che pena l’uomo-zerbino!

così sia

«Non idolatrate i potenti, non strisciate davanti a loro in atteggiamento di servaggio, non è dignitoso questo; è meglio sopportare la fame piuttosto che abbassarsi a lucidare le scarpe alla gente»

don Tonino Bello

 

«Sui potenti sovrasta un’indagine rigorosa

Sapienza 6,8

Con la dignità tipica del ragionier Fantozzi esaltano i potenti e disprezzano i subalterni, quelli, cioè, che si trovano poco sotto di loro nella piramide dell’oppressione.

Il Sistema prima ridicolizza e umilia, sottomettendo ai suoi capricci, poi fornisce il modello vincente su cui proiettare le proprie frustrazioni per dissimularle.

L’oppressione si regge sulla violenza psicologica supinamente accettata e presuppone la massiccia presenza di inetti dal punto di vista etico e pavidi dal punto di vista esistenziale.

Tra il solidale e l’arrampicatore, l’uomo-zerbino sceglie ed imita l’arrampicatore. Tra il giusto e il manipolatore, l’uomo-zerbino sceglie ed imita il manipolatore.

L’uomo-zerbino, infatti, ammira il successo in sé, guardando al fine e non ai mezzi. Archiviano, con facilità, la morte fisica dei lavoratori uccisi dalla scarsa sicurezza e dalla precarietà. E si abituano alla loro quotidiana agonia spirituale causata dalla ripetitività dei gesti. Ripuliscono in fretta i profitti dei padroni dal sangue degli operai e i privilegi delle élite dal sangue dei poveri e chiudono le orecchie ai loro lamenti. La morte, invece, dell’uomo di successo li lascia sgomenti. Quella sì, sembra ingiusta. Era così bravo e buono, al TG ne parlano con tanta enfasi e commozione. Tocca morire pure ai potenti, come uomini qualsiasi. Incredibile!
Solo Uno (che noi di solito chiamiamo Dio) sembra uscire dal coro. Pare, infatti, che rifocilli l’oppresso e faccia attendere il potente.
Che consoli l’oppresso e interroghi il potente.

E questa è la nostra speranza.

Così sia