anche la ‘gentilezza’ ha la sua giornata – segno che ce n’è bisogno

13 novembre
giornata mondiale della gentilezza
Dire grazie o dare una carezza, il valore grande di piccoli gesti virtuosi
Parole e abitudini nel mondo, dal caffè sospeso italiano all’Ubuntu in Sudafrica
La gentilezza sta nei piccoli gesti, in quel modo di essere e relazionarsi con gli altri con la massima umanità. Il 13 novembre ricorre la Giornata mondiale della gentilezza, una ricorrenza nata dall’iniziativa di gruppi umanitari e dalla loro Dichiarazione della gentilezza risalente al 13 novembre 1997, ricorrenza osservata dal 1998 da Canada, Giappone, Australia, Nigeria, Emirati Arabi Uniti, -dal 2009- da Italia, India e Singapore e dal 2010 da Gran Bretagna. Sono stati i giapponesi a promuovere questa iniziativa: la giornata è nata in Giappone grazie al Japan Small Kindness Movement, fondato nel 1988 a Tokyo, dove due anni prima si era costituito un primo gruppo di organizzazioni riunito nel World Kindness Movement (Movimento mondiale per la Gentilezza). 
 
Una giornata non cambia gli stili di vita è chiaro ma ha il valore di accendere una luce per riflettere sull’importanza della gentilezza e sul circolo virtuoso che innesca. Compiere un atto gentile ci rende, infatti, più felici. Chi è felice tende poi a sua volta a essere gentile con gli altri. Dire grazie, prego, scusa, per favore va infatti al di là della buona educazione per diventare atteggiamento e modo di essere. 
 
– Se vuoi essere amato, ama e sii amabile diceva Benjamin Franklin 
– Tre cose sono importanti nella vita umana: la prima è essere gentili, la seconda è essere gentili e la terza è essere gentili (cit. Henry James);
– Dove c’è l’educazione non c’è distinzione di classe (cit. Confucio)
 
Da circa 20 anni il 13 novembre le persone sono incoraggiate a fare la propria, personale dichiarazione di gentilezza: regalando libri, cibo o vestiti agli altri membri della comunità.
 
Abitudini, tradizioni e celebrazioni
 
La Giornata della gentilezza si festeggia in modi diversi in tutto il mondo. Alcuni organizzano flash mob, altri partecipano invece ad eventi caritatevoli. La ricorrenza viene celebrata negli Stati Uniti, in Italia, Emirati Arabi, India, Singapore, Nigeria, Giappone, Australia e Canada. In ogni luogo, però, ad essere al centro dell’attenzione sono sempre i piccoli gesti, come aprire la porta a uno sconosciuto, aiutare un vicino, lasciare al partner il controllo del telecomando per una sera o pagare il caffè a un amico. Ecco dall’app per le lingue Babbel una ricerca su come ‘si festeggia’ la gentilezza nel mondo.
 
In Italia risale ad almeno un centinaio di anni la tradizione, tutta napoletana, de ‘o cafè suspiso. In cosa consiste? Ci si prende un caffè al bancone, poi si va alla cassa e se ne pagano due invece che uno. In questo modo, chi non può permetterselo può entrare al bar e chiedere se per caso ci sia un “caffè in sospeso”, disponibile e gratuito. Le due persone coinvolte non si incontrano mai, è vero, ma in qualche modo gustano un caffè assieme. Da qualche anno poi, con l’inizio della crisi, questa bella tradizione sembra essersi diffusa in tutta Italia, approdando addirittura nei bar di altri paesi europei.
 
Altri esempi di gentilezza nel mondo:
 
Giappone 
La senbetsu è la tradizione nipponica di fare un regalo a qualcuno alla vigilia di un viaggio. Allo stesso modo, però, è anche un dono d’addio per chi se ne sta andando o sta cambiando lavoro. Dietro questo gesto c’è la consapevolezza della difficoltà che ogni grosso cambiamento comporta. Un mazzo di fiori, quindi, ha il compito di addolcire il passaggio alla prossima tappa. Non è solo un atto di gentilezza, ma anche un buon augurio per il futuro!
 
Israele
 
La tradizione del Mishloach Manot (“dare una porzione”) prevede che, in occasione di Purim, ogni persona di religione ebraica che abbia già celebrato il suo Bar o Bat Mitzvah doni almeno due diversi tipi di pietanze per la festa. A finire nel cesto di Purim sono solitamente vino e dolci, specialmente i biscotti triangolari chiamati hamentashen. Grazie a questa mitvah (“buona azione”) tutti hanno così abbastanza da mangiare in occasione della festa.
 
Myanmar
Circa l’1% della popolazione del Myanmar è formata da monaci buddisti. La loro sopravvivenza dipende in gran parte dalle donazioni, siano queste in forma di cibo o denaro. I monaci condividono poi il cibo ricevuto con i poveri, offrendo ciotole di riso al curry ai più bisognosi. Questo circolo del dare e ricevere è valso al Myanmar il titolo di “Nazione più caritatevole del mondo”, conferitogli dalla CAF (Charities Aid Foundation) ed è la dimostrazione che, nonostante l’elevato tasso di povertà che contraddistingue il paese, la generosità non ha a che fare solo con la ricchezza: è tutta una questione di buon cuore.
 
Spagna
Le persone che ogni anno percorrono, in tutto o in parte, i circa 800 chilometri che formano il Cammino di Santiago compiono uno dei pellegrinaggi più popolari della tradizione cattolica. Lungo il tragitto, sono numerosissimi i gesti di gentilezza che vengono abitualmente destinati ai pellegrini: dai rifugi a basso costo o gratuiti; agli abbracci gratis, dati e ricevuti; fino all’offerta di acqua pulita. Bodegas Irache, un ex monastero lungo la strada, si spinge però ancora più in là, offrendo a camminatori e ciclisti del vino “per fare un brindisi alla felicità”.
 
Sudafrica
L’Ubuntu è una filosofia sudafricana, molto nota e seguita anche in Malawi e Zimbabwe, che definisce il senso di umanità attraverso i rapporti umani e la gentilezza che dimostriamo al nostro prossimo. Ci ricorda, infatti, che ogni essere umano è parte di un legame universale e che quindi siamo più forti quando lavoriamo assieme piuttosto che da soli. Per questo motivo, chi segue l’Ubuntu accoglie sempre con benevolenza anche i viaggiatori sconosciuti che si avventurano in quella regione del mondo. Commemorando Nelson Mandela, l’ex presidente americano Barack Obama ha utilizzato la parola Ubuntu per descrivere il modo in cui Mandela ha vissuto la propria vita: nel segno del perdono, della compassione e dell’amore per gli altri, anche per quelli che gli avevano fatto del male. Regola di vita basata sul rispetto e gentilezza, l’Ubuntu continua a crescere e a diffondersi in tutta l’Africa e nel mondo.
 
Filippine
Nella lingua locale esiste una parola per definire l’azione di aiutare coloro che si trovano in una situazione di bisogno temporaneo. Il termine tulong può però assumere molte forme diverse: dalla condivisione di cibo, alle offerte in denaro o di un letto per dormire. Pur essendo nato come un gesto solidale tra membri della stessa famiglia (per esempio, in seguito alle migrazioni interne tra un’isola e l’altra), con il passare del tempo il suo significato si è evoluto includendo diversi tipi di sostegno, oltre che regali ai non appartenenti alla famiglia. Per esempio, il Tulong-aral è un gesto di aiuto specifico che riguarda l’istruzione. Il tulong ha inoltre giocato un ruolo tangibile dopo l’ondata di disastri naturali (i recenti tifoni, terremoti ed eruzioni) che hanno provocato disagi a migliaia di persone nelle diverse isole dell’arcipelago filippino.
 
Cina
Il Mudita è l’esatto opposto dell’invidia e della meschinità. È la felicità che proviamo quando qualcun altro è baciato dalla fortuna e, secondo la tradizione buddista, è la pratica (attenzione, parola-chiave!) della gioia altruistica. Anche il termine yiddish naches ha un significato simile. Praticare il mudita attraverso la meditazione e la consapevolezza porta a un apprezzamento degli altri come esseri “ricchi di sfumature” ed è uno dei prerequisiti per raggiungere l’Illuminazione. Le manifestazioni del mudita includono la celebrazione della realizzazione personale di un amico oppure l’atto di trasmettere conoscenze ai propri sottoposti in ambito lavorativo.
 
Online / internazionale
 
Reddit’s Random Acts of Pizza è un sito da cui si può ordinare e far consegnare a casa di qualcuno del cibo, senza alcun motivo specifico. A volte il donatore ottiene qualcosa in cambio, per esempio un’opera d’arte creata da chi ha ricevuto la pizza. L’idea di fondo, però, è quella di donare semplicemente perché ce lo si può permettere. È davvero semplice e, cosa ancora più sorprendente, dimostra che gli sconosciuti su internet sono capaci di compiere atti di gentilezza.
 
Italiano: Giornata della Gentilezza
Tedesco: Welt-Nettigkeitstag
Spagnolo: Día de la Bondad
Francese: Journée de la gentillesse
Portoghese: Dia da Bondade
Svedese: Snällhetsdagen
Turco: Dünya İyilik Günü
Indonesiano: Hari Kebaikan Dunia
Russo: Den’ dobroty День доброты
Danese: Venlighedsdag
 
In realtà, il 13 novembre è il giorno clou della Settimana Mondiale della Gentilezza, che in tutto il mondo viene dedicata alla divulgazione di quel che davvero significa essere gentili. E cioè comportarsi in modo da mettere al centro la cura e l’attenzione per gli altri.
 
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Sai davvero cos’è la gentilezza? Innanzitutto, è cortesia, buona educazione, buone maniere . Dire grazie, per favore, prego, scusa. Ma non basta. Gentilezza è anche essere una brava persona: altruista, generosa e disponibile con gli altri, in modo disinteressato. 
La gentilezza fa bene non solo a chi la riceve, cioè a tutti coloro che ti stanno intorno, ma soprattutto a chi la fa . Per riflesso sicuramente, ma anche per appagamento del tuo senso del dovere. Per di più fa bene anche al tuo cuore, rendendoti sereno e rilassato! 
Ecco quindi tanti motivi in più per imparare a praticarla senza sforzi e con un po’ di attenzione verso il prossimo. E non solo nel giornata mondiale della gentilezza ma ogni giorno della tua vita.
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un papa dalla grande “potenza semiotica” – un libro di due professori di semiologia

papa Francesco

un papa “pop” dalla grande “potenza semiotica

intervista a Paolo Peverini e Anna Maria Lorusso, curatori del libro “Il racconto di Francesco”

in anteprima alcuni dettagli sul portale unico dei media vaticani

Papa Francesco è un “Papa pop”, un “Papa leader” che “produce senso”, che comunica “semplicità”, rivelando una grande “potenza semiotica”. Jorge Mario Bergoglio, a quasi cinque anni dall’elezione al soglio di Pietro, è stato capace di “ridefinire alcune aree di senso della cristianità e forse del più generale vivere insieme”. È questo che sottolinea il libro appena pubblicato dalla Luiss University Press

“Il racconto di Francesco. La comunicazione del Papa nell’era della connessione globale”

che sarà presentato per la prima volta alla stampa giovedì 9 novembre nella sede romana della Rai, nella Sala degli Arazzi di viale Mazzini, alla presenza del presidente Rai, Monica Maggioni, e del prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, mons. Dario Edoardo Viganò.

Il Sir ha incontrato in anteprima i due curatori del volume, i semiologi Paolo Peverini (Università Luiss “Guido Carli”, consultore per la Segreteria per la comunicazione) e Anna Maria Lorusso (Università di Bologna), che coinvolgendo altri noti studiosi – tra cui Ruggero Eugeni, Isabella Pezzini e Maria Pia Pozzato – hanno realizzato un’attenta analisi della comunicazione di Papa Francesco, offrendo una prospettiva inedita d’indagine grazie agli strumenti della Semiotica.
Tra le particolarità della pubblicazione c’è un’importante esclusiva: nel suo saggio Peverini, nell’approfondire la comunicazione del Pontefice, richiama alcuni aspetti del nuovo portale unico dei media della Santa Sede, in corso di messa a punto con la riforma, avendo potuto visionare il progetto grazie alla Segreteria per la comunicazione.

Anzitutto il libro, “Il racconto di Francesco”. Nel testo sottolineate come Papa Francesco rappresenti un’occasione particolarmente “ghiotta” per la semiotica.
Papa Francesco è dal nostro punto di vista una specie di potente “macchina semiotica”. Tutti noi, in quanto soggetti umani, siamo macchine semiotiche, nel senso che produciamo senso continuamente, inevitabilmente, talvolta inconsapevolmente, con tutto il nostro fare (non solo quando parliamo ma quando ci vestiamo, gesticoliamo, fotografiamo, etc.). In Papa Francesco, però, è come se le diverse dimensioni della comunicazione assumessero piena visibilità; la sua capacità di ridare significatività e attenzione a modi di essere spesso non marcati, percepiti come casuali (dove si abita, come si telefona, che scarpe si indossano…), è davvero straordinaria e

il modo in cui riesce a far convivere spontaneità e coerenza (quasi programmatica) potrebbero essere una lezione per tutti coloro che si chiedono, a tavolino, come si realizza una comunicazione strategica.

Di fatto il suo modo di comunicare rinnova i codici della comunicazione istituzionale e rituale quasi a ogni passo; il suo modo di restare in equilibrio fra rinnovamento continuo e riconoscibilità, fra immediatezza e carismaticità, costituisce a nostro avviso un caso piuttosto unico di comunicazione pubblica.

 

 

È molto interessante, di fatto unica, la prospettiva che offrite nel tratteggiare la comunicazione di Francesco, concentrandovi su come il Papa ridefinisce alcune aree di senso della cristianità.
La domanda da cui siamo partiti, nel riflettere su Papa Francesco, aveva sostanzialmente a che fare col suo “successo”, ovvero col fatto che fosse riuscito in poco tempo a ridare credibilità alla Chiesa, a conquistare il consenso di fasce anche non cattoliche di popolazione, che fosse riuscito a stabilire un legame “diretto” con la gente. Tutto ciò ha a che fare certamente col suo modo di comunicare, ma in un senso molto più radicale ed esteso di quanto “comunicazione pubblica” possa far intendere. Si trattava per noi di indagare il suo modo di essere tout court, anche quando apparentemente non comunica (certe scelte pragmatiche ad esempio, come indossare un determinato orologio o un certo crocifisso) o anche quando non è lui direttamente il responsabile di un certo discorso sulla Chiesa (come nella gestione dei film su di lui) o quando si affida alla sua rete mediatica vaticana. Attraverso questa riflessione a 360° ci siamo resi conto che la grandezza semiotica di Papa Francesco consiste proprio in una cifra ricorrente, che ridefinisce certi spazi, certi riti e certe pratiche della cristianità.

Papa Francesco riesce a rinnovare la Chiesa standoci dentro; ne rispetta i riti ma li reinterpreta (ad esempio, iniziando il suo primo discorso con il famoso “Buonasera!”), ne rispetta gli spazi ma preferisce percorsi marginali (Santa Marta…), sceglie di immergersi fra la gente ma conserva e anzi accresce il suo carisma. Il suo modo di rinnovare il ruolo papale ha a che fare con la sintesi degli opposti, non con l’esclusione e la frattura.

Perché Papa Francesco è considerato “pop”?
Ci sono tante ragioni per cui possiamo definire Papa Francesco “pop”. È pop perché ricorre a un linguaggio irrituale, perché è in grado di declinare contenuti complessi in forme brevi (si pensi al grande successo dei suoi messaggi su Twitter), manifesta curiosità nei confronti di forme attuali di autorappresentazione come i selfie. Privilegia il contatto diretto con l’interlocutore scegliendo il mezzo del telefono; valorizza modi di dire diretti e azioni di vita quotidiana, come l’andare nei negozi. Allo stesso tempo, tuttavia, Papa Francesco riesce a declinare il suo messaggio all’interno di grandi eventi mediali come il discorso tenuto in lingua spagnola in occasione del Super Bowl e incentrato sui valori della pace, dell’amicizia e della solidarietà.

È pop perché alla sacralità che crea distanza preferisce modi espressivi che non solo riducono le distanze ma mirano all’inclusione. È pop perché è amato dalla gente, perché la gente lo sente vicino, lo sente “uno di loro”, in una strana unione tra carisma e normalità.

In ultimo, avete avuto una straordinaria opportunità, la possibilità di visionare e studiare in anteprima il nuovo portale dell’informazione vaticana (SpC) che verrà lanciato nei prossimi mesi. Cosa ci potete svelare?
Grazie alla disponibilità della Segreteria per la comunicazione e in primo luogo del prefetto, mons. Dario Edoardo Viganò, abbiamo avuto l’opportunità preziosa di visionare in anteprima una prima versione (tuttora in fase di evoluzione) del nuovo portale dell’informazione. Da studiosi, quello che ci interessava era in primo luogo prendere in esame la correlazione tra i valori a fondamento del pontificato di Francesco e l’esordio del nuovo portale, un’operazione di portata strategica mirata per la prima volta a riunificare tutti i media della Santa Sede in un’unica struttura fondata sulle logiche dell’efficienza e della convergenza mediale. Secondo questa prospettiva, l’aspetto che ci sembra più significativo è che

il nuovo portale si fonda sul tentativo di operare una sintesi tra la dimensione “apostolica” e quella “informativa”.

Al suo fondamento ci sarebbe cioè una strategia di comunicazione volta a ridurre la distanza con il destinatario, ribadendo l’esigenza della vicinanza all’altro, del dialogo multiculturale e interreligioso. L’invito all’inclusione, all’incontro, temi centrali nell’idea di Chiesa sollecitata e prefigurata da Francesco sin dalla sua elezione al soglio di Pietro, vengono declinati in modo esplicito nel nuovo portale, assumendo un valore simbolico che trascende la dimensione dell’usabilità (i cui criteri sul piano tecnico sono stati in ogni caso ampiamente rispettati).

 

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