perché il boom delle destre nazionaliste

non solo Trump o Israele:

la ‘finestra di Overton’ spiega anche il boom delle destre nazionaliste

politica, economia e cultura del Grande Mediterraneo

di Claudia De Martino

Il politologo statunitense Joseph P. Overton (1960-2003) ha coniato un modello, la “finestra di Overton”, che è diventato celebre negli anni ’90 per spiegare come fosse possibile rendere progressivamente accettabili idee che la società in una data epoca rigettava in blocco.

Interessato a spiegare al grande pubblico il ruolo svolto dai think-tanks nel forgiare nuove idee e concezioni del mondo, si soffermò sull’efficacia della persuasione politica, che riesce gradualmente a spostare interi segmenti di opinione pubblica da posizioni di fermo rigetto di determinati principi a atteggiamenti di cauta apertura fino all’accettazione totale di un nuovo modello e all’identificazione di quest’ultimo come paradigma interpretativo del mondo. Overton spiegò quindi che ogni società è in continua trasformazione e che non ha senso ritenere che idee percepite come maggioritarie nel passato (si pensi, ad esempio, alle concezioni collettivistiche o religiose in Europa), poiché hanno rappresentato dei valori etici e una bussola per intere generazioni, debbano continuare a guidare gli individui di un’epoca successiva.

Perché una nuova idea possa emergere occorre che si producano delle condizioni ad essa favorevoli, ovvero che le sia permesso quell’impercettibile passaggio dallo stadio di “impensabile” ad una prima forma di tolleranza e di circolazione nella società, che precede il suo radicamento nelle masse. Overton illustra un percorso contraddistinto da 8 tappe: l’avvio si snoda a partire dalla “impensabilità” iniziale, che viene sfidata da un pensatore/un politico solitario che la sdogana, per poi avanzare grazie alla sua “radicalità”, livello in cui un’idea disturba e viene percepita dai più come estrema ma comincia comunque a circolare, per lasciare il passo gradualmente alla sua “accettabilità”, momento in cui l’idea circola ampiamente e viene considerata come una tra tante sul mercato delle idee, fino a trasformarsi in “sensatezza”, quando la maggioranza di individui iniziano ad attribuirle un alto valore esplicativo, per poi tradursi nella fase della “diffusione”, quando ormai è stata adottata dalle masse, e infine giungere allo stadio supremo della “legalizzazione” quando viene incorporata a livello istituzionale dai governi e dagli stati e diventa il nuovo paradigma esplicativo di una determinata epoca storica. ⁠

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Del resto, la storia abbonda di esempi in cui il binomio impensabilità/radicalità di certe idee (si pensi all’Olocausto, solo per citare l’esempio più eloquente) fu inizialmente offuscato dall’assunzione di una strategia graduale, che applicando la discriminazione degli ebrei e delle altre categorie considerate impure a poco a poco, partendo dall’esposizione di simboli distintivi come la “stella di David”, e intensificando di anno in anno le persecuzioni, fece passivamente accettare ai cittadini europei l’utilità di un genocidio con camere a gas e di una guerra mondiale senza proteste, scioperi di massa o insurrezioni popolari.

Scorrendo l’attualità ci si accorge di quanto questo processo di “apertura di finestre di idee” stia esclusivamente favorendo l’avanzare ineluttabile delle destre, contro cui le sinistre mondiali non riescono a produrre alcuna forma alternativa di pensiero. Solo considerando il Medio Oriente, l’immagine della Riviera di Gaza proposta da Trump gioca esattamente su questo terreno: essa ha già superato numerosi stadi impercettibili di cui l’opinione pubblica si è accorta solo parzialmente – la legittimazione delle conquiste territoriali del ’67 (Gerusalemme, le alture del Golan, l’area C della Cisgiordania) a dispetto delle risoluzioni Onu e contro il diritto internazionale nel suo primo mandato presidenziale, il “piano di pace del secolo” che di pace aveva solo il titolo – per preparare il terreno alle proposte avanzate nel secondo mandato trumpiano, quelle di una pulizia etnica nella Striscia.

Se Trump è ancora percepito come un personaggio “radicale” in Europa, è perché tra Europa e Usa si è instaurata una sorta di dissonanza cognitiva, per cui quello che è diventato accettabile oltreoceano – e non solo ammissibile, ma, secondo lo schema di Overton, ormai legalizzato dall’assunzione di una carica presidenziale – ancora fortunatamente non lo è nel Vecchio continente, in cui forse questo passaggio è più lento a compiersi.

Tuttavia, non bisogna solo focalizzarsi su Israele e Trump, perché il mondo corrente abbonda di esempi: la Russia di Putin, ad esempio, attraverso i fondi elargiti a partiti “fratelli” ormai indifferentemente collocati all’estrema destra e all’estrema sinistra, è riuscita gradualmente a far passare il messaggio che lo shock dell’aggressione territoriale unilaterale all’Ucraina del febbraio 2022 può trasformarsi, a dispetto dei fatti e di 190mila morti tra le due parti, in una giustificata e nobile guerra di difesa per la dignità del popolo russo, ipoteticamente umiliato dalla Nato a guida Biden e quindi dall’intero Occidente, all’interno di una concezione del mondo strutturalmente diviso in sfere di influenza intangibili ma perpetue, le cui linee di demarcazione vanno accettate come placche tettoniche e non come il prodotto di scelte e orientamenti politici costantemente in movimento.

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Infine, senza nemmeno considerare il paradigma della politica di potenza che si sta di nuovo imponendo nelle relazioni internazionali, sarebbe sufficiente citare i paradossi della sponsorizzazione delle ultime due edizioni delle conferenze sul clima da parte dei Paesi maggiori produttori di petrolio, come l’Azerbaijan e gli Emirati Arabi Uniti; la scelta dell’Arabia Saudita nel marzo 2024 per guidare una commissione Onu sulla parità di genere; il ritorno del reato di blasfemia in Europa sotto la copertura di incitazione all’odio razziale; la riproposizione del prototipo della casalinga stile anni ’50 in Europa e America (tradwives) come modello femminista; l’ossessione per la retorica della chiusura dei confini e la sovranità nazionale che non riduce minimamente i flussi migratori (si veda l’effetto Brexit e i centri per migranti in Albania); la guida di un partito neonazista e xenofobo come AfD in Germania da parte di una dirigente lesbica, residente in Svizzera e sposata con un’immigrata; la singolare incongruenza tra maggiore sostegno ai partiti xenofobi in Europa nelle aree a minore immigrazione e molti altri esempi che potrebbero essere addotti su come questo XXI secolo, seguendo lo schema di Overton ma forse anche la sovrabbondanza di fake news propagandate da media irresponsabili o conniventi, ci stia inducendo a considerare normale il regresso sociale e culturale a cui stiamo spianando la strada.




il commento al vangelo della domenica

LECH LECHA’
il commento di E. Ronchi al vangelo della seconda domenica di quaresima
il 9,28b-36
E il Signore disse ad Abramo: vattene dalla tua terra e dalla casa di tuo padre! «Lech lechà», gli disse, “vai verso te stesso”.
Sei tu la meta, non casa, terra o patria.
A un bambino che nasce, cosa augureresti?
A un uomo, a una donna di oggi, con la terra che brucia, cosa diresti?
Le stesse parole di Dio ad Abramo, “lech lechà”, vattene da questa visione del mondo, sporca e bugiarda.
Vattene da questa storia, dove ha ragione il più armato, il più violento, il più immorale.
Vai a te stesso.
Dentro di te non hai armi, non cercare di riempire i tuoi vuoti con la violenza. Ma non senti dentro che la pace è più umana che non uccidere?
E poi gli direi, come Dio ad Abramo: alza la testa, conta le stelle. Perditi con gli occhi nel cielo a fare quello che sembra impossibile.
L’immensità ti rende giudice davanti ad ogni dittatore.
Guarda in altro modo, guarda da un altro punto di vista, non quello piccolo di casa, di patria, ma con l’ottica del grande, dell’infinito, dell’immenso, delle stelle e del loro mistero.
Questa domenica della luce ci ricorda che abbiamo urgente bisogno di una trasfigurazione, di un cambiamento radicale. Di andare via da questi bassipiani per guardare le cose dall’alto.
Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto.
Pregare trasforma, contemplare ti cambia il cuore, e tu diventi ciò che contempli; diventi come Colui che preghi.
Guardano i tre, e sono storditi perché gettano lo sguardo sull’abisso di Dio.
“Che bello, Signore!” esclama Pietro. La mia fede per essere pane, sale, luce, lievito deve discendere da un “che bello” gridato a piena voce, da un innamoramento.
Dio è bellissimo. E ha un cuore di luce, come Gesù sul monte.
Che questa immagine resti viva nei tre discepoli, e in tutti noi; viva per i giorni in cui il volto di Gesù invece di luce gronderà sangue, come sarà nel Giardino degli Ulivi, come oggi accade nelle infinite guerre del mondo, nelle infinite croci dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Alza la testa, guarda la luce del Tabor, guarda le stelle e vai, ritorna al cuore.
Preghiamo non per convincere Dio, ma perché ci aiuti ad essere fedeli ai piccoli del mondo contro tutti i potenti: “tienili per mano, baciali in fronte”.
Ci aiuti a credere che, nonostante tutte le smentite, il filo rosso della storia è saldo fra le tue dita e che noi dobbiamo porre mano non al futuro del mondo ma al mondo del futuro, oltre il muro d’ombra delle cose e degli avvenimenti.
Per capire le linee di fondo su cui camminare abbiamo le ultime parole del Padre in quel giorno luminoso:
“questi è mio figlio, ascoltatelo, ascoltate Lui”.