contraddizioni della nostra chiesa

 ‘chiesa contraddittoria, assolve gli omicidi ma non i divorziati risposati!’

intervista al biblista Maggi

 

 

<la chiesa  assolve gli omicidi, ma non i divorziati risposati!>.

Il biblista Alberto Maggi affida a un’esclamazione il suo più totale disappunto per quella che considera <una lampante contraddizione> nell’insegnamento del popolo di Dio. Con il pensiero rivolto a Cristo, <che più che unire sfascia le famiglie>, pur se non è solito discorrere del Sinodo, il religioso dei Servi di Maria accetta di buon grado di rispondere ad alcune domande sull’assise ormai alle porte. <Non mi attendo molto dal Sinodo>, ma, in quest’anno di Giubileo della misericordia indetto dal Papa, <spero in gesti concreti a favore dei risposati, dei preti uxorati e degli omosessuali>. Tre categorie <umiliate ed emarginate dalla Chiesa>.  

fra’ Maggi, quanto l’appassiona il dibattito pre sinodale?                                  

<Non più di tanto. I cambiamenti nella Chiesa vengono sempre dalla base e non dai vertici. I mutamenti sono rifiutati, ostacolati e contrastati dalle gerarchie. Poi, dopo un lungo lasso di tempo, vengono accolti… Quando ormai è troppo tardi>.

Al Sinodo quali cambiamenti potrebbero passare?                                                

<In ogni situazione, in ogni controversia, bisogna tenere presente il comportamento di Cristo: lui, tutte le volte che si è trovato a dover scegliere tra l’obbedienza alla Legge divina e il bene concreto dell’uomo, senza esitare ha sempre scelto quest’ultimo. Facendo il bene dell’uomo si è certi di fare anche quello di Dio>.

Un principio pìù sulla carta che nei fatti? 

<Troppo spesso per l’onore di Dio si è disonorato l’uomo e per il bene di Dio si è causata sofferenza agli uomini>.

In una recente intervista sul Sinodo, Francesco ha parlato di attese <eccessive>. Condivide?  

<Se lo dice il Papa… Lui conosce bene l’ambiente, sente sulla pelle le resistenze curiali al suo impegno per un cambiamento evangelico, ogni giorno si trova di fronte a muri di gomma e a veri e propri dispetti>.

Che tra il Pontefice e parte della Curia non corra buon sangue è risaputo.

<Proprio per questo Bergoglio va sostenuto e non lasciato solo, perché la sola cosa che frena i suoi avversari, come ai tempi di Gesù i sommi sacerdoti, è che ‘temevano la folla…’>.

Dal punto di vista biblico, quale è il filo rosso che unisce Antico e Nuovo Testamento sulla famiglia?

<Non c’è alcuna continuità e il messaggio di Gesù è il meno adatto per sostenere la famiglia patriarcale. Cristo più che unire le famiglie le sfascia…>.

Ovvero?

<Lui viene da una triste esperienza e da brutti rapporti con i suoi che lo hanno creduto pazzo e hanno tentato di rapirlo. Giovanni nel suo Vangelo non esita a scrivere che neanche i fratelli credevano in lui. E Gesù invita a liberarsi, per causa sua e del Vangelo, anche dai vincoli familiari più stretti quali quelli tra marito e moglie, genitori e figli>.

Quali sono le principali discrepanze che evidenzia fra l’insegnamento attuale della Chiesa sulla famiglia e quanto trasmette la Bibbia?

<Non credo che la Chiesa abbia l’autorità di mettere il naso nelle faccende familiari. Una Chiesa, che ha impiegato ben duemila anni per ammettere che nel matrimonio è importante anche l’amore dei coniugi oltre che la procreazione dei figli, sarebbe bene che tacesse su questioni per le quali non ha ricevuto alcun mandato dal Cristo>.

Nessun mandato? Vuole dire che quello di ottobre sarà un Sinodo illegittimo?

<La legittimità la dona lo Spirito Santo. Tanto più gli orientamenti, le scelte e le decisioni del Sinodo saranno all’insegna di una profonda umanità tanto più in queste si manifesterà il divino che alimenta e mantiene in vita la Chiesa>.

Intanto, sui mezzi di comunicazione il dibattito pre sinodale è tutto concentrato sul nodo dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Come se lo spiega?

<Perché è lampante la contraddizione di una Chiesa che rivendica giustamente il mandato del Cristo di poter perdonare i peccati, ma poi è incapace di concedere il perdono a chi, fallito il primo matrimonio, tenta una nuova unione. La Chiesa assolve gli omicidi ma non i divorziati risposati! Spero che in questo anno della misericordia ci siano gesti concreti a favore di tre categorie di persone umiliate ed emarginate dalla Chiesa: i preti sposati, gli omosessuali, i divorziati. Non è solo una questione di misericordia ma di giustizia>.
                                                                                                                            Giovanni Panettiere

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invasione? per uno sguardo meno allarmistico

l’invasione immaginaria

lo scorso anno sono sbarcati in Italia 170 mila migranti (lo 0,28% della popolazione italiana). quest’anno sono sbarcate circa 103 mila persone (0,17%) un migliaio in meno rispetto allo stesso periodo 2014

alessandro bechini *
d’estate l’immigrazione si prende il centro dell’attualità mediatica. Purtroppo non tanto come utile e proficua discussione sociologica, ma in quanto generico allarme per una Invasione che, anno dopo anno, sembra sempre più imminente e inevitabile. Il risultato è che un battaglione di politici e giornalisti riaprono una immaginaria Fortezza Bastiani e prendono a scrutare l’Orizzonte, in attesa di un’epica invasione dell’Europa da parte dei discendenti del terribile Saladino.  

Chi tuttavia scegliesse di guardare i freddi numeri senza pregiudizi o preconcetti, farebbe fatica a capire le ragioni dell’allarme. Lo scorso anno sono infatti sbarcati in Italia 170 mila migranti (pari allo 0,28% della popolazione italiana). Quest’anno (1 gennaio – 15 agosto) sono sbarcate circa 103.000 persone (lo 0,17% della popolazione italiana), un migliaio in meno rispetto allo stesso periodo 2014. Molti di loro utilizzano l’Italia come un molo di sbarco, scendono e proseguono verso altri lidi. Gli “invasori” che attualmente sono rimasti nel nostro sistema di accoglienza sono 89.083 (lo 0,14% della popolazione italiana). Possono numeri come questi giustificare il termine Invasione usato da media e alcune forze politiche con quotidiana disinvoltura?    

È difficile dire sì, mentre è più facile riconoscere che, da molto tempo, la politica ha smesso di analizzare i fatti con i dati, per alimentare (deformandola) la percezione della realtà da parte dei cittadini, con la conseguenza che fenomeni complessi e di difficile gestione come i flussi migratori diventano una minaccia per la nostra civiltà, un attentato al nostro benessere e un rischio per la nostra sicurezza. Anzi, peggio, sono un “genocidio della nostra cultura”, se non addirittura della nostra “razza”.   

Ma se il livello del dibattito politico/mediatico si rivela inadeguato e strumentale, cosa può fare una organizzazione della società civile, per arginare il suo continuo avvitarsi verso il basso, sfidando ogni volta le leggi della gravità e del buon senso, ed eventualmente invertirne la rotta? Forse si deve provare a partire dal racconto di una storia diversa. I fenomeni migratori sono processi naturali sempre esistiti, e da sempre hanno alimentato la diffidenza verso lo straniero, spesso a torto. A quelli che immaginano muri o blocchi navali, andrebbe ricordato che in realtà siamo di fronte alla terza dimensione della globalizzazione. Dopo la libera circolazione di capitali e merci, adesso è il momento di affrontare quello di intere porzioni di umanità, che fuggono da guerre e indicibili livelli di povertà.    

Davvero vogliamo e possiamo permettere che il livello di benessere di ogni essere umano debba essere irrimediabilmente deciso dal luogo di nascita? Forse bisogna accettare che ciascuno possa ambire ad una vita migliore anche scegliendo un Paese diverso da quello di nascita dove costruire il proprio futuro. E poi va aggiunto che gli immigrati possono diventare una straordinaria opportunità per la crescita del nostro paese, che senza l’apporto dei nuovi cittadini, ormai da un decennio, avrebbe un saldo negativo tra morti e nuovi nati. Certo un paese che invecchia è portato, quasi naturalmente, a chiudersi in sé stesso, a difendersi invece che a scommettere sul futuro. Eppure l’8% delle nostre imprese è gestito da immigrati. E creano lavoro anche per gli italiani. Il sistema pensionistico, gravato da uno squilibrio in termini di rapporto tra anziani e forza lavoro (se limitata agli italiani) ha nei contributi versati dei cittadini stranieri un’àncora di salvezza formidabile. Anche alla luce di queste considerazioni, dovremmo rapidamente ripensare la maniera sbrigativa con la quale dividiamo i migranti tra economici e non.   

Quello che serve davvero è un nuovo quadro normativo sull’immigrazione. La legge Bossi/Fini asseconda l’idea che l’immigrato sia sostanzialmente un invasore e pone una miriade di ostacoli a quei percorsi di integrazione che trasformano gli immigrati da problema in risorsa. Chiediamo disperatamente da anni di migliorare il sistema di accoglienza: non è accettabile che servano 8 mesi per il primo colloquio con la Commissione che deve stabilire se il migrante ha diritto allo status di rifugiato e che ne trascorrano altri 12 per discutere l’eventuale ricorso a fronte di una decisione avversa rispetto al primo colloquio. Il collasso del nostro sistema di accoglienza è in gran parte determinato da queste tempistiche.   

È uno spreco che i richiedenti asilo in attesa che sia valutato il loro status, non possano lavorare per i primi 6 mesi dal loro arrivo o svolgere attività di volontariato per la comunità che li accoglie, senza sottostare alla giungla di assicurazioni, permessi ecc., tipica della nostra burocrazia. È così difficile estendere le assicurazioni per i lavoratori socialmente utili anche ai richiedenti asilo? Sono loro che chiedono di lavorare e sentirsi utili, mentre devono restare confinati in un limbo senza senso.    

Non si può pensare di fermare i flussi migratori se non si creano nei paesi di origine condizioni di dignità minima dei migranti. Siria, Libia e Somalia sono stati falliti, inesistenti. Chi oggi li vuole aiutare a casa loro, può forse spiegarci perché quando era al governo ha azzerato i fondi per la Cooperazione alla Sviluppo che ha come mandato quello di creare un maggior benessere nei Paesi più poveri. Come si può pensare che le persone non vogliano fuggire da lì, per cercare un futuro migliore per sé e per i propri figli? L’Europa dei diritti non può diventare una Fortezza senz’anima. Eppure tutti sanno che le società che si chiudono sono quelle destinate alla decadenza e alla capitolazione. Dall’Impero Romano fino ai giorni nostri.  

Come società civile dobbiamo batterci perché i diritti di tutti vengano rispettati. Possiamo però fare di più in questa nuova narrativa: dobbiamo raccontare come le società aperte siano quelle, dati alla mano, che hanno avuto e hanno un maggiore sviluppo sociale ed economico e che in questa chiave anche gli immigrati sono stati e sono una risorsa essenziale. La Germania si prepara a inserire nel proprio sistema di accoglienza 700.000 richiedenti asilo e noi assistiamo a risse televisive continue per un numero che è quasi dieci volte inferiore.   

La vera sfida non può essere quella di combattere in maniera più efficace un’immaginaria invasione o lo spettro del nemico alle porte, ma quella tra una società chiusa e impaurita che non crede più nel proprio futuro e una che invece vuole crescere, assumendosi i giusti rischi e sfruttando le opportunità che le si presentano davanti. In attesa di convincere gli ultimi irriducibili ad abbandonare la Fortezza Bastiani dei nostri giorni.   

*Direttore di Oxfam  

 

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migranti e misericordia evangelica

vangelo della misericordia e fenomeno dei migranti e rifugiati

mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI (presentato dagli ignoranti di turno come capo dei vescovi italiani) e persino papa Francesco si sono meritati negli ultimi tempi gli strali di quanti, professionisti della politica e dunque interessati alla raccolta di consenso facile e remunerato, hanno criticato le posizioni della Chiesa cattolica sul fenomeno dei migranti.

Qualcuno, incautamente, ha gettato lì anche l’interrogativo-accusa di cosa faccia la Chiesa di concreto per tale problema globale che affligge il nostro tempo. A costui già sono state date, con cifre alla mano, risposte adeguate sull’impegno ecclesiale ai diversi livelli a favore della carità. E non da oggi, visto che per esempio la prima giornata annuale di sensibilizzazione sul fenomeno della migrazione con relativa colletta per le opere pastorali per gli emigrati Italiani e per la preparazione dei missionari d’emigrazione risale al 21 febbraio 1915!
 
Come si legge in un bollettino della Sala Stampa vaticanaMigranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia” sarà il tema che Papa Francesco ha scelto per la 102esima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebrerà il 17 gennaio 2016. “Con la prima parte del tema, “Migranti e rifugiati ci interpellano”, si vuole fare presente la drammatica situazione di tanti uomini e donne, costretti ad abbandonare le proprie terre. Non si devono dimenticare, per esempio, le attuali tragedie del mare che hanno per vittime i migranti.” “Con la seconda parte del tema, “La risposta del Vangelo della misericordia”, si vuole collegare in modo esplicito il fenomeno della migrazione con la risposta del mondo e, in particolare, della Chiesa. In questo contesto, il Santo Padre invita al popolo cristiano a riflettere durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale, tra cui si trova quella di accogliere i forestieri. E questo senza dimenticare che Cristo stesso è presente tra i “più piccoli”, e che alla fine della vita saremmo giudicati dalla nostra risposta d’amore (cfr. Mt 25,31-45)”.
 
A tal proposito il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti “Suggerisce che la giornata giubilare sia celebrata particolarmente a livello diocesano e nazionale, nell’ambito più vicino ai migranti e rifugiati, con la loro partecipazione, e coinvolgendo anche le comunità cristiane”; “propone che l’evento giubilare centrale sia proprio il prossimo 17 gennaio 2016, nella ricorrenza della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato”; “incoraggia le diocesi e comunità cristiane, che ancora non lo fanno, a programmare delle iniziative, approfittando dell’occasione che offre questo Anno della Misericordia”; “invita a non dimenticare l`aspetto della sensibilizzazione nelle comunità cristiane al fenomeno migratorio; “auspica che l’attenzione verso i migranti e la loro situazione non si riduca ad un’unica giornata”; “ricorda che è anche importante realizzare segni concreti di solidarietà, che abbiano un valore simbolico, e che esprimano la vicinanza e l’attenzione ai migranti e rifugiati”.
 
Un coinvolgimento fattivo, dunque, dunque della comunità ecclesiale locale, per aiutare anche quanti, all’ombra del campanile, stentano ad aprire il Vangelo in tema di accoglienza come giustamente rileva il priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi.
 
 
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