digiuno ipocrita: armi italiane ad Assad, e tante!

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L’Italia ha venduto armi ad Assad

Mentre i ministri digiunano e si lavora per una “soluzione politica” in Siria, il nostro Paese si attesta come il primo fornitore europeo per le spese belliche del regime nell’ultimo decennio

armi italiane

Il governo italiano lavora per una “soluzione politica” alla crisi in Siria, con tanto di ministri pronti a seguire l’esempio di Papa Francesco, aderendo allo sciopero della fame. Compreso il ministro della Difesa Mario Mauro, lo stesso che in Parlamento si batteva per difendere l’acquisto dei cacciabombardieri F35. Non proprio degli strumenti di pace. Eppure i numeri relativi alle armi e alle esportazioni – disponibili anche sul portale ufficiale dell’Unione Europea, ndr – mostrano l’atteggiamento ipocrita del nostro Paese. Nell’ultimo decennio, Roma è stato il primo fornitore europeo per le spese belliche del regime di Assad. In particolare, come spiega la Stampa, sono stati modernizzati i tank del raiss. Dal 2001 la Siria – come sottolinea anche Wired – ha potenziato il proprio arsenale militare, comprando in licenza armi in Europa per 27 milioni e 700mila euro. Ben 17 arrivano proprio dal nostro Paese.

L’ITALIA E LE ARMI IN SIRIA 

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Se il maggior partner resta comunque la Russia, che ha venduto a Damasco carri armati, missili e aerei da caccia (78% delle armi per l’esercito di Assad) – come ricorda Grignetti sul quotidiano torinese – l’Italia non è comunque rimasta a guardare. Basta ricordare la maxi commessa da 400 miliardi di lire (ben 206 milioni di euro), la maggiore italiana di tutti gli anni ’90, poi proseguita fino al 2009, con direzione Damasco. Assad è stato rifornito con 500 sistemi di puntamento Turms, allora prodotti dalle Officine Galileo (oggi Selex Ed, del gruppo Finmeccanica, ndr). Dispositivi necessari per ammodernare i carri armati T72 di fabbricazione sovietica: gli stessi utilizzati adesso dai lealisti contro civili e ribelli. In pratica, un atteggiamento quantomeno ipocrita, di fronte agli afflati pacifisti degli ultimi tempi. Certo, quando l’Italia stipulò patti per vendere armi in Siria, era ancora il 1998, con il giovane Assad considerato dagli Stati Uniti come il politico che avrebbe riportato il proprio Paese tra i “paesi democratici” ed alleati. E l’Italia approfittò di questa situazione, riuscendo a stringere accordi economici non certo irrilevanti. Basta confrontare la commessa già citata da 400 miliardi con le armi acquistate da Francia (che si fermò a 241 miliardi) e Stati Uniti (poco più di 150). Nel 1998 la quota rilevante delle esportazioni di armamenti italiani si concentrò principalmente verso un solo paese: la Siria di Assad.

QUELLE ARMI VENDUTE AD ASSAD 

Ma a cosa serve il Turms montato sui carri T72? Grignetti ricorda come il sistema permetta all’esercito siriano di sparare in movimento e colpire anche di notte. Ovviamente, sarebbe complicato chiudere una commessa da 500 dispositivi in un’unica tranche: per questo i sistemi furono consegnati nell’arco di tempi più lunghi e consegnati negli anni, fino agli anni più recenti. Tanto da far diventare l’Italia, anche negli anni Duemila, come il maggior fornitore europeo di armi per il paese siriano. Va poi ricordato come le statistiche ufficiali raccontino soltanto il quadro dei contratti registrati. Non sono compresi né il mercato grigio, né quello in nero. Nonostante l’embargo deciso dall’Unione Europea e tutti neghino – ufficialmente – di rifornire i ribelli siriani che combattono Assad, nel Paese martoriato ormai da due anni dalla guerra civile le armi non sembrano essere mai mancate. I sospetti si concentrano soprattutto verso un l’aumento dell’export di armi leggere (pistole, fucili e bombe a mano) verso la Turchia, un Paese che rifornirebbe poi gli stessi ribelli.

Resta soltanto un’ipotesi, ma Wired crede che, considerata la vasta mole dei 500 sistemi Turms, forse troppi anche per l’esercito siriano, parte di queste armi siano finite segretamente tra le mani di Saddam Hussein.

ITALIA A DUE VOLTI 

Se oggi i ministri digiunano, l’Italia faceva al contrario importanti affari, garantendosi introiti importanti fino a poco tempo fa. E in pochi avevano obiettato o ricordato le armi italiane vendute ad Assad. Tutto mentre in Siria da due anni divampa una guerra che ha già fatto migliaia di vittime, con o senza utilizzo di armi chimiche. Secondo i dati forniti da Unimondo.org, che riprende le cifre ufficiali dell’Alto Commissario dell’Onu, 93mila sono già stati i morti, ai quali si aggiungono due milioni di rifugiati nei paesi limitrofi A. Sofia)




i rom di Denizli e la corsa delle pecore

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Turchia: nella provincia di Denizli, ha avuto luogo il tradizionale attraversamento del fiume nel villaggio di Asagiseyit. Qui i nomadi superano il corso d’acqua in compagnia delle loro greggi, in uno spettacolo di colori che rendono il corso d’acqua un variopinto arcobaleno.




duon compleanno a google

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Il 4 settembre 1998 nasceva Google con un finanziamento di 100mila dollari, Larry Page e Sergey Brin depositarono i documenti per la fondazione della società con sede in un garage della Silicon Valley, in California. All’epoca si puntò solo sul motore di ricerca, gratuito e nettamente il migliore in circolazione. Oggi la società ha più di 40.000 dipendenti e 40 sedi in tutto il mondo. Il suo quartier generale, invece, è a Mountain View, a pochi chilometri da quel garage affittato 15 anni fa.Il 19 agosto 2004 Google debuttava a Wall Street con un prezzo di collocamento di 85 dollari per azione. Da allora il valore del titolo è più che decuplicato.




papa Trancesco e la teologia della liberazione

 

 

 

Gutierrez

L’ultima svolta di  papa Francesco

La Chiesa sdogana la Teologia della liberazione

di Andrea Tronielli

Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la Tdl ottiene piena cittadinanza nella Chiesa. Lo “sdoganamento” si inserisce nel nuovo clima portato dall’elezione del primo Papa latinoamericano e dalla ripresa del processo di beatificazione del vescovo martire Oscar Romero. L’ulteriore prova è l’ampio spazio che l’Osservatore Romano dà oggi agli scritti del teologo peruviano padre Gustavo Gutierrez, il domenicano considerato fondatore della Teologia della Liberazione.
In realtà il processo nasce già nell’ultimo scorcio del pontificato di Benedetto XVI: è stato infatti Ratzinger a volere come suo secondo successore alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio, l’arcivescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller. Un prelato da lui ben conosciuto, che per lunghi anni ha trascorso le vacanze andando a lavorare con i campesinos latinoamericani e ha intrattenuto un approfondito dialogo con il più importante e autorevole teologo della liberazione, il domenicano peruviano Gustavo Gutierrez. Entrambi hanno firmato nel 2004 un volume pubblicato in Germania. Ma allora Müller era soltanto un vescovo tedesco, non il «custode» dell’ortodossia cattolica. Il fatto che quel volume sia ora pubblicato in Italia, (Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della chiesa; coedizione Edizioni Messaggero Padova – Editrice Missionaria Italiana, pp. 192, euro 15, in libreria dal 9 settembre) e venga presentato domenica prossima dai due autori al Festivaletteratura di Mantova, sta a significare che il Prefetto Müller, oggi a capo di quella Congregazione che condannò negli anni Ottanta alcuni eccessi della Teologia della Liberazione, considera quei suoi contributi ancora pienamente validi e attuali.
Non si tratta dunque di un incidente di percorso, ma di un’uscita pensata a ben soppesata, destinata a chiudere, almeno nelle intenzioni, il capitolo delle guerre teologiche del passato. Le opere di Gutierrez, con Ratzinger Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, furono sottoposte ad esami per lungo tempo, senza mai venire censurate o condannate.
In realtà la Santa Sede ha condannato soltanto la TdL che usa l’analisi marxista, non l’intera Teologia della Liberazione. E in uno dei saggi pubblicati nel libro proprio Müller descrive i fattori politici e geo-politici che hanno finito per condizionare, lungo gli anni, certe accuse contro la Tdl, in un epoca in cui un certo capitalismo si sentiva «definitivamente vittorioso». Per non parlare del documento segreto, ugualmente citato dal successore di Ratzinger nel libro, e preparato per il presidente Ronald Reagan dal «Comitato di Santa Fé» nell’anno 1980, cioè in anticipo di quattro anni rispetto alla prima della prima Istruzione vaticana sulla Tdl. Vi si sollecitava il governo americano a procedere in maniera aggressiva contro la «Teologia della liberazione», rea di aver trasformato la Chiesa cattolica in «arma politica contro la proprietà privata e il sistema della produzione capitalista».
Con il Papa venuto «dalla fine del mondo», che non è stato mai indulgente con le ideologie né con l’approccio intellettuale di certa teologia filomarxista, ma che da arcivescovo era abituato a visitare da solo senza scorta le «favelas» di Buenos Aires e ora parla di una «Chiesa povera e per i poveri», la riconciliazione tra Vaticano e Teologia della Liberazione si compie.
Con il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio che in un libro mette la sua firma accanto a quella di padre Gutierrez. Per far capire a tutti che nella Chiesa parlare dei poveri non significa fare pauperismo e denunciare l’ingiustizia patita dai deboli non significa essere marxisti, ma soltanto e più semplicemente, cristiani.




‘rottamati’

carro

un godibile articolo di A. Caporale sull’odierno ‘Il fatto quotidiano’ a proposito dei ‘rottamati’ che corrono per salire sul carro del ‘vincitore’:

Pier Luigi Spompo no, ma Nico Stumpo? Chi potrà negare anche a un fedelissimo dell’ex capo Bersani – appena ritargato da Renzi come signor Spompo (da spompato, consumato, diesilizzato, dunque finito), come Nicola il calabrese, pancia dell’apparato del Pd, calcolatrice vivente di Pierluigi, una improvvisa ma legittima crisi di coscienza? Se persino la F di Fioroni si rial-loca e si riadegua, con la V di Veltroni già stabile e posizionata a fianco di Matteo, e la D di D’Alema, dopo un periodo interrogativo (“Volevo conoscere che libri leggesse, quale fosse il suo pensiero. Non l’ho capito”), sembra essersi adagiata nei pressi del sindaco, sta per concludersi la più riuscita operazione di salita sul carro. Con le migliori o peggiori intenzioni, la fila indiana s’ingrossa e il carro già è diventato treno. Tempo qualche settimana che sarà bastimento e per Renzi il Sol dell’avvenire s’alzerà dietro casa senza un filo di nebbia o una nuvola a fargli ombra.

NON SARÒ Brontolo e non voglio il partito dei sette nani”, assicura lui. Si dimenerà, proverà a ri-rottamare, fuggirà dall’abbraccio mortale che i dirigenti, d’ogni specie e colore, sentono di offrirgli. Sarà fatica indicibile, operazione complessa, fattore di rischio. Perché è davvero tanto l’entusiasmo e largo il consenso, che la dirigenza del Pd – connessa al cuore della base – ha deciso di elargigli ogni solidarietà. Vecchi e nuovi amici. Nuovi e nuovissimi. Stamane Matteo bicicletterà ai Fori Imperiali con una vecchia conoscenza: Ignazio Marino. Sono tante le città di Matteo, ma Roma è la capitale e, nel-l’alfabeto del potere del Pd, con la M di Marino siamo ai vertici. Lasciamo pure da parte la F di Franceschini, perché non si è capito bene se sta con lui per davvero o per finta, se è andato a dichiarargli l’amore su mandato di Enrico Letta, se insomma è tutta una fregatura o è cotta sincera, esplosiva. Resta l’intesa profonda con la F di Fassino, presidente dell’Anci, dunque suo successore e collega sindaco di Torino e anche predecessore alla guida del partito. Non c’è possibilità di fuga, l’abbraccio è totale, finale, finanche compulsivo. Renzi ha fatto il pieno alle feste dell’Unità dell’Emilia, tra le cucine, i tortellini e ogni tipo di militante: l’anziano, lo studente, la professoressa, l’antico e il moderno. E pensare che l’anno scorso si erano quasi dimenticati di invitarlo. Il tempo passa e porta consiglio: con i display giganti di Bologna, Reggio Emilia, Genova tutti hanno capito che il vento è cambiato.

RESTA LA B di Bersani fuori dal campo, ma – come le C di Cuperlo e di Civati – sembrano lettere inutili. A parte che, solo volesse, Matteo potrebbe esporre, a suo favore, la B di Bianco (Enzo) dominus di Catania, antico repubblicano, moderato, equilibrato, saggio. Non c’è partita e da qualunque posto in tribuna la si guardi, il risultato con cambia. Per uno Zoggia, deputato semplice, che parla contro, Matteo, anche se siamo alla fine dell’alfabeto e potrebbe pure sorvolare, ha due zeta a suo favore. Secondo voi Zanda (Luigi), capogruppo al Senato, chi voterà? E un altro rilevantissimo supporter, il signor Zambuto, sindaco di Agrigento, ha già scelto. Bisogna ascoltare anche le voci della periferia, le anime del territorio. Questo Zambuto ha radar di elevata capacità selettiva: stava col Pdl, poi ha capito e ha fatto un salto nell’Udc. Non si è fermato, non si è acquietato. Dall’Udc ha spiccato il volo verso il Pd. Da lì a Renzi il passo è stato semplice, da finale atteso. Congratulazioni. Come nelle squadre di calcio, il problema della rosa però, quando è troppo ampia, è sfoltirla. É sempre un’operazione delicata, è chirurgia selettiva, ha bisogno di mano ferma e larga esperienza di mercato. Come general manager della sinistra italiana Renzi promette bene: sfoltirà e tanto. Perchè alla fine di questa torntata di comizi elettorali troverà la sua corrente (“Una super-corrente”, secondo Bersani) gonfiata come la pancia di una rana.

SAREMO alle liste d’attesa, all’over booking, con un plotone di amici-nemici. Sul tavolo fritture miste, quei piatti pieni di spine. Cosa mangiare e cosa scartare? In effetti ai suoi fedelissimi la fifa è comparsa: vuoi vedere che? Paolo Gentiloni è super prudente perché ha capito che la questione dal cuore scivola lentamente verso il portafoglio. E se persino la Alessandra Moretti (alla M c’è davvero una fila paurosa), ex valletta televisiva bersaniana, sembra oramai decisa a completare l’autocritica, non c’è più ragione o rottamazione che tenga. Gli applausi non finiscono più. I guai sono appena iniziati.

Da Il Fatto Quotidiano del 04/09/2013.




‘normali’ o ‘supervisori’ dell’ordine mondiale?

due

gli Stati Uniti accetteranno mai di essere una nazione ‘normale’ che non viva il suo rapporto col mondo, come una specie di ‘supervisione’ continua che la autorizza ad usare le armi ogniqualvolta ha la sensazione che il proprio ordine sia stato turbato?

su questo, una graffiante puntualizzazione di M. Serra su l’ ‘amaca’ odierna:

 

Molti, nel mondo, avevano sperato che con Obama gli Stati Uniti accettassero di essere una Nazione “normale”, potente ma normale, autorevole ma normale; ovvero una Nazione tra altre Nazioni, in grado di guardare agli altri popoli percependone varietà e complicazione, e persino considerando l’esistenza dell’Onu non come un fastidio burocratico, ma come un’occasione politica, un luogo nel quale confrontarsi e dal quale ricevere (o non ricevere) mandati un poco più collegiali di quanto viene deciso dalla sola Casa Bianca o dal Congresso americano. E lo storico discorso di Obama al Cairo nel 2009 («la democrazia non si può imporre») aveva confermato questa speranza.
Ma evidentemente avevamo capito male. Chiunque governi gli Stati Uniti si sente investito, prima o poi, di una sorta di supervisione planetaria, che lo autorizza a intervenire con le armi (con l’inglesino di turno al seguito) per ristabilire ordine o punire crimini (come in Siria). I risultati sono in genere catastrofici sotto il profilo politico e anche sotto quello umanitario, vedi l’Iraq dopo Saddam, terra di sangue e di caos. Ma deve scattare qualcosa di pavloviano, e di irresistibilmente
megalomane, quando ci si siede su quella poltrona.

Da La Repubblica del 04/09/2013.




domanda di grazia?

 

berlusconi

la situazione paradossale e da empasse in cui l’Italia si trova, ricattata in tutte le maniere da vent’anni per gli interessi di uno solo ben descritte dalla fine ed elegante ironia di Massimo Gramellini :

E così vorreste condannarlo ai domiciliari. Costringerlo a trascorrere un anno sul divano della trisnonna, intrappolato fra pareti color salmone, al lume fioco di una lampada a forma di fungo atomico, tra le braccia di una giovane donna che lo soffoca con promesse di amore eterno, quando lui chiede soltanto libertà.

Fanatici senza cuore, ma non vi tormenta il destino di quest’essere incolpevole che una serie inaudita di coincidenze ha trascinato negli abissi domestici documentati dalla foto? Abbiate il coraggio di guardarlo, tremate davanti al suo smarrimento, date sfogo all’imbarazzo e al rimorso che vi suscita il suo atteggiamento di resa. Dove sono l’antica fierezza, la passione per gli ambienti promiscui e la spregiudicatezza che gli consentiva di oltrepassare ogni porta socchiusa, infischiandosene di regole e divieti?

Neanche un mostro merita di finire così. E lui non è un mostro. Chiunque abbia lo sguardo puro di un Bondi lo troverà bellissimo. È solo troppo orgoglioso per chiedere la grazia. E allora la chiediamo noi: libertà per il cagnolino Dudù.

Da La Stampa del 04/09/2013.




l’Osservatore Romano ‘sdogana’ la teologia della liberazione

 

Gutierrez Gustavo Gutierrez

papa Francesco impone una svolta anche all’Osservatore Romano:

L’Osservatore Romano “sdogana”  addirittura la Teologia della liberazione

«Con un Papa latinoamericano, la teologia della liberazione non poteva rimanere a lungo nel cono d’ombra nel quale è stata relegata da alcuni anni, almeno in Europa».

Le parole di padre Ugo Sartorio sottolineano l’iniziativa dell’Osservatore Rimane da dare ampio spazio, nell’edizione di domani, a scritti del teologo peruviano padre Gustavo Gutierrez, domenicano, considerato il fondatore della teologia della liberazione.

Il quotidiano della Santa Sede, che «sdogana» così una corrente teologica a lungo emarginata per i casi di commistione con l’ideologia marxista, pubblica stralci del libro di Gutierrez «Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa» (Editrice Missionaria Italiana), dedicati ai poveri come «preferiti di Dio» e contro il «neoliberismo economico» e la «disumanizzazione dell’economia».

«I contributi di Gustavo Gutierrez hanno reso evidente a noi che siamo qui in Europa una cosa – sottolinea mons. Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede ed estimatore del teologo peruviano -, questa: l’ingiustizia nel mondo è un fattore che permane e che può essere superato solo con la disponibilità di tutti gli uomini a dirigere lo sguardo verso Cristo».




le censure delcard. Cipriani

 

da Adista:

PERÙ: IL CARD. CIPRIANI CENSURA LA TEOLOGA FORCADES. MA CI RIESCE SOLO A METÀ

L’instancabile card. Juan Luis Cipriani, arcivescovo opusdeista di Lima e presidente della Conferenza episcopale del Perù, ha colpito ancora. Stavolta nel suo mirino è finita suor Teresa Forcades, monaca benedettina catalana, laureata in Medicina e in Teologia fondamentale, saggista nel campo della medicina sociale, della teologia trinitaria e di quella femminista: insomma senz’altro la persona giusta per un ciclo di conferenze sul tema della Trinità, come quello organizzato dalla Conferencia de Superiores Mayores Religiosos del Perú (Confer) presso la propria sede, a Lima, dal 12 al 14 agosto scorsi.

Non dello stesso avviso evidentemente il card. Cipriani che, in una lettera del 9 agosto indirizzata alla presidente della Confer, suor Lidia Aguilar (diffusa il 12 agosto da Infocatolica.com), ha negato a suor Forcades l’autorizzazione a partecipare a questo seminario. «Mi rivolgo a lei – scrive l’arcivescovo di Lima – per informarla che alcuni fedeli mi hanno espresso preoccupazione per l’annuncio da parte della Confer della presenza nella giurisdizione ecclesiastica di Lima di suor Teresa Forcades, le cui esternazioni mediatiche manifestano una seria contraddizione con l’insegnamento della Chiesa su temi fondamentali come per esempio quello della morale» (Cipriani non scende nel dettaglio, ma suor Forcades è nota per aver espresso posizioni piuttosto aperte in materia di aborto e matrimonio omosessuale, v. Adista Notizie n. 69/11). «Le ricordo – prosegue il cardinale nella sua missiva – che secondo i canoni 381, 391, 756 e 678 del Codice di Diritto Canonico è potestà del vescovo diocesano vegliare sulla retta dottrina nella propria giurisdizione, motivo per cui non autorizzo suor Forcades a partecipare a queste conferenze».

L’intervento del card. Cipriani ha centrato parzialmente l’obiettivo: l’evento, seppure non nei locali della Confer, come inizialmente previsto, ha infatti avuto luogo, ospitato dal Concilio Nacional Evangélico del Perú (Conep).

Per le sue prese di posizione, suor Forcades è già incorsa in altre reprimende. Nel 2009, a seguito di un’intervista alla TV3 durante la quale aveva espresso la propria opinione in merito al diritto all’autodeterminazione delle donne, il card. Franc Rodé, allora prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e per le Società di Vita apostolica, inviò una lettera alla sua badessa in cui si esigeva che suor Forcades manifestasse pubblicamente la sua adesione alla dottrina cattolica. Suor Forcades accolse la richiesta, ma precisando le sue idee in materia e sottolineando che il rispetto della funzione magisteriale della Chiesa non «esclude la manifestazione pubblica di ipotesi ragionevoli che possano far avanzare il magistero ecclesiale secondo la volontà di Dio»: «Nessun cattolico, che sia o meno teologo – scriveva suor Forcades – deve avere timore di esprimere pubblicamente dubbi ragionevoli in relazione a un punto dottrinale, con la serenità e la libertà propria dei figli di Dio». (ingrid colanicchia)




l’angelus della pace

il papa

Piazza San Pietro

Domenica, 1° settembre 2013

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno!

Quest’oggi, cari fratelli e sorelle, vorrei farmi interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace! E’ il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato.

Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra, ma, in questi giorni, il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano.

Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall’intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo: quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!

Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione. Con altrettanta forza esorto anche la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.

Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini. Agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto.

Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore (cfr Lett. enc.Pacem in terris [11 aprile 1963]: AAS 55 [1963], 301-302).

Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! E’ un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa Cattolica, ma che estendo a tutti i cristiani di altre Confessioni, agli uomini e donne di ogni Religione e anche a quei fratelli e sorelle che non credono: la pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità.

Ripeto a voce alta: non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa: la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo; questa è l’unica strada per la pace.

Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace.

Per questo, fratelli e sorelle, ho deciso di indire per tutta la Chiesa, il 7 settembre prossimo, vigilia della ricorrenza della Natività di Maria, Regina della Pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero, e anche invito ad unirsi a questa iniziativa, nel modo che riterranno più opportuno, i fratelli cristiani non cattolici, gli appartenenti alle altre Religioni e gli uomini di buona volontà.

Il 7 settembre in Piazza San Pietro – qui – dalle ore 19.00 alle ore 24.00, ci riuniremo in preghiera e in spirito di penitenza per invocare da Dio questo grande dono per l’amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di conflitto e di violenza nel mondo. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace! Chiedo a tutte le Chiese particolari che, oltre a vivere questo giorno di digiuno, organizzino qualche atto liturgico secondo questa intenzione.

A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra, con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Lei è madre: che Lei ci aiuti a trovare la pace; tutti noi siamo i suoi figli! Aiutaci, Maria, a superare questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno e in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace.