lettera di un musulmano ai fratelli musulmani

la mia lettera ai fratelli musulmani:

“denunciamo chi sceglie il terrore”

l’appello di Tahar Ben Jelloun. “Dobbiamo scendere in massa nelle piazze e unirci contro Daesh”. “Non abbiamo bisogno di obbligare le nostre donne a coprirsi come fantasmi neri”

di TAHAR BEN JELLOUNTahar Ben Jelloun

L’Islam ci ha riuniti in una stessa casa, una nazione. Che lo vogliamo o no, apparteniamo tutti a quello spirito superiore che celebra la pace e la fratellanza. Nel nome “Islam” è contenuta la radice della parola “pace”. Ma ecco che da qualche tempo la nozione di pace è tradita, lacerata e calpestata da individui che pretendono di appartenere a questa nostra casa, ma hanno deciso di ricostruirla su basi di esclusione e fanatismo. Per questo si danno all’assassinio di innocenti. Un’aberrazione, una crudeltà che nessuna religione permette.

Oggi hanno superato una linea rossa: entrare nella chiesa di una piccola città della Normandia e aggredire un anziano, un prete, sgozzarlo come un agnello, ripetere il gesto su un’altra persona, lasciandola a terra nel suo sangue tra la vita e la morte, gridare il nome di Daesh e poi morire: è una dichiarazione di guerra di nuovo genere, una guerra di religione. Sappiamo quanto può durare, e come va a finire. Male, molto male.

Perciò dopo i massacri del 13 novembre a Parigi, la strage di Nizza e altri crimini individuali, siamo tutti chiamati a reagire: la comunità musulmana dei praticanti e di chi non lo è, voi ed io, i nostri figli, i nostri vicini. Non basta insorgere verbalmente, indignarsi ancora una volta e ripetere che “questo non è l’Islam”. Non è più sufficiente, e sempre più spesso non siamo creduti quando diciamo che l’Islam è una religione di pace e di tolleranza. Non possiamo più salvare l’Islam – o piuttosto – se vogliamo ristabilirlo nella sua verità e nella sua storia, dimostrare che l’Islam non è sgozzare un sacerdote, allora dobbiamo scendere in massa nelle piazze e unirci attorno a uno stesso messaggio: liberiamo l’Islam dalle grinfie di Daesh. Abbiamo paura perché proviamo rabbia. Ma la nostra rabbia è l’inizio di una resistenza, anzi di un cambiamento radicale di ciò che l’Islam è in Europa.

Se l’Europa ci ha accolti, è perché aveva bisogno della nostra forza lavoro. Se nel 1975 la Francia ha deciso il ricongiungimento famigliare, lo ha fatto per dare un volto umano all’immigrazione. Perciò dobbiamo adattarci al diritto e alle leggi della Repubblica. Rinunciare a tutti i segni provocatori di appartenenza alla religione di Maometto. Non abbiamo bisogno di obbligare le nostre donne a coprirsi come fantasmi neri che per strada spaventano i bambini. Non abbiamo il diritto di impedire a un medico di auscultare una donna musulmana, né di pretendere piscine per sole donne. Così come non abbiamo il diritto di lasciar fare questi criminali, se decidono che la loro vita non ha più importanza e la offrono a Daesh.Tahar Ben Jelloun1

Non solo: dobbiamo denunciare chi tra noi è tentato da questa criminale avventura. Non è delazione, ma al contrario un atto di coraggio, per garantire la sicurezza a tutti. Sapete bene che in ogni massacro si contano tra le vittime musulmani innocenti. Dobbiamo essere vigilanti a 360 gradi. Perciò è necessario che le istanze religiose si muovano e facciano appello a milioni di cittadini appartenenti alla casa dell’Islam, credenti o meno, perché scendano nelle piazze per denunciare a voce alta questo nemico, per dire che chi sgozza un prete fa scorrere il sangue dell’innocente sul volto dell’Islam.

Se continuiamo a guardare passivamente ciò che si sta tramando davanti a noi, presto o tardi saremo complici di questi assassini.

Apparteniamo alla stessa nazione, ma non  per questo siamo “fratelli”. Oggi però, per provare che vale la pena di appartenere alla stessa casa, alla stessa nazione, dobbiamo reagire. Altrimenti non ci resterà altro che fare le valigie e tornare al Paese natale.

image_pdfimage_print

la pulizia etnica in Toscana

‘Nazione Rom’ sugli sgomberi:

“in Toscana si fa pulizia etnica!”

rom1


“Stamani a Cascina, Pisa, zona San Prospero, l’ultimo sgombero di famiglie Rom. Sul posto direttamente il Sindaco Susanna Ceccardi insieme a Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia Municipale.  Alle famiglie sono state requisite le roulotte unica abitazione posseduta e non è stata garantita nessuna soluzione abitativa alternativa. Sono gli effetti dell’ordinanza emanata dal Sindaco recentemente eletto nelle liste della Lega Nord.

Prima di lei, il Sindaco di Portoferraio, seguito da tutti i Sindaci dell’Isola d’Elba, aveva emanato un’altra ordinanza fortemente contestata dalla Prefettura di Livorno. Altre famiglie Rom allontanate dal territorio senza nessuna soluzione abitativa offerta per i cittadini sgomberati. 

Anche a Livorno, negli stessi giorni, in Via del Levante, altre famiglie di etnia Rom, tutte poverissime venivano cacciate e le loro precarie abitazioni distrutte.

Nessuna alternativa abitativa veniva offerta dal Sindaco Filippo Nogarin eletto nella lista del Movimento 5 Stelle. 

Ieri a Viareggio, in Provincia di Lucca, altre famiglie di etnia Rom sgomberate da un casolare nei pressi di Torre del Lago. Nessuna soluzione alternativa offerta.

rom

A Firenze mentre ripartono le campagne mediatiche razziste e diffamatorie anti Rom, da parte delle testate giornalistiche, sulla Stazione Fs di Santa Maria Novella, il Sindaco Dario Nardella eletto nelle liste del Partito Democratico, continua a cacciare i poveri dalla città. Emblematico il caso di Piazza Santissima Annunziata, dove si è recentemente recato l’Assessore alla Sicurezza Federico Gianassi. Questi, coadiuvato dalla Polizia Municipale, ha sequestrato i vestiti di giovani e poverissime donne Rom, accusate di usare le fontane pubbliche per rinfrescarsi dalla calura estiva ed usarle come lavatoio. Donne, intere famiglie che non hanno una casa ne un posto dove dormire.

Cosa succede nella “rossa” Toscana? E’ evidente. Siamo di fronte ad un tentativo di pulizia etnica della regione, un tentativo messo in atto da tutti i partiti rappresentanti nell’arco istituzionale: Partito Democratico, Cinque Stelle , Lega Nord. Questo è il nuovo partito della nazione. Un partito razzista incapace di risolvere positivamente i problemi di sicurezza, di vita, di abitazione, di lavoro dei cittadini. I Rom sono infatti cittadini come tutti gli altri. La pulizia etnica in corso una grave violazione dei diritti umani. Un quadro di illegalità istituzionali di rara gravità.

Nel frattempo la Città Metropolitane di Firenze ha ricevuto dalla Commissione Europea, nel corso del 2015, la cifra economica di 893 milioni di euro per un programma denominato PON METRO, denaro pubblico  investito sulle 14 città metropolitane, tra cui il capoluogo toscano. Il programma è gestito nazionalmente dall’Agenzia di Coesione Territoriale.  Altro denaro è stato ricevuto dalla Regione Toscana attraverso i programmi denominati Fes, Fesr, Feasr 2014 – 2020.  

Si tratta complessivamente della somma economica di 32 miliardi di euro, il 20% dei quali destinati all’inclusione sociale dei poveri, dei Rom, Sinti e Caminanti. Dove è finito questo denaro? Come mai i programmi di inclusione non vengono attuati dalle istituzioni fiorentine, toscane e nazionali?

In data 24 giugno 2016, Marcello Zuinisi legale rappresentante ANR si è rivolto alla Stazione dei Carabinieri di Viareggio ed alla Procura della Repubblica denunciando alcuni dei responsabili istituzionali della frode europea in corso in Italia: Matteo Renzi, Maria Elena Boschi ed Enrico Rossi sono tra questi.

 ANR chiede il rispetto della legge e dei programmi e la fine della pulizia etnica: non si combattono i poveri ma si combatte la povertà e le cause che la determinano. Questo l’unico modo per uscire dalla crisi che attanaglia Firenze, la Regione Toscana e l’intero paese”.

image_pdfimage_print

le cause delle migrazioni per papa Francesco

 

“di fronte al terrorismo islamico interroghiamoci su come abbiamo esportato la democrazia”

in un’intervista con «La Croix» il Papa torna a parlare dell’immigrazione causata dalle guerre in Medio Oriente e Africa e dal sottosviluppo, dei trafficanti di armi e dell’integrazione

 il papa intervistato da “La Croix”

 andrea tornielli   

«Di fronte al terrorismo islamico, sarebbe meglio interrogarci sul modo in cui un modello troppo occidentale di democrazia è stato esportato in paesi come l’Iraq». Papa Francesco ha concesso un’intervista esclusiva a La Croix, parlando di immigrazione, guerra e laicità.

 

Migranti, guerre e sottosviluppo

Alla domanda se il vecchio continente ha la capacità di accogliere così tanti immigrati, Francesco ha risposto in questo modo: «Questa è una domanda responsabile perché uno non può aprire le porte in modo irrazionale. Ma la domanda di fondo da farsi è perché ci sono così tanti migranti ora. I problemi iniziali sono le guerre in Medio Oriente e in Africa e il sottosviluppo del continente africano, che provoca la fame. Se ci sono guerre è perché ci sono fabbricanti di armi – che possono essere giustificati per propositi difensivi – e soprattutto trafficanti di armi. Se c’è così tanta disoccupazione, è per mancanza di investimenti capaci di portare il lavoro di cui l’Africa ha così tanto bisogno».

Il mercato totalmente libero non va

«Più in generale – ha insistito Francesco – ciò solleva il problema di un sistema economico mondiale che è caduto nell’idolatria del denaro. Più dell’80 per cento delle ricchezze dell’umanità sono nelle mani del 16 per cento della popolazione. Un mercato completamente libero non funziona. I mercati in sé sono un bene ma richiedono una parte terza o uno stato che li monitori e li bilanci. In altre parole ciò che serve è un’economia sociale di mercato».

Integrare e non ghettizzare gli immigrati

«Tornando ai migranti – ha continuato il Pontefice – la peggior forma di accoglienza è la ghettizzazione. Al contrario, è necessario integrarli. A Bruxelles, i terroristi erano belgi, figli di immigrati, ma cresciuti in un ghetto. A Londra, il nuovo sindaco (Sadiq Khan, figlio di musulmani pakistani, ndr) ha prestato il suo giuramento in una cattedrale e sicuramente incontrerà la regina. Questo mostra la necessità che l’Europa riscopra la sua capacità di integrare. Penso qui a Gregorio Magno, che aveva negoziato con popoli conosciuti come barbari, i quali si sono poi integrati. Questa integrazione è tanto più necessaria in quanto oggi, a seguito di una ricerca egoistica del benessere, l’Europa sta vivendo il grave problema di un tasso di natalità in declino».

Paura della conquista islamica

Francesco ha quindi risposto a una domanda sulla paura dell’islam nelle società europee. «Oggi io non credo che ci sia paura dell’islam – ha detto – ma dell’Isis e della sua guerra di conquista che è in parte tratta dall’islam. È vero che l’idea della conquista appartiene allo spirito dell’islam. Ma si potrebbe interpretare secondo la stessa idea di conquista la fine del Vangelo di Matteo, quando Gesù invia i suoi discepoli a tutte le nazioni. Di fronte al terrorismo islamico, sarebbe meglio interrogarci sul modo in cui un modello troppo occidentale di democrazia è stato esportato in paesi come l’Iraq, dove un governo forte esisteva in precedenza. Oppure, in Libia, dove esiste una struttura tribale. Non possiamo andare avanti senza prendere in considerazione queste culture. Come ha detto di recente un libico: “Eravamo abituati ad avere un Gheddafi, ora ne abbiamo cinquanta.” La coesistenza tra cristiani e musulmani è ancora possibile. Io provengo da un paese dove coabitano bene».

Laicità e religione in ambito pubblico

Il Papa ha risposto anche a una domanda sul modello della «laicité» francese. «Gli stati devono essere secolari, quelli confessionali finiscono male – ha detto – Sono contro la storia. Io credo che una versione della laicità, accompagnata da una solida legge che garantisca la libertà di religione, offra un quadro di riferimento per andare avanti. Siamo tutti figli e figlie di Dio, con la nostra personale dignità. Ognuno deve avere la libertà di esprimere la propria fede. Se una donna musulmana vuole indossare il velo, deve poterlo fare. Allo stesso modo, se un cattolico vuole indossare una croce. Le persone devono essere libere di professare la loro fede nel cuore delle loro proprie culture e non ai loro margini. La modesta critica che io vorrei rivolgere alla Francia riguarda il fatto che esagera con la laicità. Questo porta a considerare le religioni come sotto-culture, piuttosto che culture a pieno titolo con i loro diritti. Temo che questo approccio, un comprensibile patrimonio dei Lumi, continui ad esistere. La Francia ha bisogno di fare un passo avanti su questo tema al fine di accettare il fatto che l’apertura alla trascendenza è un diritto per tutti».

Le leggi e il diritto all’obiezione di coscienza

A Francesco è stato anche chiesto come i cattolici debbano difendere le loro convinzioni di fronte a leggi quali quella sull’eutanasia o sulle unioni civili. «Spetta al Parlamento discutere, argomentare, spiegare, dare le ragioni. È così che una società cresce. Tuttavia, una volta che una legge è stata approvata, lo Stato deve anche rispettare le coscienze. Il diritto all’obiezione di coscienza deve essere riconosciuto all’interno di ogni struttura giuridica, perché è un diritto umano. Anche per un funzionario pubblico, che è una persona umana. Lo Stato deve anche prendere in considerazione le critiche. Questa sarebbe una vera e propria forma di laicità. Non si possono accantonare gli argomenti proposti dai cattolici dicendo semplicemente che “parlano come un prete”. No, essi si fondano su quel tipo di pensiero cristiano che la Francia ha così notevolmente sviluppato».

I laici, il clericalismo e i lefebvriani

Nel corso dell’intervista, a proposito della mancanza di preti, Francesco ha parlato dell’esempio della Corea, un Paese che «per duecento anni è stata evangelizzata dai laici». Dunque, ha spiegato, «non c’è necessariamente bisogno di preti per evangelizzare. Il battesimo dà la forza per farlo». Il Papa è tornato a denunciare la malattia del clericalismo che «è particolarmente significativo in America Latina. Se la pietà popolare è forte, è appunto perché è soltanto un’iniziativa di laici che non è stata clericalizzata. Questo non è capito dal clero». Francesco ha quindi parlato dei rapporti con la Fraternità San Pio fondata dall’arcivescovo Lefebvre, affermando che il superiore, monsignor Bernard Fellay «è un uomo con il quale si può discutere». E ha detto che i lefebvriani sono «cattolici sulla strada della piena comunione», ricordando che il Concilio Vaticano II ha il suo valore e che bisogna procedere nel dialogo con questi tradizionalisti «lentamente e con pazienza». Infine, ha difeso il cardinale Philippe Barbarin, tirato in ballo per vicende di preti pedofili precedenti al suo arrivo come arcivescovo di Lione e ha detto che secondo lui non deve rassegnare le dimissioni.

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi