a un anno dall’elezione, un nuovo quadro ecclesiale

abbracio papale

 

mi piace mutuare da M. Politi, vaticanista de ‘il Fattoquotidiano’, un bilancio del primo anno di pontificato di papa Francesco: con molta competenza delinea le  coordinate di una nuova comprensione ecclesiale più evangelica e aperta al mondo secondo le linee indicative del concilio vaticano secondo da troppi anni messo da parte:

Una chiesa più comunitaria, dialogante e femminile

di Marco Politi

in “il Fatto Quotidiano” del 9 marzo 2014

Un anno dopo la sua elezione papa Francesco continua a godere di un consenso altissimo, mentre una torma di avversari silenziosi si muove nell’ombra dietro le quinte. Jorge Mario Bergoglio ha rotto gli equilibri nella Chiesa cattolica. Avesse semplicemente tagliato qualche ufficio della curia e riportato un po’ di efficienza e correttezza nella banca vaticana – come gli chiedeva la base elettorale in conclave – non avrebbe dato fastidio al nucleo conservatore, che si annida negli apparati vaticani e in molte strutture ecclesiastiche sparse per il mondo. Avesse organizzato solo meglio le riunioni dei concistori per dare modo ai cardinali dei cinque continenti di esprimersi puntualmente su alcuni problemi di interesse generale, riprendendo contemporaneamente un contatto regolare con i capi dicastero della curia per fare funzionare meglio la macchina vaticana, tutti i zucchetti porpora e viola sarebbero stati tranquilli. Invece il papa argentino ha messo in moto una rivoluzione. Sta rimodellando la Chiesa cattolica, spogliandola della mitologia e delle pratiche di un papato imperiale in cui il pontefice è sovrano assoluto e vescovi, preti, suore e fedeli sono semplicemente sudditi. Non è questo ciò che indicava il concilio Vaticano II, ma nei fatti nell’ultimo mezzo secolo nessuno aveva messo mano per smontare la struttura assolutista ereditata dal concilio di Trento. L’insistenza, con cui in varie occasioni il papa cita elogiandolo il concetto di “sinodalità” della Chiesa ortodossa, significa che Francesco ha in mente un obiettivo preciso: una Chiesa cattolica più comunitaria in cui il governo centrale funziona con la partecipazione dei vescovi. In altre parole Bergoglio – senza nulla togliere al potere decisionale finale dei pontefici – ritiene essere sano per la Chiesa che il papa romano governi “con” i vescovi dell’orbe cattolico. Contemporaneamente papa Francesco sta reimpostando il rapporto tra Chiesa e società contemporanea. A partire dal dialogo con i non credenti, non più considerati come mutilati (a cui “manca” qualcosa) ma trattati come portatori di valori da rispettare senza ambiguità, perché in ultima analisi ciò che caratterizza ogni essere umano è la posizione che la sua coscienza prende di fronte al problema del bene e del male. Guardando la contemporaneità con occhio sgombro da ideologismi dottrinari, in un anno ha spazzato dal tavolo l’equivoco diktat dei “valori non negoziabili” – confessando di non capire che cosa il motto potesse, al fondo, significare – e ha reimpostato radicalmente secondo una visione pastorale tutta la tematica della relazionalità sessuale e affettiva: dal divorzio (è il primo papa che serenamente usa la parola “secondo matrimonio”), alla contraccezione, all’omosessualità, alle unioni civili, all’esistenza di nuclei di convivenza in cui i bambini si trovano insieme ad adulti dello stesso sesso. Di questo nuovo approccio fa parte la consapevolezza che la Chiesa cattolica non può andare avanti senza fare concretamente spazio alle donne. Francesco, sul piano programmatico, ha fatto un enorme balzo in avanti rispetto alle tradizionali belle parole sul “genio femminile”, che hanno avuto corso per decenni negli ambienti ecclesiastici. Ha detto che le donne nella Chiesa devono stare nei posti dove si “decide” e dove si “esercita autorità”. Sul piano pratico ha sostenuto una vigorosa opera di pulizia nella banca vaticana, ha messo in piedi  procedure per la cooperazione con altri stati (fra cui l’Italia) nel campo delle indagini finanziarie, ha creato un comitato per il contrasto al riciclaggio di denaro sporco e ha istituito un dicastero per controllare la politica degli appalti e degli acquisti in Vaticano: operazioni da sempre fonte di torbidi affari. Sul piano del governo la creazione del “consiglio della corona” di otto cardinali provenienti dai cinque continenti costituisce il rodaggio di un organismo consultivo permanente inedito in tempi moderni. Ma la cosa più interessante è la trasformazione del sinodo dei vescovi in un piccolo concilio, convocato a scadenze regolari, a cui il papa affida il compito di fare proposte pastorali precise. Non sarà lui – e non vuole esserlo – ad affacciarsi alla finestra dicendo, ad esempio, che i divorziati risposati potranno fare la comunione. La rivoluzione di Francesco consiste nel fatto di avere organizzato un sondaggio universale su ciò che pensano i fedeli (sabotato peraltro in moltissime diocesi) e di affidare ai sinodi del 2014 e l 2015 la responsabilità di sciogliere a viso aperto i nodi dell’ossessione di controllo della sessualità, in cui le gerarchie cattoliche si sono impigliate dopo secoli di una esasperata casistica. L’opposizione dei settori più tradizionalisti (o semplicemente “disorientati”) della Chiesa è attiva su ciascuno dei punti, che Francesco ha enucleato i questo anno. Etichette manichee non hanno senso. In curia esistono riformatori e frenatori. E così negli episcopati del mondo. C’è chi è contro la comunione ai divorziati risposati ed è favorevole all’indulgenza per i gay. Chi agita la bandiera delle marce contro l’aborto e chi vede come fumo negli occhi una presenza femminile nelle stanze dei bottoni vaticani. I conservatori temono specialmente la fine dell’assolutismo papale. Su Internet i falchi si sfogano nella maniera più aggressiva,  tacitamente sostenuti da quei prelati costretti ufficialmente all’ossequio verso il pontefice. L’enorme popolarità di Francesco, dentro e fuori la Chiesa – dovuta al fatto che non sembra parlare al “recinto” cattolico, ma all’umanità contemporanea – è lo scudo che ne protegge il cammino riformatore. Ma la battaglia diventerà sempre più aspra nel momento in cui saranno in agenda le specifiche innovazioni. La strategia del papa consiste precisamente nel voler portare alla luce dibattiti e conflitti in quel parlamento rappresentato dai “sinodi”. Così lo scontro sarà visibile a tutti come ai tempi di Giovanni XXIII e Paolo VI durante il concilio.

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Rivoluzione Bergoglio. Il nuovo vangelo di papa Francesco

 

di Marco Politi

in “il Fatto Quotidiano” del 9 marzo 2014

 

non temete la tenerezza

 

La tenerezza non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! Quando i cristiani si dimenticano della speranza e della tenerezza, diventano una Chiesa fredda, che non sa dove andare e si imbriglia nelle ideologie, negli atteggiamenti mondani. Ho paura quando i cristiani perdono la speranza e la capacità di abbracciare e accarezzare. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio, abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia.

 

toccare la carne dei poveri

 

Avvicinarsi alla carne della sofferenza significa aprire il cuore, non temere di avvicinarsi alla carne che ha fame e sete, alla carne malata e ferita, alla carne che “sta scontando la propria colpa”, alla carne che non ha di che vestirsi, alla carne che conosce l’amarezza corrosiva della solitudine nata dal disprezzo. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non possiamo dormire tranquilli mentre bambini muoiono di fame e anziani non hanno assistenza medica. Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, muore una persona, quella non è notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse, costituisce una tragedia. Così le persone vengono scartate. Fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione.  

peccatori sì corrotti no

 

Dove c’è l’inganno, non c’è lo Spirito di Dio. Questa è la differenza tra peccatore e corrotto. Quello che fa la doppia vita è un corrotto. La doppia vita di un cristiano fa tanto male. (E se dice) “Ma io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca e do alla Chiesa”. Ma con l’altra mano ruba: allo Stato, ai poveri. É un ingiusto. E questo merita, lo dice Gesù, non lo dico io, che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Un cristiano che si vanta di essere cristiano, ma non fa vita da cristiano, è un corrotto. Quello che pecca e invece vorrebbe non peccare, ma è debole e va dal Signore e chiede perdono, a questo il Signore vuole bene, lo accompagna, è con lui. Sappiamo quanto male fanno alla Chiesa i cristiani corrotti, i preti corrotti. E noi dobbiamo dire: peccatori sì, corrotti no.

 

l’ora dell’incontro con i non credenti

 

È venuto il tempo di un dialogo aperto e senza preconcetti (tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra), che riapra le porte per un serio e fecondo incontro. Questo dialogo non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente: ne è invece un’espressione intima e indispensabile. La fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti. La questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire.

 

le donne nella Chiesa lì dove si decide

 

La Chiesa è femminile. Il ruolo della donna nella Chiesa non deve finire solo come mamma, come lavoratrice, limitata … No! Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo che portano avanti. Questo si deve esplicitare meglio. Bisogna fare una profonda teologia della donna. È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Temo la soluzione del “machismo in gonnella”, perché in realtà la donna ha una struttura differente dall’uomo. Le donne stanno ponendo domande profonde che vanno affrontate. La Chiesa non può essere se stessa senza la donna e il suo ruolo. La donna per la Chiesa è imprescindibile. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa.

 

il Vaticano non deve essere una corte

 

Il cardinale (che) entra nella Chiesa di Roma, non entra in una corte. Evitiamo tutti abitudini e comportamenti di corte: intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro linguaggio sia quello del Vangelo: “Sì, sì. No, no”. Il vescovo (sia) un pastore che conosce per nome le sue pecore, le guida con vicinanza, con tenerezza, con pazienza, manifestando effettivamente la maternità della Chiesa e la misericordia di Dio. L’atteggiamento del vero pastore non è quello del principe o del mero funzionario attento principalmente alla disciplina, alle regole, ai meccanismi organizzativi. I dicasteri romani sono al servizio del Papa e dei vescovi. In alcuni casi, quando non sono bene intesi, corrono il rischio di diventare organismi di censura. I dicasteri romani sono mediatori, non intermediari o gestori.

 

un ospedale sul campo di battaglia

 

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite… e bisogna cominciare dal basso. La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. Sogno una Chiesa Madre e Pastora. I ministri della Chiesa devono essere misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro. Lo Spirito Santo ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ma (vogliamo) che non ci dia fastidio. Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca. Vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E questo non va.

 

chi sono io per giudicare un gay che cerca Dio?

 

Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società. Ricordo il caso di una bambina molto triste, che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: “La fidanzata di mia madre non mi vuol bene”. La percentuale di ragazzi, che hanno i genitori separati, è elevatissima. Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Una donna ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore? La tentazione di risolvere ogni problema con la casistica è un errore.

 

cari giovani, fate casino

 

Giovani, fate chiasso, fate casino, smuovete la Chiesa! Questa civiltà mondiale è andata oltre i limiti perché ha creato un tale culto del dio denaro, che siamo in presenza di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita che sono le promesse dei popoli. Esclusione degli anziani ed esclusione dei giovani. La percentuale che abbiamo di giovani senza lavoro, senza impiego, è molto alta e abbiamo una generazione che non ha esperienza della dignità guadagnata con il lavoro. Allora i giovani devono emergere, devono farsi valere, devono uscire per lottare per i valori. Per favore non lasciatevi rubare la speranza. Una cosa da non fare è di lasciarsi vincere dal pessimismo e dalla sfiducia. Un giovane senza speranza non è giovane, è invecchiato troppo presto. Se voi non avete speranza, pensate seriamente.

 

preti pastori non preti farfalla

 

Ai sacerdoti chiedo di essere pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge. C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa. Gente ferita dalle illusioni del mondo. Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. I preti “asettici” non aiutano la Chiesa, i preti da laboratorio, tutto pulito e tutto bello. Noi siamo unti dallo Spirito e quando un sacerdote si allontana da Gesù Cristo, invece di essere unto finisce per essere untuoso. Quanto male fanno alla Chiesa i preti untuosi! Quelli che mettono la loro forza nelle cose artificiali, nelle vanità, in un atteggiamento e in un linguaggio lezioso. Quante volte si sente dire con dolore: “Ma, questo è un prete-farfalla!”. É bello trovare preti, di cui la gente dice: “Ha un caratteraccio, ma è un prete”.