a proposito delle donne rom rinchiuse in una gabbia

operatori nella pastorale tra i rom e amici dei rom di fronte alla inumana violenza operata a due donne rom rinchiuse in un gabbiotto e apostrofate e umiliate con cinici sghignazzi moltiplicati viralmente on line

 

 

 

La vicende delle 2 donne Rom rinchiuse in una gabbia per la raccolta di cartone e di materiale buttato tra i rifiuti di un supermercato a Follonica, ha suscitato contrastanti reazioni, moltissime sui social media, meno sui quotidiani. Ammirevoli alcune prese di posizioni, come quella del sindaco della stessa Follonica che ha condannato senza alcuna riserva il gesto, le parole di un sacerdote intervistato (di Follonica?) che ha manifestato il suo sbigottimento per quel gesto, come pure l’immediata presa di posizione della direzione del Supermercato. Ma non si contano quanti hanno applaudito i sequestratori, andando ben oltre un semplice commento di irrisione. A distanza di pochi giorni la notizia è scomparsa, già rimossa.

Gli autori di questo gesto hanno anche voluto filmare la scena con le grida disperate delle due povere donne in trappola, mentre i dipendenti si divertivano e ridevano soddisfatti e hanno postato il filmato su Facebook come fosse un “trofeo di vittoria” , di disprezzo e intolleranza da immortalare e sventolare. Anche facendo le debite differenze , la spettacolarizzazione e l’esibizione delle sofferenze e dell’umiliazione di queste due donne rom, richiama l’esposizione e l’esecuzione pubblica dei loro ostaggi da parte di gruppi e movimenti che hanno fatto della disumanizzazione di chi non è come loro, uno strumento di minacciosa propaganda e violenze. Certo, i tre giovani dipendenti di Follonica non avevano l’intenzione di giustiziare nessuno, ma i commenti di approvazione del loro operato, apparsi sul Social, erano messaggi di incitamento esplicito alla violenza, ad usare il fuoco per eliminare i rom, e di esaltazione del razzismo. La barbarie sembra attraversare impunemente i nostri confini, non solo quelli geografici, fino ad annidarsi fin dentro i nostri cuori e menti. Fino a far ritenere la cosa, come normale, legittima.

C’è materia su cui riflettere molto..

La dignità di 2 povere donne è stata umiliata, calpestata, derisa… e non sono molti i movimenti e le associazione in difesa della donna che abbiano sentito il bisogno di fare sentire la loro voce, contro un maschilismo così becero, arrogante e xenofobo.
Anche lo scarto, la spazzatura di un Centro commerciale, hanno più importanza delle persone e della loro dignità, soprattutto se si tratta di due donne Rom. Gli scarti di un centro commerciale vanno tutelati, più degli “scarti umani” che la nostra società produce.

“Non potete servire Dio e la ricchezza.” (Mt. 6,24)

Domenica scorsa abbiamo ascoltato nel vangelo questa affermazione perentoria di Gesù. Per la comunità cristiana, servire Dio porta a sentirci custodi dei nostri fratelli e alla luce del Vangelo di Gesù, soprattutto dei più deboli, dei poveri, degli ultimi. Servire Dio nell’umanità. Fingere di servire Dio, porta facilmente un “credente” a sostituire la cura del fratello, con la custodia di altre “cose”. Invece di custodire i fratelli, rischiamo di fare spazio solo a cose, oggetti, proprietà. E i poveri, i migranti, i rom diventano, in questa prospettiva, dei concorrenti anche per la spazzatura, degli intralci al nostro benessere e dominio, al nostro stile di vita da salvaguardare, costi quello che costi, per cui si arriva a considerare normale le “trappole per i rom”.

Dio sempre include, abbraccia, rialza chi è caduto, libera i prigionieri, ascolta i deboli. Mammona (la ricchezza), invece esclude, divide, ingabbia, crea disparità e produce persone indifferenti e incapaci di ascoltare il grido di sofferenza e di disperazione che oggi, soprattutto è quello dei migranti, ingabbiati nei centri di accoglienza, a causa delle nostre paure e di un sistema che produce poveri e ne mortifica la speranza, abbandonandoli alla mercé degli interessi economici subdoli, a volte camuffati di servizio sociale.

È lo stesso grido di aiuto e disperazione di tanti Rom quando vengono sgomberati dalle loro povere baracche, abbattute senza pietà e vengono espulsi dalle città in nome degli idoli della sicurezza, del decoro dell’arredo urbano, dell’ordine disumano che vi regnano. Le stesse politiche sociali, nazionali e locali, che dovrebbero integrare i Rom, si rivelano, per lo più, come ulteriore gabbia non meno violente e progettate solo per controllare, opprimere ed escludere un mondo visto con gli occhi dell’intolleranza a della diffidenza.

Come rispondere a questa deriva di pregiudizi, di intolleranza, di negazione di chi appare diverso?

Non ci sono ricette precostituite, né soluzioni facili specie oggi che comportamenti come questi del supermercato di Follonica contro le due donne rom, sembrano trovare l’approvazione di tanti. Deve restare però come punto di partenza fermo, la scelta di campo: la scelta di stare dalla parte dei poveri, dei deboli, degli scartati, di quelli che per vivere, hanno persino bisogno di rovistare, rischiando aggressioni e violenze, tra la spazzatura di un supermercato.

Domani la comunità cristiana inizia il cammino quaresimale con l’imposizioni della cenere sulla nostra testa, ci auguriamo che sia una possibilità concreta per riconoscere le nostre colpe, anche del silenzio ecclesiale, che in questa vicenda ha mancato di far sentire la sua voce chiara, forte e autorevole. Che siano i poveri, gli scarti, “gli ingabbiati” a mettere sul nostro capo la cenere e pronunciare ai nostri cuori: “Convertitevi, e credete al Vangelo!”

28 Febbraio 2017

don Agostino Rota Martir – Pisa


Marcello Palagi e Franca Felici – Carrara

 

P. Luciano Meli – Lucca