i vescovi cileni chiedono perdono per gli scandali di pedofilia commessa e nascosta

 

presidente dei vescovi cileni

 

 mons Santiago Silva, presidente dell’episcopato cileno, ha pubblicato una nota. Ecco gli stralci più importanti:

1 – Siamo tornati in Cile dopo quattro fruttuosi incontri con Papa Francesco. Se qualcosa si è chiarito in noi, frutto di conversazioni sincere, è che la vita dei vescovi e dei sacerdoti non sempre scorre attraverso i sentieri del Vangelo. Ci allontaniamo da questi sentieri a causa dei nostri errori e, cosa più grave ancora, anche per via di reati come l’abuso su minorenni.
2 – Ancora una volta chiediamo perdono, pregando insistentemente che i crimini vengano denunciati ai tribunali. La Chiesa non è un luogo per delinquere! A noi, al tempo stesso, ci è rimasto chiaro che sono molte le vite di credenti che danno testimonianza del Vangelo e per loro Cristo è il seme della nuova umanità.
3 – Indubbiamente saranno i valori evangelici ed ecclesiali quelli che ci permetteranno il desiderato e urgente rinnovamento. Ma dobbiamo mettere Cristo al centro e a partire da Lui il servizio generoso alle persone, in particolare ai più vulnerabili e ai poveri.
4 – In questo momento, il più importante dei valori è la riparazione alle vittime nella giustizia e nella misericordia. Confesso che tutti i vescovi viviamo con il Papa il forte impatto del danno causato alle vittime, cosa non facile da sanare.
5 – Quando parliamo di “vergogna”, lo facciamo con sincerità, perché la Chiesa non è stata costituita da Gesù per generare danni e per di più danni di tale portata. Capisco che molti non diano credito al perdono che chiediamo e al dolore che esprimiamo. Non recupereremo la fiducia da un giorno all’altro. Dobbiamo dimostrarlo con azioni riparatrici concrete.
6 – Per noi è imprescindibile conoscere a fondo ciò che nel rapporto del vescovo Scicluna fa riferimento a documenti smarriti, alla superficiale qualifica delle accuse, al ritardo nelle indagini, e cioè, tutti gli errori commessi in materia di abusi. Con l’incarnazione di Gesù sappiamo “che solo ciò che è stato assunto è redento”. Ma per assumere, devi conoscere la realtà e accettarla con umiltà.
7 – La speranza ci aiuterà a non ruminare la desolazione, ma a generare uno sforzo continuo per rendere tutto nuovo. Assumere la realtà con speranza ci permetterà di fare i pastori a partire dalle nostre debolezze e povertà, non a partire dal potere e dall’elitarismo. In questo modo possiamo costruire legami che animati dal Vangelo costruiscono una nuova cultura dell’essere Chiesa.
8 – A che servono le buone intenzioni se tutto rimane uguale? In virtù del valore della conversione personale e pastorale, centrale nella predicazione di Gesù, spetta a tutti noi, in particolare ai vescovi, incoraggiare un intenso e vasto progetto di rinnovamento ecclesiale. E dobbiamo iniziare con il dialogo.
9 – La Chiesa non è costruita da gruppi di élite, perché è “il popolo di Dio santo, fedele e sofferente” nell’espressione del Papa. L’intero popolo di Dio quindi ha qualcosa da dire sugli abusi dei minori, sul potere e sulla coscienza, e sulla missione alla quale lo Spirito ci chiama come Chiesa in questa cultura postmoderna.
10 – È tempo di generare un dialogo dove nessuno si sente escluso. Tutti abbiamo bisogno l’uno dell’altro in questa “nuova Pentecoste” che speriamo di vivere. E spero che questo dialogo non sia solo intra-ecclesiale e, naturalmente, che non rimanga solo nelle buone intenzioni, ma che in realtà generi un processo di rinnovamento, cercando l’impegno di tutti. Solo come popolo di Dio che ascoltiamo insieme possiamo discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa.
11 – Affinché questo rinnovamento ecclesiale diventi una realtà, abbiamo posto le nostre cariche pastorali nelle mani del Papa con totale disponibilità. Non si tratta di fuggire, ma di collaborare.