il vangelo della domenica commentato da padre Maggi

GESÙ DIGIUNA PER QUARANTA GIORNI NEL DESERTO ED È TENTATO

commento al vangelo della prima domenica di quaresima (5 marzo 2017) di p. Alberto Maggi:

Mt 4,1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

I quattro monti che appaiono nel vangelo di Matteo, sono collegati, sono in relazione l’uno con l’altro: al monte delle beatitudini, corrisponderà il monte della resurrezione, cioè, vivendo le beatitudini, si ha una vita capace di superare la morte; al monte delle tentazioni, dove il diavolo offre la condizione divina a Gesù, basta che adora il potere, corrisponderà il monte della trasfigurazione, dove Gesù dimostrerà che la condizione divina non si ottiene attraverso il potere, ma attraverso l’amore, attraverso il dono generoso di sé. Vediamo questo capitolo quarto del vangelo di Matteo, dove vengono presentate queste tentazioni di Gesù, che, per comprenderle meglio, dobbiamo metterle nel loro contesto, non si tratta di tentazioni, le tentazioni sembrano qualcosa che spinge al male, al peccato, nulla di tutto questo. Il diavolo, come adesso vedremo, non si presenta come un avversario di Gesù, ma come un suo collaboratore, uno che vuole il suo successo. Vediamo. “Allora Gesù”, l’allora lega il brano dell’evangelista al battesimo nello Spirito, quindi Gesù è pieno dello Spirito, e lo Spirito gli è stato dato perché lui si è impegnato a manifestare fedelmente la realtà di Dio, “fu condotto dallo Spirito nel deserto”, il deserto richiama tante cose, richiama l’esodo, il cammino della liberazione, richiama il periodo della prova e anche richiama il luogo del potere, dove i banditi, coloro che volevano conquistare il potere, si radunavano, “per essere tentato dal diavolo”, è da ricordare che il diavolo, nel vangelo di Matteo, appare soltanto in questo unico episodio. “Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti”, quaranta indica una generazione, l’evangelista vuol far comprendere: attenzione, questa che adesso sto presentando, non è un limitato periodo della vita di Gesù, ma tutta la vita Gesù, tutta la sua esistenza, fu sottoposto a queste seduzioni. È importante che l’evangelista sottolinea che il digiuno è quaranta giorni e quaranta notti, per indicare che non è il digiuno religioso, che inizia all’alba e termina al tramonto, ma è una prova di forza, perché l’evangelista vuol mostrare che Gesù è uguale, è superiore a Elia, a
Mosè, gli altri che hanno digiunato quaranta giorni e quaranta notti. “Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio”, il tentatore non mette in dubbio che Gesù sia il figlio di Dio – al momento del battesimo c’è stata la proclamazione da parte di Dio: questo è mio figlio – ma lo invita, potremmo tradurre meglio per comprendere meglio: giacché sei il figlio di Dio, cioè sei il figlio di Dio? Allora manifesta il tuo potere, perché questa è l’opposizione che c’è nel vangelo: mentre Dio è amore che si manifesta nel servizio, il diavolo è il potere che si manifesta nel dominio. Allora questo tentatore dice: giacché sei il figlio di Dio, “di’ che queste pietre diventino pane»”, cioè usa le tue capacità, il tuo potere, per te stesso. Ma Gesù risponde, e risponderà ogni volta, citando la parola del Signore: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»”. Quindi Gesù esprime la sua piena fiducia nell’azione del Padre, nel mettere in pratica la sua parola, e Gesù, nel corso del vangelo si vedrà, non userà le propria capacità per alimentare se stesso, ma lui, il figlio di Dio, si farà pane, alimento di vita, per gli altri. “Allora il diavolo lo portò nella città santa”, sotto le vesti del diavolo qui l’evangelista sta anticipando quella che sarà l’azione dei farisei, dei sadducei, dei dottori della legge, tutta l’istituzione religiosa. Il diavolo non si presenta come un nemico, un rivale di Dio, il peccatore, ma il diavolo c’ha i suoi adepti proprio nella casta sacerdotale al potere, che vuole detenere appunto il dominio. Lo porta nella città santa e “lo pose sul punto più alto del tempio”, questo diavolo evidentemente non solo conosce la scrittura, ma conosce anche gli apocrifi, perché nel libro di Ezra, un apocrifo del tempo, si diceva che il messia si sarebbe manifestato apparendo all’improvviso sul punto più alto del tempio di Gerusalemme, questo nel quarto libro di Ezra, un apocrifo. Quindi il diavolo è un acuto conoscitore della scrittura e di tutto il resto. “E gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio,” di nuovo giacché sei il figlio di Dio, l’invito del diavolo è lo stesso che faranno poi, quando Gesù sarà crocifisso, i sommi sacerdoti, gli scribi, gli anziani: se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce, quindi manifesta il tuo potere, “gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo”, cioè gli dice: tu sei il figlio di Dio, fai quello che la gente si aspetta, la gente si aspetta che tu appari improvvisamente nel tempio, mettici un tocco di più, gettati giù con uno spettacolo, che gli angeli ti faranno da gradini. E qui il diavolo, come dicevo perfetto conoscitore della scrittura, cita lui il salmo 91. Ma Gesù, anche questa volta, gli risponde: “non metterai alla prova il signore Dio tuo”, è tutta una serie di richiami ad episodi della vita di Israele, della mancanza di fiducia. La terza volta non è uguale alle altre: nelle prime due tentazioni o seduzioni, il diavolo ha giocato la carta del messia, la carta religiosa, ora il diavolo tira fuori l’asso dalla manica, tira fuori una carta che sa che tutti quanti cedono a questo potere, a questo fascino, il potere della ricchezza. “Questa volta”, quindi non di nuovo, “questa volta il diavolo lo portò sopra un monte altissimo”, il monte altissimo indica il luogo dove abitavano gli dei, cioè la condizione divina, cioè il diavolo gli offre la condizione divina. Vuoi essere colui che conquista il mondo? Vuoi essere l’atteso delle genti? Devi avere la condizione divina, e la condizione divina come si ha? Attraverso la ricchezza, attraverso il potere. “E  gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò”, quindi sembra quasi – e nel vangelo di Luca infatti dice: tutte queste cose sono mie – che il diavolo sia lui il detentore della ricchezza, del potere, quindi coloro che detengono ricchezza e potere, non gli viene dato da Dio, ma gli viene dal diavolo. “Tutte queste cose io ti darò se”, c’è un piccolo particolare, “se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Quindi il diavolo offre a Gesù la condizione divina attraverso l’adorazione del potere, della gloria, e del successo. Ma, come abbiamo detto all’inizio, Gesù risponderà a questa tentazione portando il suo tentatore, nella figura di Pietro, l’unico discepolo al quale Gesù si rivolgerà chiamandolo satana, sul monte della trasfigurazione. Nel monte della trasfigurazione Gesù dimostra che la condizione divina non si ottiene attraverso l’adorazione del potere, ma attraverso il dono generoso di se  stesso. “Allora Gesù gli rispose: «Vattene, satana!”, lo stesso appellativo che rivolgerà a Pietro, che sarà il suo satana nel vangelo, quindi Gesù lo rifiuta, “Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”»”, è il pericolo dell’idolatria, qui c’è tutto il richiamo al vitello d’oro, alla contaminazione d’Israele con i popoli pagani. “Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli”, gli angeli sono i collaboratori di Gesù, “gli si avvicinarono e lo servivano”, ottiene la protezione degli angeli proprio rifiutando la tentazione, la seduzione. Quindi, riassumendo, non sono tentazioni al male, ma sono seduzioni che Gesù patirà per tutta la sua vita, e da parte dell’istituzione religiosa, ma anche da parte dei suoi stessi discepoli.

 

 

 

 

 

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a proposito delle donne rom rinchiuse in una gabbia

operatori nella pastorale tra i rom e amici dei rom di fronte alla inumana violenza operata a due donne rom rinchiuse in un gabbiotto e apostrofate e umiliate con cinici sghignazzi moltiplicati viralmente on line

 

 

 

La vicende delle 2 donne Rom rinchiuse in una gabbia per la raccolta di cartone e di materiale buttato tra i rifiuti di un supermercato a Follonica, ha suscitato contrastanti reazioni, moltissime sui social media, meno sui quotidiani. Ammirevoli alcune prese di posizioni, come quella del sindaco della stessa Follonica che ha condannato senza alcuna riserva il gesto, le parole di un sacerdote intervistato (di Follonica?) che ha manifestato il suo sbigottimento per quel gesto, come pure l’immediata presa di posizione della direzione del Supermercato. Ma non si contano quanti hanno applaudito i sequestratori, andando ben oltre un semplice commento di irrisione. A distanza di pochi giorni la notizia è scomparsa, già rimossa.

Gli autori di questo gesto hanno anche voluto filmare la scena con le grida disperate delle due povere donne in trappola, mentre i dipendenti si divertivano e ridevano soddisfatti e hanno postato il filmato su Facebook come fosse un “trofeo di vittoria” , di disprezzo e intolleranza da immortalare e sventolare. Anche facendo le debite differenze , la spettacolarizzazione e l’esibizione delle sofferenze e dell’umiliazione di queste due donne rom, richiama l’esposizione e l’esecuzione pubblica dei loro ostaggi da parte di gruppi e movimenti che hanno fatto della disumanizzazione di chi non è come loro, uno strumento di minacciosa propaganda e violenze. Certo, i tre giovani dipendenti di Follonica non avevano l’intenzione di giustiziare nessuno, ma i commenti di approvazione del loro operato, apparsi sul Social, erano messaggi di incitamento esplicito alla violenza, ad usare il fuoco per eliminare i rom, e di esaltazione del razzismo. La barbarie sembra attraversare impunemente i nostri confini, non solo quelli geografici, fino ad annidarsi fin dentro i nostri cuori e menti. Fino a far ritenere la cosa, come normale, legittima.

C’è materia su cui riflettere molto..

La dignità di 2 povere donne è stata umiliata, calpestata, derisa… e non sono molti i movimenti e le associazione in difesa della donna che abbiano sentito il bisogno di fare sentire la loro voce, contro un maschilismo così becero, arrogante e xenofobo.
Anche lo scarto, la spazzatura di un Centro commerciale, hanno più importanza delle persone e della loro dignità, soprattutto se si tratta di due donne Rom. Gli scarti di un centro commerciale vanno tutelati, più degli “scarti umani” che la nostra società produce.

“Non potete servire Dio e la ricchezza.” (Mt. 6,24)

Domenica scorsa abbiamo ascoltato nel vangelo questa affermazione perentoria di Gesù. Per la comunità cristiana, servire Dio porta a sentirci custodi dei nostri fratelli e alla luce del Vangelo di Gesù, soprattutto dei più deboli, dei poveri, degli ultimi. Servire Dio nell’umanità. Fingere di servire Dio, porta facilmente un “credente” a sostituire la cura del fratello, con la custodia di altre “cose”. Invece di custodire i fratelli, rischiamo di fare spazio solo a cose, oggetti, proprietà. E i poveri, i migranti, i rom diventano, in questa prospettiva, dei concorrenti anche per la spazzatura, degli intralci al nostro benessere e dominio, al nostro stile di vita da salvaguardare, costi quello che costi, per cui si arriva a considerare normale le “trappole per i rom”.

Dio sempre include, abbraccia, rialza chi è caduto, libera i prigionieri, ascolta i deboli. Mammona (la ricchezza), invece esclude, divide, ingabbia, crea disparità e produce persone indifferenti e incapaci di ascoltare il grido di sofferenza e di disperazione che oggi, soprattutto è quello dei migranti, ingabbiati nei centri di accoglienza, a causa delle nostre paure e di un sistema che produce poveri e ne mortifica la speranza, abbandonandoli alla mercé degli interessi economici subdoli, a volte camuffati di servizio sociale.

È lo stesso grido di aiuto e disperazione di tanti Rom quando vengono sgomberati dalle loro povere baracche, abbattute senza pietà e vengono espulsi dalle città in nome degli idoli della sicurezza, del decoro dell’arredo urbano, dell’ordine disumano che vi regnano. Le stesse politiche sociali, nazionali e locali, che dovrebbero integrare i Rom, si rivelano, per lo più, come ulteriore gabbia non meno violente e progettate solo per controllare, opprimere ed escludere un mondo visto con gli occhi dell’intolleranza a della diffidenza.

Come rispondere a questa deriva di pregiudizi, di intolleranza, di negazione di chi appare diverso?

Non ci sono ricette precostituite, né soluzioni facili specie oggi che comportamenti come questi del supermercato di Follonica contro le due donne rom, sembrano trovare l’approvazione di tanti. Deve restare però come punto di partenza fermo, la scelta di campo: la scelta di stare dalla parte dei poveri, dei deboli, degli scartati, di quelli che per vivere, hanno persino bisogno di rovistare, rischiando aggressioni e violenze, tra la spazzatura di un supermercato.

Domani la comunità cristiana inizia il cammino quaresimale con l’imposizioni della cenere sulla nostra testa, ci auguriamo che sia una possibilità concreta per riconoscere le nostre colpe, anche del silenzio ecclesiale, che in questa vicenda ha mancato di far sentire la sua voce chiara, forte e autorevole. Che siano i poveri, gli scarti, “gli ingabbiati” a mettere sul nostro capo la cenere e pronunciare ai nostri cuori: “Convertitevi, e credete al Vangelo!”

28 Febbraio 2017

don Agostino Rota Martir – Pisa


Marcello Palagi e Franca Felici – Carrara

 

P. Luciano Meli – Lucca

 

 

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