“la storia ci condannerà!” così p. Zanotelli

padre Zanotelli accusa ancora:

“sui migranti saremo giudicati come i nazisti”

parla il religioso attaccato dai leghisti:

“Il Vangelo parla di perdono, di accoglienza, se siete cristiani non potete scegliere chi si regge sull’odio o sul disprezzo”. Come Salvini

Padre Alex Zanotelli

di Stefano Miliani

“Il Vangelo parla di perdono, di accoglienza dell’altro, se siete cristiani e lo scegliete non potete scegliere Salvini. La Storia ci giudicherà come noi oggi giudichiamo i nazisti”. Padre Alex Zanotelli, missionario, critica con forza e coerenza la politica anti-immigratoria sbandierata dal vicepremier che ama indossare divise militari e la Lega ricambia attaccandolo e screditando la sua figura religiosa. Direttore per anni di “Nigrizia”, l’80enne padre Zanotelli della comunità comboniana è autore del recente pamphlet pubblicato da Chiarelettere Prima che gridino le pietre (leggi qui un estratto).

Volgarità leghiste contro padre Zanotelli: uno pseudo-prete che vuole chiese-moschee

Padre, il leghista Alessandro Pagano si è riferito a lei dicendo che “di questi pseudo preti non abbiamo bisogno” perché, a parere dell’esponente della Lega, “il suo unico chiodo in testa è attaccare #Salvini”.

Prima di tutto non voglio attaccare nessuno, non mi interessa e men che meno mi interessa Salvini. Il problema non sono i leghisti. Ho invece sempre detto con chiarezza che ognuno deve decidersi nella vita e ho parlato ai cristiani.

Decidersi su cosa?

Se siete cristiani potete naturalmente scegliere qualunque politica, ognuno è libero, però dovete fare i calcoli con vostra coscienza. Il Vangelo parla di perdono, di accoglienza dell’altro e se lo scegliete non potete scegliere il Vangelo di Salvini che si regge sull’odio o sul disprezzo dell’altro. Mi meravigliano però tanti cristiani.

Perché?

Non c’è coerenza con quello che credono e dicono. Faccio perciò appello ai cristiani leghisti. A loro dico: provate a chiedervi che cuore avete. Un uomo se è un uomo si commuove davanti a certe realtà. Fin da tempi più antichi far fuori un bambino o trucidare qualcuno faceva scattare qualcosa nel cuore. Come è possibile che noi che ci dichiariamo umani siamo diventanti così insensibili?

Intende i migranti che affogano nel Mediterraneo e che non vediamo?

Certo: se non vediamo non sentiamo. Per questo hanno messo il cordone sanitario intorno alla Libia: se non si vedono la gente non reagisce quando, come ieri, periscono in mare 117 persone e altri 60 sono morti davanti al Marocco. Se sappiamo i dettagli, un bambino che aveva due anni, una donna affogata, allora sentiamo qualcosa. Invece è possibile diventare così bestie da non sentire? Da non avere un sentimento? Non giudico ma chiedo: siete uomini o bestie? Decidetelo. Persino la bestia è più tenera in certe situazioni. Ne sono certo: i nostri nipoti diranno di noi le stesse cose che diciamo noi dei nazisti e di Auschwitz. L’Europa dovrà rispondere davanti alla storia. Un giorno non ci sarà più la tribù bianca che governa il mondo e allora verremo portati davanti alla storia per questi che sono delitti come lo sono stati il colonialismo e il neocolonialismo. La storia ce lo rinfaccerà.

Dalla Lega lei è stato definito “globalista” e il termine vuole essere dispregiativo.

Non parlo in chiave politica. Non sono un globalista se non nel senso che siamo un unico mondo, che siamo tutti su un’unica barca e quindi o ci salviamo insieme o periremo tutti insieme: se il pianeta va incontro al disastro ecologico la pagheremo tutti, se saltiamo in aria per una bomba atomica saltiamo per aria tutti. Pertanto dobbiamo fare i conti a livello globale, non è possibile che gli otto uomini più ricchi della Terra abbiano quanto miliardi di persone e che quattro miliardi di persone vivano con due dollari al giorno. È allora globalismo pensare che tutti hanno diritto a un minimo di vita: queste sono le domande che dobbiamo porci, sono i ragionamenti che dobbiamo fare.

image_pdfimage_print

un mondo di esagerate disuguaglianze che uccide i poveri

Raporto Oxfam

si aggravano le diseguaglianze, nel mondo i ricchi sempre più ricchi


Eugenio Fatigante
L’ingiusta distribuzione della ricchezza nel rapporto: 262 milioni di bambini non possono andare a scuola e 10mila persone al giorno muoiono perché non hanno accesso alle cure

Foto Ansa

La ruota della ricchezza continua a girare a senso unico. Maledettamente. Succede così che, in un pianeta sempre disuguale, e anche per questo sempre più segnato dal fenomeno delle migrazioni, il taglio di servizi essenziali come sanità e istruzione genera costi altissimi: 262 milioni di bambini non possono andare a scuola e 10mila persone al giorno muoiono perché non hanno accesso alle cure. Basterebbe una tassazione anche minima – lo 0,5% in più di oggi – sull’1% dei “Paperoni” del globo per evitare tutto ciò. E la ricaduta sarebbe enorme: ricerche stimano che, se si insegnasse a tutti i bambini del mondo a saper leggere (in modo “basico”), almeno 171 milioni di persone uscirebbero dalla povertà estrema.

Come ogni anno, alla vigilia del “conclave” finanziario di Davos, in Svizzera, che riunisce dal 22 gennaio l’Olimpo del business mondiale, arrivano i numeri dell’ong britannica Oxfam, una delle più autorevoli, a squarciare il velo su quello che tutti sanno ma che spesso si tace: le fratture nella distribuzione del reddito fra ricchi e poveri.

Il solco si è allargato: le fortune dei super-ricchi sono aumentate del 12% lo scorso anno, al ritmo di 2,5 miliardi di dollari al giorno, mentre 3,8 miliardi di persone (che la metà più povera dell’umanità) hanno visto decrescere quel che avevano dell’11%. Sono dati che suonano sempre come schiaffi: l’uomo più ricco in assoluto, Jeff Bezos, il gran capo di Amazon, a marzo 2018 aveva un patrimonio netto stimato in 112 miliardi di dollari, quando appena l’1% di questa somma corrisponde all’intera spesa sanitaria dei 105 milioni di etiopi.

Insiste molto, quest’anno, sul tema della tassazione il rapporto di Oxfam, che apre un focus inquietante anche sulla nostra Italia che sta vedendo partire il reddito di cittadinanza. Siamo comunque inseriti in modo integrante in questo panorama mondiale, anzi i numeri provano che nel 2018 i contrasti si sono aggravati: il 20% più ricco degli italiani detiene (a metà 2018) il 72% della ricchezza nazionale contro il 66% di un anno prima, mentre il 60% più povero deve accontentarsi appena del 12,4%, ancora meno del 14,8% di 12 mesi prima. E i primi 21 miliardari italiani (secondo la rivista Forbes) avevano gli stessi beni del 20% più povero della popolazione.

Una concentrazione di enormi fortune nelle mani di pochi, che evidenzia l’insostenibilità del sistema economico. La Ong denuncia l’aggravarsi del quadro: se la quota della ricchezza globale nelle mani dell’1% più ricco è in crescita dal 2011, una tendenza opposta caratterizza la povertà estrema. Dopo un drastico calo, tra il 1990 e il 2013, del numero di persone che vivono con meno di 1,90 dollari al giorno, ad allarmare è il meno 40% segnato dal tasso annuo di riduzione della povertà estrema tra 2013 e 2015 (ancor più accentuatosi nell’ultimo triennio), una maggiore povertà che – va da sé – colpisce in primis l’Africa subsahariana. Sono stime della Banca Mondiale, che ha di recente rivisto a 3,20 e 5,50 dollari al giorno le soglie di povertà rispettivamente per gli stati a medio-basso e a medio-alto reddito.

Di fronte a tutto questo, “Bene pubblico o ricchezza privata?”, il nuovo rapporto di Oxfam, rivela come questo persistente divario limiti le economie e alimenti la rabbia sociale in tutto il mondo. Lo studio mette inoltre in evidenza le responsabilità dei governi, in ritardo nell’adottare efficaci misure di contrasto, soprattutto fiscali. «Non dovrebbe essere il conto in banca a decidere per quanto tempo si potrà andare a scuola o quanto si vivrà – ha detto Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International –. Eppure è proprio questa la realtà in gran parte del mondo, spesso anche grazie a trattamenti fiscali privilegiati».

L’ingiustizia fiscale sulle spalle dei più poveri
Mentre sanità e istruzione continuano infatti a essere sotto-finanziati, con la conseguenza che ne vengono esclusi i più poveri, nel pianeta solo 4 centesimi per ogni dollaro raccolto dal Fisco (dato 2015) proveniva dalle imposte sul patrimonio, successione inclusa.

È una tipologia di tassazione che è stata ridotta in molti Paesi ricchi dove, in media, l’aliquota massima dell’imposta sui redditi delle persone fisiche è passata dal 62% nel 1970 al 38% nel 2013 (è al 28% negli stati definiti in via di sviluppo). Per 90 grandi corporation mondiali l’aliquota effettiva sui redditi d’impresa è crollata, tra 2000 e 2016, dal 34 al 24%.
I benestanti, insomma, si fanno sempre più ricchi anche in virtù dei sistemi fiscali. Storpiature che generano paradossi: in Paesi come il Brasile o il Regno Unito il 10% dei più poveri paga, in proporzione al reddito, più tasse rispetto al 10% più ricco. Ecco perché in molti paesi un’istruzione e una sanità di qualità sono diventate un lusso.

Nei Paesi in via di sviluppo un bambino di una famiglia povera ha il doppio delle possibilità di morire entro i 5 anni, rispetto a un suo coetaneo benestante. Sono fenomeni presenti però anche in Europa: a Londra l’aspettativa di vita in un quartiere povero è inferiore di 6 anni rispetto a uno agiato.

Una disparità nelle disparità è poi quella di genere. A livello globale gli uomini possiedono oggi il 50% in più della ricchezza netta delle donne e controllano oltre l’86% delle aziende. Anche il divario retributivo, pari al 23%, penalizza sempre le donne. Un dato che per di più non tiene conto del contributo gratuito delle donne al lavoro di cura. Secondo le stime di Oxfam, se tutto il lavoro di cura non retribuito (e non contabilizzato dalle statistiche ufficiali) svolto dalle donne nel mondo fosse appaltato a una sola azienda, questa realizzerebbe un fatturato di 10mila miliardi di dollari all’anno, ossia 43 volte quello di Apple, la più grande azienda al mondo.

«Le persone ovunque sono arrabbiate e frustrate – conclude Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia –. Ma i governi possono apportare cambiamenti reali per la vita delle persone assicurandosi che le grandi aziende e le persone più ricche paghino la loro giusta quota di tasse, e che il ricavato venga investito in strutture a cui tutti possano accedere gratuitamente. I governi possono ancora costruire un futuro migliore per tutti, non solo per pochi privilegiati. È una loro responsabilità».

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi