il commento al vangelo della domenica

“TU SEI IL FIGLIO MIO, L’AMATO: IN TE HO POSTO IL MIO COMPIACIMENTO”

BATTESIMO DEL SIGNORE 

7 gennaio 2018 

di Alberto Maggi 


Mc1,7-11
In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»
Tutti gli evangelisti sono concordi nell’indicare l’attività di Gesù, come quella di colui che battezza nello Spirito Santo. E questo è possibile perché in Gesù risiede la pienezza dello Spirito Santo, cioè la forza, la capacità e la potenza d’amore di Dio. Questa accoglienza dello Spirito da parte di Gesù viene indicata dagli evangelisti nell’episodio del battesimo. Leggiamo come ce la narra l’evangelista Marco.
“«Ed ecco, in quei giorni…»” – questa espressione “in quei giorni”, che appare per la prima volta in questo Vangelo, indica il compimento delle promesse di Dio – “«Gesù»” – il nome è lo stesso di Giosuè, in ebraico, colui che fece entrare il popolo nella terra promessa – ma poi le credenziali di questo Gesù sono veramente pessime
perché, ci scrive l’evangelista, che “«venne da Nàzaret di Galilea …»”.
La Galilea è la regione disprezzata, la regione dei facinorosi, dei rivoluzionari – al tempo di Gesù dire “galileo” significava dire “testa calda”, ”fanatico”– ebbene, Gesù viene proprio dalla Galilea. Ma si credeva che il Messia sarebbe dovuto venire dalla Giudea, dalla regione santa, e non dalla Galilea.
E per giunta viene proprio da Nazaret che era un borgo selvaggio, dalla brutta reputazione, che era un po’ il covo dove si rifugiavano gli zeloti, i rivoluzionari, contro di Roma. Non bisogna dimenticare che era ancora vivo il ricordo di Giuda il Galileo, che proveniva appunto dalla Galilea: si era proclamato Messia ed aveva iniziato una rivolta contro Roma, finita poi in un bagno di sangue.
“«E fu battezzato nel Giordano da Giovanni »”, Giovanni aveva annunziato un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Perché Gesù va a farsi battezzare? Il battesimo è un simbolo di morte: ci si immerge e si muore al proprio passato.
Anche per Gesù il battesimo sarà un simbolo di morte, ma non di un passato ingiusto, di peccato – che lui non ha da farsi perdonare – ma di accettazione di morte nel proprio futuro: una donazione del suo amore agli uomini, che può arrivare al punto di accogliere la morte. Infatti Gesù quando parlerà della sua morte, ne parlerà come di un battesimo: ”c’è un battesimo che io devo accogliere” .
E vediamo come ci descrive l’evangelista questo battesimo di Gesù, inserendo nella scena del battesimo gli stessi termini che poi collocherà al momento della morte, per indicare che battesimo e morte di Gesù sono una sola cosa.
“«E subito salendo dall’acqua …»” – scendere nell’acqua è un’immersione nella morte, ma la morte non trattiene Gesù – Gesù immediatamente sale dall’acqua. “«…vide squarciarsi…»”– è importante questo verbo squarciarsi -“«…i cieli…»”: si credeva che Dio era talmente arrabbiato con l’umanità che aveva come sigillato i cieli, non c’era più comunicazione tra Dio ed il suo popolo – basta pensare al desiderio di Isaia nel suo libro, quando scrive “ ah, se tu squarciassi i cieli e discendessi !”.
Quindi, c’era questa attesa che Dio squarciasse i cieli: ma i cieli erano chiusi, erano sigillati. Ebbene, nel momento in cui Gesù s’impegna a manifestare l’amore di Dio senza limiti, c’è una risposta da parte di Dio di un amore senza limiti. Ed i cieli non si aprono: qualcosa che si apre poi si può richiudere. I cieli si squarciano, si lacerano e quindi non possono più essere ricomposti : con Gesù la comunicazione di Dio con l’umanità sarà, da questo momento, continua, crescente ed ininterrotta.
Ebbene, questo verbo “squarciare” lo ritroviamo poi al momento della morte di Gesù, quando “il velo del Tempio si squarciò”, il velo nascondeva la stanza segreta dove si credeva ci fosse la presenza di Dio: nel momento in cui Gesù muore in croce, il velo si squarcia e rivela chi è Dio.
Chi è Dio? E’ l’uomo che per amore ha donato la sua stessa vita.
“« E lo Spirito …»” – l’articolo determinativo, “lo”, indica la totalità – «… lo Spirito …»” – e Gesù, l’attività di Gesù sarà battezzare nello Spirito Santo, ma su Gesù non scende lo Spirito Santo, ma “lo Spirito” – perché “Santo” non indica soltanto la qualità di questo Spirito ma l’attività di consacrare, di separare l’uomo dal male – e Gesù non ha bisogno di essere separato dal male.
“« E lo Spirito …»” – quindi la totalità dell’amore di Dio – “« .. discendere verso di lui …»” : nel momento in cui Gesù sale dall’acqua, ecco un movimento che dal cielo, scende lo Spirito su Gesù.
Questo termine – “Spirito” – lo ritroviamo anch’esso poi nella morte di Gesù, quando Gesù “spirò”, che nel greco ha la stessa radice di “Spirito”: Gesù sulla croce, lo Spirito che ha ricevuto al momento del battesimo, lo comunica a quanti lo accolgono, e con lui e come lui vorranno dedicare la propria vita per il bene degli uomini.
Questo Spirito discende verso di lui “«… come una colomba … »”. Perché questa immagine della colomba? Era proverbiale l’amore della colomba per il proprio nido: alla colomba anche se gli si cambia il nido, lei torna sempre al suo nido originario.
Quindi, Gesù è il nido, è la dimora dello Spirito. In più l’immagine che c’è nel libro della Genesi, che lo Spirito del Signore si librava – al momento della creazione – sulle acque, veniva interpretata dai rabbini come il volo di una colomba sulla sua nidiata. Quindi, questo riferimento alla creazione fa vedere che in Gesù si realizza il compimento del progetto di Dio sull’umanità, il progetto della creazione.
“« E venne una voce dal cielo …»” – mentre Gesù vide squarciarsi i cieli, quindi fu una sua esperienza – qui la voce venne dal cielo, quindi è una dimostrazione per tutti. Ebbene, lo stesso termine “voce” – in greco “ fonè ” – lo ritroviamo al momento della morte di Gesù, quando – è strano che Gesù agonizzante, ormai morente – scrive l’evangelista – ”diede un grande grido“ : il termine “grido” e “voce”, in greco è lo stesso.
E’ un grido di vittoria perché l’amore è più forte della morte, l’amore è più forte del peccato: quando Pietro ha tradito Gesù, il gallo ha cantato ed il verbo nella lingua greca è lo stesso, è il “grido” . Ebbene, l’amore di Gesù è più forte del peccato del proprio discepolo: quindi è il “grido” di vittoria.
E qui la voce dal cielo – l’evangelista ci riporta una citazione del Salmo 2, il versetto 7 – “«Tu sei Figlio mio»”. Qui non indica tanto chi è Gesù, ma chi è Dio: se Gesù è intenzionato a dedicare tutta la propria esistenza per comunicare vita agli uomini – figlio è colui che assomiglia al padre nel suo comportamento – significa che questo è il lavoro di Dio.
Il lavoro di Dio è comunicare vita agli uomini perché l’abbiano in abbondanza.
“«Tu sei il Figlio mio»”- e questa espressione “il Figlio di Dio, Figlio mio” – la ritroviamo anch’essa al momento della morte di Gesù: l’unico che ha capito Gesù, non sono stati né i suoi familiari, né i discepoli, tanto meno i sacerdoti ed i farisei, ma un pagano, uno straniero, il centurione, il boia presente alla crocifissione.
Scrive l’evangelista che “vedendolo spirare in quel modo … “- in quel modo ricco d’amore – “… il centurione esclamò: « Veramente quest’uomo era Figlio di Dio! »”. Quindi, abbiamo visto come i termini del momento del battesimo, l’evangelista poi li ripropone al momento della morte di Gesù, per indicare che, per Gesù, il battesimo è l’accettazione di morte nel futuro: per essere fedele all’amore di Dio, per liberare gli uomini, Gesù andrà incontro alla morte.
Poi si conclude questo brano con l’espressione “«… l’amato …»” .
L’amato significa il figlio erede, colui che eredita tutto del Padre: non si può dividere Gesù da Dio, Dio e Gesù sono la stessa cosa.
In Gesù, Dio manifesta quello che è : Amore senza fine per tutta l’umanità.
“«… : in te ho posto il mio compiacimento».” : il compiacimento del Padre è stata la comunicazione di pienezza di vita – lo Spirito – che poi Gesù comunicherà a quanti lo accoglieranno.

fonte:/www.studibiblici.it

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il commento al vangelo della domenica

battesimo

nascere di nuovo e con un ‘dna’ divino
padre Ermes Ronchi

battesimo del Signore

(anno B) (07/01/2018)

Visualizza Mc 1,7-11

Il racconto di Gesù al Giordano ci riporta alla Genesi, all’in principio, alle prime immagini della bibbia, quando lo spirito di Dio aleggiava sulle acque (Genesi 1,2) di un mare gonfio di vita inespressa. L’origine del creato, come quella di ognuno di noi, è scritta sull’acqua, nelle acque di un grembo materno.

Il rito del Battesimo porta impresso questo sigillo primordiale di nascite e di rinascite, di inizi e di ricominciamenti. Lo rivela un dettaglio prezioso: venne una voce dal cielo e disse: «Tu sei il Figlio mio, l’amato».

La voce dice le parole proprie di una nascita. Figlio è la prima parola, un termine potente per il cuore. E per la fede. Vertice della storia umana. Nel Battesimo anche per me la voce ripete: tu sei mio figlio. E nasco della specie di Dio, perché Dio genera figli di Dio, figli secondo la propria specie. E i generati, io e tu, tutti abbiamo una sorgente nel cielo, il cromosoma del Padre nelle cellule, il Dna divino seminato in noi.

La seconda parola è amato e la terza: mio compiacimento. Termine desueto, che non adoperiamo più, eppure bellissimo, che nel suo nucleo contiene l’idea di piacere, che si dovrebbe tradurre così: in te io ho provato piacere. La Voce grida dall’alto del cielo, grida sul mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello stare con te. Tu, figlio, mi piaci. E quanta gioia sai darmi!

Io che non l’ho ascoltato, io che me ne sono andato, io che l’ho anche tradito sento dirmi: tu mi piaci. Ma che gioia può venire a Dio da questa canna fragile, da questo stoppino dalla fiamma smorta (Isaia 42,3) che sono io? Eppure è così, è Parola di Dio, rivelativa del suo cuore segreto. Per sempre.

Gesù fu battezzato e uscendo dall’acqua vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. Noto la bellezza e l’irruenza del verbo: si squarciano i cieli, come per un amore incontenibile; si lacerano, si strappano sotto la pressione di Dio, sotto l’urgenza del Signore. Si spalancano come le braccia dell’amata per l’amato. Da questo cielo aperto viene, come colomba, la vita stessa di Dio. Si posa su di te, ti avvolge, entra in te, a poco a poco ti modella, ti trasforma pensieri, affetti, speranze, secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore.

Nel Battesimo è il movimento del Natale che si ripete: Dio scende ancora, entra in me, nasce in me perché io nasca in Lui, nasca nuovo e diverso, custodendo in me il respiro del cielo.

Ad ogni mattino, anche in quelli più oscuri, riascolta la voce del tuo Battesimo sussurrare: Figlio mio, amore mio, gioia mia. E sentirai il buio che si squarcia, e il coraggio che dispiega di nuovo le ali sopra l’intera tua storia.

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la festa dell’Epifania nel commento di mons. Galantino

” FUORI DALLE SACRESTIE, INCONTRO ALLA LUCE”


Epifania del Signore, 6 gennaio 2018

Con l’arrivo dei Magi a Betlemme la nascita di Gesù ottiene la massima notorietà: è come se l’evangelista ci dicesse che davanti a questo evento ora siamo chiamati a prendere posizione, a dire da che parte stiamo. Su questo sfondo emerge la grandezza dei cercatori di Dio, uomini sanamente inquieti che non si accontentano dei sentieri battuti dall’abitudine o dall’ufficialità; uomini che bussano al di là dei santuari della cultura e della religiosità istituita. I rappresentanti di quest’ultima, del resto, in questo straordinario racconto fanno una figura ben meschina: si rivelano abili nello sfogliare le Scritture, addirittura hanno in mano la carta vincente – interrogati dal re “sul luogo in cui doveva nascere il Messia”, non esitano a rispondere correttamente: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto…” (Mt 2, 4-5) – ma la loro è una verità che non scalda il sangue, non mette in circolo energie, non fa uscire dai sacri palazzi per agire di conseguenza. Personaggi spenti, sono l’emblema di chi ha il cuore indurito, per cui si chiude nell’ostinazione e rifiuta la presenza del Signore: non la nega, ma si guarda bene dall’incrociarla… In fondo, sono i veri sconfitti: loro, “capi dei sacerdoti e scribi del popolo”, che non sanno andare oltre il proprio naso, incapaci di lasciarsi coinvolgere dalla novità che pur ripetono; ed Erode, vinto dalla paura di perdere il potere.

I Magi, come già i pastori, sono invece figura di quanti accolgono l’invito a mettersi in viaggio, scrutando e lasciandosi interpellare dai segni con cui il Signore anche oggi indica la strada (la stella); di coloro che non si fermano dinanzi alle difficoltà o ai momenti di disorientamento (la stella ad un certo punto scompare); di chi non è animato dall’arrogante presunzione di bastare a se stesso, ma conosce l’umiltà di chiedere, senza disdegnare la fatica del confronto: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2, 2).

Trovo significativo che l’evangelista Matteo non si sia preoccupato di tramandarci il nome, il numero, la razza o il colore della pelle dei Magi, quasi a dire che rappresentano ciascuno di noi: la loro è la storia di tutti i cercatori di Dio, assetati di una luce che non tramonta con lo spegnersi della festa.
In conclusione, vorrei sottolineare due atteggiamenti concreti – il dono e la testimonianza – che ci vengono suggeriti proprio dai Magi, quale sorta di indicazione e anche di richiamo a non perderci in ricerche puramente intellettualoidi.

In altre parole, viviamo il cammino della vita offrendo con generosità, convinti che “se aspettiamo di essere ricchi prima di diventare donatori, moriamo di povertà” (Mazzolari). Nei Magi che fanno ritorno al loro Paese leggiamo il richiamo a condividere la stessa esperienza di fede: ne uscirà rafforzata anche la nostra.

fonte:http://www.nunziogalantino.it

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