantes, mons. Guerino Di Tora, ha ricordato che per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato di quest’anno il Papa ha dedicato il suo tradizionale messaggio al tema «Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce». Il direttore generale della Migrantes, mons. Perego, ha fornito un quadro statistico dei giovani immigrati traendolo dall’ultimo rapporto Caritas-Migrantes. Sono 1.085.274 i minori immigrati presenti in Italia al 1 gennaio 2016 (pari al 21,6% del totale degli stranieri). 104.056 sono nati in Italia nel 2014 da almeno un genitore straniero e 75.067 (38.664 maschi e 36.403 femmine) da entrambi i genitori stranieri, con un calo a 72.000 nel 2015. I minori ricongiunti con una famiglia che gode di permesso di soggiorno di lungo periodo sono il 28,8% a fronte del 17,7% del gruppo di soggiornanti con un permesso a scadenza. Nel 2016 , anno del maggior arrivo di migranti sulle nostre coste italiane (181.436 al 31 dicembre), il numero dei minori non accompagnati sbarcati è più che raddoppiato rispetto al 2015: siamo passati da 12.360 a 25772, di 80 nazionalità diverse. I minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo nel 2015 sono stati 3.959 (il 4,7%) su un totale di 83.970 richiedenti protezione internazionale. Dal 2006 al 2016, ha poi notato Perego, i minori iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero sono passati da 478.363 unità a 724.897 (+51,5% dal 2006 al 2016). La Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2017 quest’anno sarà celebrata in Lombardia, nel centenario della morte della santa Francesca Saverio Cabrini (1917-2017), proclamata da Pio XII nel 1950 «patrona degli emigranti».

Quanto agli accordi che il Governo italiano sta siglando con alcuni paesi maghrebini, mons. Galantino, in risposta ad una domanda dei giornalisti, ha detto che si tratta di un «fatto positivo» e spiegando che, più in generale, è «positivo che le nazioni a quo e le nazioni ad quem», ossia quelle di origine e quelle di destinazione dei flussi migratori, «parlino e si confrontino». Da parte sua la Cei, ha detto ancora il presule, intende promuovere incontri tra vescovi italiani e vescovi dei paesi di origine degli immigrati.