la prudenza a cui richiama papa Francesco non è rinuncia all’accoglienza e chiusura

prudenza non è chiusura precauzionale

di Dominique Greiner
in “La Croix” del 3 novembre 2016 papa8

L’afflusso dei rifugiati provenienti dall’Iraq e dalla Siria non è una minaccia per la cultura cristiana del continente europeo? La risposta di papa Francesco alla domanda che gli è stata rivolta durante la conferenza stampa nel volo che lo riportava a Roma martedì pomeriggio, fa dei distinguo e merita di essere letta integralmente. Ha riaffermato la necessità di mantenere la distinzione tra rifugiati e migranti, ha ridetto che l’emigrazione è un diritto, ma un “diritto che deve essere regolato”, e ha ricordato che “l’Europa si è fatta di migrazioni”, con un’integrazione permanente di molte culture. “Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. Ma c’è anche la prudenza dei governanti, che devono essere molto aperti a riceverli ma anche a fare il calcolo di come poterli sistemare, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare», ha proseguito il papa. Affermazioni che sono state subito interpretate da alcuni come un’inflessione salutare di una posizione giudicata fino ad ora poco realistica e perfino ingenua. Ma sulle labbra di papa Francesco, prudenza non è sinonimo di chiusura precauzionale… Il governo prudente non è quello che decide di chiudere le frontiere, per paura, per egoismo, per convenienza, senza considerazione per le persone, ma quello che sa unire, da un lato, “rettitudine e severità” e dall’altro “bontà e dolcezza”, e soprattutto è quello che “calcola”, cioè accetta di guardare al di là del presente immediato per preparare il futuro. La prudenza non è una virtù che si può invocare per giustificare il ripiegamento in se stessi. È un principio di azione esigente.
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le bestemmie di Radio Maria sul terremoto

il Vaticano condanna Radio Maria:

“parole offensive e scandalose, i terremotati ci perdonino”

Il Vaticano ha duramente condannato le dichiarazioni pubbliche di padre Giovanni Cavalcoli, che il 30 ottobre scorso sostenne che il terremoto fosse un castigo divino per punire l’approvazione della legge sulle unioni civili

becciu

 

di Charlotte Matteini

Il Vaticano si dissocia pubblicamente e condanna le dichiarazioni di Padre Giovanni Cavalcoli di Radio Maria, che lo scorso 30 ottobre definì il terremoto del Centro Italia un castigo divino destinato all’Italia per aver approvato la legge sulle unioni civili. “Sono affermazioni offensive per i credenti e scandalose per chi non crede, datate al periodo precristiano e non rispondono alla teologia della Chiesa perché contrarie alla visione di Dio offertaci da Cristo. I terremotati ci perdonino, a loro va la solidarietà del Papa”, ha dichiarato monsignor Angelo Becciu, sostituto alla Segreteria di Stato e tra i più stretti collaboratori di Papa Francesco. “Cristo ci ha rivelato il volto di Dio amore non di un Dio capriccioso e vendicativo. Questa è una visione pagana, non cristiana”, ha sottolineato il Vaticano, sostenendo che “chi evoca il castigo divino ai microfoni di Radio Maria offende lo stesso nome della Madonna che dai credenti è vista come la Madre misericordiosa che si china sui figli piangenti e terge le loro lacrime soprattutto in momenti terribili come quelli del terremoto”.  faciata

“Radio Maria deve correggere i toni del suo linguaggio e conformarsi di più al Vangelo e al messaggio della misericordia e della solidarietà propugnato con passione da papa Francesco specie nell’anno giubilare. Non possiamo non chiedere perdono ai nostri fratelli colpiti dalla tragedia del terremoto per essere stati additati come vittime dell’ira di Dio. Sappiano invece che hanno la simpatia, la solidarietà e il sostegno del Papa, della Chiesa, di chi ha un briciolo di cuore”, ha concluso monsignor Becciu.
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Radio Maria insiste:

“Sisma provocato da unioni civili, il Vaticano ripassi il catechismo”

Padre Giovanni Cavalcoli, lo speaker che lo scorso 30 ottobre definì il terremoto un castigo di Dio per le unioni civili, non indietreggia di un passo e ribadisce la sua posizione, nonostante la dura condanna espressa dal Vaticanocavalcoli

http://video.corriere.it/padre-cavalcoli-la-zanzara-confermo-tutto-terremoti-provocati-peccati-dell-uomo/1ae0fcb4-a2c8-11e6-9bbc-76e0a0d7325e

A nulla è servita la dura condanna espressa dal Vaticano, che si è pubblicamente dissociato dalle affermazioni andate in onda lo scorso 30 ottobre, a poche ore dal tremendo sisma che ha colpito il Centro Italia. Nel corso della puntata da lui condotta, padre Giovanni Cavalcoli definì il terremoto un castigo divino voluto dal Signore per punire l’Italia e l’approvazione delle unioni civili. Ovviamente, le parole hanno infiammato la polemica e provocato le reazioni sdegnate di ascoltatori, Vescovi e perfino del Vaticano, che ha definito le affermazioni di Cavalcoli offensive e scandalose e chiesto perdono ai terremotati, sottolineando che quella visione espressa dallo speaker di Radio Maria non è affatto quella della moderna teologia della Chiesa, ma che risale al periodo precristiano e lontana dalla visione offerta da Cristo.

Nonostante la dura condanna del Vaticano, però, come anticipato, l’autore delle tanto conteste affermazioni, contattato dal programma radiofonico di Radio 24 “La Zanzara”, condotto da Giuseppe Cruciani, ha ribadito le sue posizioni, non arretrando di un millimetro: “Confermo tutto, terremoti provocati da peccati dell’uomo come le unioni civili. Il Vaticano? Che ripassi il catechismo”, ha commentato padre Cavalcoli.
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di fronte a tanta tracotante spietatezza e crudeltà ‘religiosa’ ben si addicono le parole dell”Amaca’ odierna di M. Serra:Serra

NO, il terremoto non è un castigo divino: lo rende noto anche la Santa Sede, invitando quelli di Radio Maria a chiudere il becco. Nel loro piccolo anche geologi e sismologi lo avevano già spiegato piuttosto chiaramente, che si tratta di assestamenti della crosta terrestre e non di rappresaglie celesti. Ma al netto di una verità che non richiedeva ulteriori conferme, un mistero rimane, ed è un mistero di molto superiore alle possibilità di interpretazione della scienza (che infatti, dinnanzi a Radio Maria, arretra): come fa l’essere umano a essere così meschino, e al tempo stesso così cretino, da attribuire un cataclisma naturale ai propri piccoli miserabili conticini con un Bene e un Male comunque relativi, così opinabili da mutare di Paese in Paese, di catechismo in catechismo e di faglia in faglia, così relativi che un terremotato giapponese e uno peruviano e uno marchigiano, anche qualora volessero pentirsi di qualcosa, non si pentirebbero per la stessa cosa. Le morali (e ancora di più i moralismi) sono minutaglie, appena briciole, appena scampoli di fronte alla grandiosità — lei sì religiosa, nel senso che tiene tutto insieme — della natura. Leggere un terremoto con un libriccino di regolette igienico-sessuali tra le mani è come guardare il Sole e chiedersi chi paga la bolletta. C’è una grettezza, nei bigotti, una piccolezza di sguardo, che spaventa perfino più del fanatismo. Esistesse il loro Dio, è a loro che riserverebbe le sue pene
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