un invito ad una radicale conversione – il commento di ‘noi siamo chiesa’ alla ‘fratelli tutti’

“fratelli tutti”

un appassionato messaggio di invito alla conversione
che papa Francesco invia ai cristiani ed all’intera umanità

di Vittorio Bellavite
in “www.noisiamochiesa.org” del 11 ottobre 2020

L’ enciclica “Fratelli tutti” per la complessità e la molteplicità dei temi che tratta meriterà molta
attenzione di volta in volta sui vari blocchi di argomenti. Una prima lettura serve ad averne un’idea
generale senza in alcun modo esaurire la riflessione.

La situazione difficile del mondo

Essa, nelle sue linee generali, riprende ampiamente il messaggio culturale e sociopolitico di papa
Francesco, lo sistematizza e lo arricchisce. In particolare riprende ampiamente il documento di Abu
Dhabi del febbraio del 2019 “sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”
firmato dal papa con il Grande Imam Abu Al-Tayyeb dell’Università Al-Azhar del Cairo. La prima
parte descrive la situazione del mondo constatandone il peggioramento per i nazionalismi
emergenti, la crescita delle radicalizzazioni e delle disuguaglianze, i razzismi, le nuove povertà, la
pandemia “che ci ha denudati” e ha gravemente penalizzato i più deboli, il rischio del “tutti contro
tutti”, il rifiuto dei migranti, i muri, invece dei ponti, che si costruiscono un po’ dovunque, le forme
ormai consolidate di schiavitù, la guerra mondiale a pezzi, i poteri economici che sovrastano i
soggetti politici che dovrebbero proteggere la “casa comune” dell’umanità. In questa descrizione si
può leggere un contributo abbastanza nuovo (cap. 44 e 45) sulle tante aggressività che si esprimono
mediante la comunicazione online e in tutto il mondo digitale che ha alle spalle interessi economici
enormi e che è capace di forme invasive e sottili di controllo e di manipolazione. In questa
descrizione non nuova delle tante cose negative dello scenario globale non vi è spazio (un solo
cenno) per un approfondimento della specifica condizione della donna che è pesante e diffusa
ovunque. I diversi aspetti della sua condizione di subordinazione fanno parte dei pesanti rapporti di
dominio esistenti al mondo che tutti l’enciclica condanna duramente. Questa assenza ci sembra il
limite principale dell’enciclica ed è coerente con la mancanza nel pontificato di papa Francesco di
un impegno non formale od episodico perché la condizione femminile sia tutelata e promossa nella
società e, a maggior ragione, nella Chiesa. La richiesta che l’enciclica si chiamasse “Sorelle e
fratelli tutti” ci sembrava del tutto giustificata (la citazione esatta delle parole di S. Francesco
poteva essere ripresa e spiegata nel testo). E’ stato anche rilevato che tra i grandi “maestri” citati tra
quelli che hanno ispirato l’enciclica (S. Francesco, Martin Luther King, Desmond Tutu, Mahatma
Gandhi, Charles de Foucauld) non c’è nessuna donna.

Il Samaritano, modello per la vita e per la società

L’enciclica passa poi ad un approfondimento del racconto evangelico del buon Samaritano, che
viene assunto come modello generale per nuovi rapporti tra gli uomini. Il testo è particolarmente
efficace nel descrivere i quattro soggetti presenti nella parabola, assunti a tipologie di
comportamenti diffusi. Partendo da qui si sviluppano le linee portanti dei principali messaggi di
Francesco. Essi riguardano: gli “ultimi”, i migranti, il potere economico che domina la politica, gli
individualismi generalizzati che chiudono le comunità e le società in sé stesse, la proprietà privata
che dovrebbe essere diritto secondario rispetto ai beni comuni ed al bene comune, i nazionalismi
fondati sulla xenofobia e via di questo passo. L’amore si deve praticare da una parte verso le
fragilità individuali nei rapporti interpersonali che ognuno di noi incontra nella propria vita,
dall’altra con quella che Francesco chiama “amicizia sociale” perché la carità si deve esprimere con
l’intervenire sulle situazioni di sofferenza della casa comune (con azioni di tipo sociale, politico,
culturale). Questa è la solidarietà. Poi l’enciclica fa un interessante discorso su Fraternità, Libertà e
Uguaglianza. Le tre parole d’ordine della Rivoluzione francese vengono naturalmente accettate (già
demonizzate dalla Chiesa a suo tempo) ma declinate in questo modo: la fraternità è la condizione
indispensabile perché libertà e uguaglianza siano veramente tali. Tutta l’enciclica ruota attorno alla
tutela e alla promozione dei diritti umani, a partire dagli ultimi, dagli esclusi, dai “non conosciuti”.
Qualcuno ha osservato che la Chiesa mentre li promuove con convinzione dovrebbe essere più
consapevole che al proprio interno essi meritano una ben maggiore tutela (per esempio quelli degli
abusati dal clero pedofilo) e che, in generale, tante strutture della Chiesa dovrebbero finalmente
cambiare nella direzione di quanto dice l’enciclica (per esempio nella gestione delle sue risorse
economiche, argomento di assoluta attualità).

Cosa si debba intendere per popolo

L’enciclica continua su come siano da gestire correttamente i valori di ogni popolo, mantenendo le
radici storiche, culturali, linguistiche ma dialogando con ogni altro paese per capire, accettare e
stabilire rapporti positivi a partire dal fatto che ogni popolo deve sentirsi parte della famiglia umana.
L’accoglienza e l’integrazione dei migranti sono la base per una nuova politica che esiga però
programmi globali internazionali. Il “locale” deve avere l’orizzonte del “globale” ed ogni paese
cerchi alleanze ed integrazioni coi paesi vicini per trattare con le grandi potenze. Il testo esamina
poi in modo critico il populismo e le forme liberali di gestione del potere e vi descrive gli aspetti
positivi del concetto di “popolo”. Ma qualsiasi impegno e soluzione – dice l’enciclica- “potrebbe
avere ben poca consistenza, se perdiamo la capacità di riconoscere il bisogno di un cambiamento
nei cuori umani, nelle abitudini e negli stili di vita. È quello che succede quando la propaganda
politica, i media e i costruttori di opinione pubblica insistono nel fomentare una cultura
individualistica e ingenua davanti agli interessi economici senza regole e all’organizzazione delle
società al servizio di quelli che hanno già troppo potere.”

La carità è l’impegno per il bene comune

Il discorso continua su un versante più direttamente politico. La crisi del 2008 è stata un’occasione
persa, gli Stati nazionali perdono potere e domina la finanza. Soprattutto – passo importante
dell’enciclica- è necessaria la riforma dell’ONU, il rilancio dei rapporti internazionali e del
multilateralismo che è in grave crisi dopo una fase in cui forme importanti di aggregazione si erano
sviluppate, per esempio in Europa e in America Latina. In questa situazione papa Francesco
richiama il ruolo dei movimenti popolari e sottolinea molto l’importanza delle organizzazioni della
società civile che si impegnano per la tutela dei diritti umani e per il bene comune. Questa è carità, è
amore, è l’impegno per il bene comune, per cambiare, per il dialogo, per ogni passo in avanti, anche
con risultati modesti. Ogni azione deve tendere a riconoscere l’altro, deve tendere a un processo
d’incontro tra differenze (senza fermare le rivendicazioni sociali), per una trasformazione degli stili
di vita, per nuovi rapporti sociali. Francesco propone un “artigianato della pace” che parta dal basso
e “lasci aperte sempre altre possibilità, altre considerazioni del reale, altre strade possibili, perfino dinanzi al
peccato e all’errore; sempre è invocata la pluralità, mai il relativismo, sempre il gusto delle differenze,
dell’inedito, del non ancora compreso; il poliedro, mai la torre di Babele, dalla pretesa unificante” (Raniero La
Valle).

La memoria e il perdono

Per completare il quadro l’enciclica parla del perdono e del suo rapporto con la giustizia e poi della
memoria. Non si costruisce per il futuro se non si ha sempre a mente la Shoah ed Hiroshima e
Nagasaki. L’enciclica dice: “E nemmeno vanno dimenticati le persecuzioni, il traffico di schiavi e i
massacri etnici che sono avvenuti e avvengono in diversi Paesi, e tanti altri fatti storici che ci fanno
vergognare di essere umani. Vanno ricordati sempre, sempre nuovamente, senza stancarci e senza
anestetizzarci. È facile oggi cadere nella tentazione di voltare pagina dicendo che ormai è passato
molto tempo e che bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria non si va mai
avanti, non si cresce senza una memoria integra e luminosa. Abbiamo bisogno di mantenere la
fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che è
accaduto», che «risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza
umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione” (messaggio
per la Giornata della pace 2020). Papa Francesco è anche esplicito sulla Chiesa e dice: “A volte mi
rattrista il fatto che la Chiesa ha avuto bisogno di tanto tempo per condannare con forza la schiavitù
e diverse forme di violenza.”

NO alla guerra giusta e alla pena di morte

Il papa riprende quanto già detto molte volte sulla ripresa della corsa al riarmo, in particolare per
quanto riguarda le armi nucleari e constata che negli ultimi decenni si è optato “ per la guerra
avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche
alla manipolazione dell’informazione. Di fatto, negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di
avere una giustificazione”. Di conseguenza la Chiesa ritiene superata la dottrina della guerra giusta
in certe circostanze e rilancia la proposta della Populorum Progressio per un Fondo mondiale
finanziato dalla riduzione delle spese militari per eliminare la fame e per lo sviluppo dei paesi
poveri. Questa posizione netta sulla guerra è una indiretta denuncia di tutti i facili consensi del
mondo cattolico nei confronti delle strutture militari ed addirittura di presenze al loro interno (nel
nostro paese i cappellani militari con l’Ordinario militare!). Ugualmente la Chiesa ha
definitivamente preso posizione contro la pena di morte in qualsiasi circostanza facendo così una
evidente autocritica rispetto alla sua posizione precedente. L’enciclica si conclude sul dialogo tra le
religioni e sull’identità cristiana. La Chiesa, che auspica la convergenza del mondo cristiano e di
tutte le religioni su queste grandi questioni, rivendica l’autonomia della politica ma «non può e non
deve neanche restare ai margini» nella costruzione di un mondo migliore, né trascurare di
«risvegliare le forze spirituali che possano fecondare tutta la vita sociale”. In questo modo si
contribuisce a combattere a oltranza quel terrorismo che strumentalizza la religione e che combatte
la libertà religiosa. Ci lascia però perplessi, al cap. 273 una citazione di papa Wojtyla che dice : “Se
non esiste una verità trascendente, obbedendo alla quale l’uomo acquista la sua piena identità, allora
non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti tra gli uomini”. Interpretato alla
lettera questo passo può indicare una “esclusiva” delle religioni nell’indicare le strade per la retta
convivenza sociale (e ciò è del tutto discutibile sia come affermazione di principio sia perché
smentibile osservando la storia).

“Fratelli tutti” completa il messaggio della Laudato Si

Mi pare che “Fratelli tutti” esprima il filone migliore e più universale di un pontificato che viene
ostacolato da tante strutture ecclesiastiche che sono retaggio dei due pontificati precedenti, di una
comprensione mummificata dell’Evangelo da parte di molti di una struttura piramidale
autoreferenziale e di un accentramento eccessivo del potere nella figura del papa. L’enciclica è
quindi “la voce di chi non ha voce” e sfugge anche a un certo dottrinarismo delle precedenti
encicliche sociali perché “morde” nella storia. Infatti nel suo lungo ragionare si leggono sottotraccia
tutte le situazioni di sofferenza esistenti e le potenzialità pure presenti nella Chiesa. Ognuno le può
facilmente vedere. A noi , per esempio, appare evidente quanto i suoi contenuti siano direttamente
in contrasto pesante con la linea della presidenza uscente degli USA (lo ha scritto il “Washington
Post”!) e, nel nostro paese, con l’arroganza della destra che si pretende cristiana perché “ci sono
ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere
varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino
maltrattamenti verso coloro che sono diversi”. L’enciclica fa un appello universale al mondo intero
perché il suo messaggio non sia ininfluente. Ma essa interessa soprattutto i cattolici perché si
impegnino a cercare di fare seguire alle parole i fatti, dando testimonianza dell’Evangelo, maggiore
credibilità alla loro Chiesa e così un forte contributo alla sua vera riforma ed alla sua conversione
che consiste nel seguire l’esempio del Samaritano.

Roma, 11 ottobre 2020 NOI SIAMO CHIESA

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è possibile una politica all’insegna della gentilezza e della tenerezza? il commento di Boff alla ‘fratelli tutti’

 

 

‘fratelli tutti’

la politica come tenerezza e gentilezza

di Leonardo Boff

“Fratelli tutti” la nuova enciclica di Papa Bergoglio sta avendo una grande risonanza globale.
Sempre più Papa Francesco si sta confermando come un leader mondiale autorevole. Infatti è uno
dei pochi a riflettere sul mondo post-covid. L’enciclica è l’esposizione di un grande progetto
planetario della fraternità universale, da realizzare a partire dai poveri e con i poveri.
Dedicheremo, a questa enciclica, altri interventi. Oggi iniziamo con un protagonista della teologia
contemporanea, amico di Papa Francesco: il teologo della liberazione Leonardo Boff. Per gentile
concessione dell’autore pubblichiamo, in una nostra traduzione dal portoghese, questo
significativo testo del teologo brasiliano. Il testo è denso e ricco di spunti sul significato della
politica nella lettera enciclica “Fratelli tutti”.(Pierluigi Mele)
La nuova enciclica di Papa Francesco, firmata sulla tomba di Francesco d’Assisi, nella città di
Assisi, il 3 ottobre, sarà una pietra miliare nella dottrina sociale della Chiesa. È vasta e dettagliata
nella sua tematica, cercando sempre di aggiungere valori, anche dal liberalismo che critica
fortemente. Sarà certamente analizzata in dettaglio da cristiani e non cristiani poiché si rivolge a
tutte le persone di buona volontà. Sottolineerò in questo spazio ciò che considero innovativo
rispetto al precedente insegnamento dei Papi.
In primo luogo, deve essere chiaro che il Papa presenta un’alternativa paradigmatica al nostro modo
di abitare la Casa Comune, che è soggetta a molte minacce. Fa una descrizione delle “ombre
dense” che equivalgono, come lui stesso ha affermato in vari pronunciamenti, a “una terza guerra
mondiale a pezzi”. Attualmente non esiste un progetto comune per l’umanità (n. 18). Ma un filo
conduttore attraversa tutta l’enciclica: “essere coscienti che o ci salviamo tutti o nessuno si salva”
(n32). Questo è il progetto nuovo, espresso con queste parole: “Consegno questa enciclica sociale
come un umile contributo alla riflessione perché di fronte ai vari modi di eliminare o ignorare gli
altri, si sia capaci di reagire con un nuovo sogno di fraternità e amicizia sociale” (n.6).
Dobbiamo capire bene questa alternativa. Siamo arrivati e siamo ancora all’interno di un paradigma
che sta alla base della modernità. È antropocentrico. È il regno del dominus: l’essere umano come
signore e padrone della natura e della Terra che hanno senso solo nella misura in cui sono
subordinate a lui. Ha cambiato la faccia della Terra, ha portato molti vantaggi ma ha anche creato un
principio di autodistruzione. È l’attuale impasse delle “ombre dense”. Di fronte a questa visione del
cosmo, l’enciclica Fratelli tutti propone un nuovo paradigma: quello del fratello, la fraternità
universale e dell’amicizia sociale. Sposta il centro: da una civiltà tecno-industrialista e
individualista a una civiltà solidale, della preservazione e cura di ogni vita. Questa è l’intenzione
originale del Papa. In questa svolta sta la nostra salvezza; supereremo la visione apocalittica della
minaccia della fine della specie con una visione di speranza che possiamo e dobbiamo cambiare
rotta.
Per questo, dobbiamo alimentare la speranza. Dice il Papa: “vi invito alla speranza che ci parla di
una realtà radicata nel profondo dell’essere umano, indipendentemente dalle circostanze concrete e
dai condizionamenti storici in cui si vive” (n.55). Qui risuona il principio della speranza, che è più
della virtù della speranza, ma un principio, un motore interiore per proiettare sogni e visioni nuove,
così ben formulato da Ernst Bloch. Enfatizza: “l’affermazione che gli esseri umani sono fratelli e
sorelle, che non è un’astrazione ma che si fa carne e si concretizza, pone una serie di sfide che ci
spiazzano, ci costringono ad assumere nuove prospettive e sviluppare nuove reazioni”(n.128).
Come si deduce, si tratta di una nuova direzione, di una svolta paradigmatica.
Da dove cominciare? Qui il Papa rivela il suo atteggiamento di fondo, spesso ripetuto ai movimenti
sociali: “Non aspettatevi niente dall’alto perché viene sempre più o meno lo stesso o peggio;
cominciate da voi stessi”. Per questo suggerisce: “È possibile partire dal basso, da ciascuno,
lottare per cose più concrete e locali, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo” (n.78). Il
Papa suggerisce quella che oggi è la punta del discorso ecologico: lavorare nella regione, il bioregionalismo che consente la vera sostenibilità e umanizzazione delle comunità e articola il locale
con l’universale (n. 147).
Ci sono lunghe riflessioni sull’economia e sulla politica, ma mette in risalto: “la politica non deve
sottomettersi all’economia e non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della
tecnocrazia” (n.177). Fa una franca critica al mercato: “Il mercato da solo non risolve tutto come
vogliono farci credere nel dogma della fede neoliberista; si tratta di un pensiero povero, ripetitivo,
che propone sempre le stesse ricette per qualsiasi sfida che si presenta; il neoliberismo si autoriproduce come l’unico cammino per risolvere i problemi sociali”(n. 168). La globalizzazione ci ha
resi più vicini ma non più fratelli (n.12). Crea solo soci ma non fratelli (n.101).
Mediante la parabola del buon Samaritano, compie un’analisi rigorosa dei vari personaggi che
entrano in scena e li applica all’economia politica, culminando nella domanda: “con chi ti
identifichi (con i feriti per strada, con il sacerdote, il levita o con il forestiero, il samaritano,
disprezzato dagli ebrei)? Questa domanda è cruda, diretta e decisiva. A chi di loro
assomigli ?”(n.64). Il buon Samaritano si fa modello di amore sociale e politico (n.66).
Il nuovo paradigma della fraternità e dell’amore sociale si dispiega nell’amore nella sua
realizzazione pubblica, nella cura dei più fragili, nella cultura dell’incontro e del dialogo, nella
politica come tenerezza e gentilezza.
Per quanto riguarda la cultura dell’incontro, ci prendiamo la libertà di citare il poeta brasiliano
Vinicius de Moraes nel suo Samba da Bênção nel brano “Encontro Au bon Gourmet” del 1962
dove dice: “La vita è l’arte dell’incontro anche se ci sono così tante discrepanze nella vita
”(n.215). La politica non si riduce alla disputa per il potere e alla divisione dei poteri. Con sorpresa
dice: “Anche in politica c’è posto per l’amore con tenerezza: per i più piccoli, i più deboli, i più
poveri; loro devono capirci e avere il “diritto” di riempire i nostri cuori e le nostre anime; sì, sono
nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli così”(194) E si chiede cos’è la tenerezza e
risponde: “è l’amore che si fa prossimo e concreto; è un movimento che parte dal cuore e arriva
agli occhi, alle orecchie, alle mani”(n.196). Questo ci ricorda la frase di Gandhi, una delle
ispirazioni del Papa, accanto a San Francesco, Luther King, Desmond Tutu: la politica è un gesto
d’amore verso le persone, la cura delle cose comuni.
Insieme alla tenerezza arriva l’amabilità che noi tradurremmo con gentilezza, ricordando il profeta
Gentileza che nelle strade di Rio de Janeiro ha proclamato a tutti i passanti “La gentilezza genera
gentilezza” e “Dio è gentilezza” come nello stile di San Francesco. Così definisce la gentilezza:
“uno stato d’animo che non è aspro, rude, duro ma affabile, morbido, che sostiene e rafforza; una
persona che possiede questa qualità aiuta gli altri a rendere più sopportabile la propria
esistenza”(n.223). Ecco una sfida ai politici, rivolta anche ai vescovi e sacerdoti: fare la rivoluzione
della tenerezza.
La solidarietà è uno dei fondamenti dell’umano e del sociale. Si “esprime concretamente nel
servizio che può assumere forme molto diverse e prendere per sé il peso degli altri; in gran parte è
prendersi cura della fragilità umana”(n.115). Questa solidarietà si è dimostrata assente e solo
successivamente efficace nella lotta al Covid-19. Essa impedisce all’umanità di biforcarsi tra “il
mio mondo” e gli “altri”, “loro” perché “molti non sono più considerati esseri umani con una
dignità inalienabile e diventano solo “loro”(n. 27). E conclude con un grande desiderio: “Spero che
alla fine non ci saranno“gli altri” ma un solo “noi”(n.35).
Per questa sfida di incarnare il sogno di una fratellanza universale e di amore sociale, chiama tutte
le religioni affinché “offrano un contributo prezioso alla costruzione della fraternità e per la difesa
della giustizia nella società” (n. 271).
Alla fine rievoca la figura del fratellino di Jesus Charles de Foucauld che nel deserto del Nord
Africa insieme alla popolazione mussulmana voleva essere “definitivamente il fratello
universale”(n. 287). Facendo suo questo proposito, Papa Francesco osserva: “Solo identificandosi
con gli ultimi è arrivato ad essere il fratello di tutti; che Dio ispiri questo sogno in ognuno di noi.
Amen”(n.288).
Siamo di fronte a un uomo, Papa Francesco, che seguendo la sua fonte ispiratrice, Francesco di
Assisi, è diventato anche un uomo universale, accogliendo tutti e identificandosi con i più
vulnerabili e invisibili del nostro mondo crudele e senza umanità. Lui suscita la speranza che
possiamo e dobbiamo alimentare il sogno di una fraternità senza confini e di un amore universale.
Lui ha fatto la sua parte. Sta a noi non lasciare che il sogno sia solo un sogno, ma sia l’inizio
seminale di un nuovo modo di vivere insieme, come fratelli e sorelle, più la natura, nella stessa Casa
Comune. Avremo tempo e saggezza per questo salto? Le “ombre dense” continueranno
sicuramente. Ma abbiamo una lampada con questa enciclica di speranza di Papa Francesco. Essa
non dissipa tutte le ombre. Ma è sufficiente per immaginare il cammino che tutti devono
intraprendere.
Leonardo Boff è eco-teologo, filosofo e scrittore brasiliano

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