grazie fratel Arturo!

 

è morto fratel Arturo Paoli

una vita a favore dei poveri

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È morto nella notte fratel Arturo Paoli. Nato il 30 novembre 1912, aveva 102 anni. Sacerdote, religioso e missionario italiano, attivo in particolare in America latina, apparteneva alla congregazione dei Piccoli Fratelli del Vangelo.

“Fratel Arturo Paoli, Sacerdote e Piccolo Fratello del Vangelo, è tornato alla Casa del Padre, stanotte, alle 0,45 nella sua abitazione presso la Canonica della Parrocchia di San Martino in Vignale”, ha reso noto l`arcivescovo di Lucca, mons.Italo Castellani. “L`Arcivescovo ringrazia il Signore per il dono straordinario che fratel Arturo è stato per la Chiesa nei lunghi anni del suo ministero in Italia e all`estero, in particolare a favore dei più poveri, e si fa vicino alla comunità dei Piccoli Fratelli del Vangelo di Spello e a tutti coloro che in questo
momento, anche se illuminati dalla fede nella Risurrezione, sentono il peso dell`umanità per la scomparsa di “don Arturo”.La salma di don Arturo sarà esposta nella chiesa parrocchiale di San Martino in Vignale già da oggi lunedì 13 (dal pomeriggio) e anche per l`intera giornata di martedì 14 luglio. Mercoledì 15 sarà trasportata nella chiesa di San Michele in Foro, luogo cittadino dove per anni ha svolto il suo ministero e sua parrocchia di origine, dove sarà esposta alla cittadinanza dalle ore 8 alle 17. La celebrazione Eucaristica con il rito delle esequie si terrà nella chiesa Cattedrale sempre mercoledì 15 luglio alle ore 18. Don Arturo Paoli ha espresso la volontà di essere sepolto nel piccolo cimitero di San Martino in Vignale. La tumulazione sarà fatta in forma privata nella giornata di giovedì 16 luglio”.

Fratel Arturo Paoli aveva ricevuto, tra l’altro, il titolo di “Giusto tra le nazioni” per il suo impegno a favore degli ebrei perseguitati in Brasile durante la seconda guerra mondiale. Nel 2006 aveva ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile per le mani del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi perché – recitava a motivazione – “nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, con encomiabile spirito cristiano e preclara virtù civica, collaborò alla costruzione di una struttura clandestina, che diede ospitalità ed assistenza ai perseguitati politici e a quanti sfuggirono ai rastrellamenti nazifascisti dell’alta Toscana, riuscendo a salvare circa 800 cittadini ebrei”.

Lo scorso marzo era stato ricevuto in Vaticano da Papa Francesco, che conosceva in Argentina: “Al Pontefice – raccontò – ho portato
una bottiglia d`olio e un`immagine del Volto Santo, l`antico crocifisso che è simbolo dei fedeli lucchesi.

 

 

Pax Christi Italia ricorda e ringrazia Arturo Paoli 

“Sono in attesa di una novità” 

 “Cent’anni di fraternità recita il titolo dell’ultimo suo libro, che contiene uno scritto di Perez Esquivel, premio Nobel per la pace e suo amico fin dai primi anni dell’esperienza argentina. Cent’anni di grazia per tutti. Cent’anni di eredità vitale da trasmettere con cura.  Partecipiamo con commossa gratitudine al dolore di tanti per l’esodo pasquale, nella notte del 13 luglio, di Arturo Paoli. Aveva 102 anni. Ha portato con sé il vento trasformatore del Concilio Vaticano II (1962-1965), del “Patto delle catacombe” sulla povertà (1965), delle assemblee di Medellìn (1968) e di Puebla (1079) orientate all’opzione cristiana per i poveri.  Il suo Dialogo della liberazione (1969) è stato per Gustavo Gutierrez la fonte della teologia della liberazione.  Arturo si è assunto l’impegno di camminare con i poveri sopportando umiliazioni ed emarginazioni, intrecciando la fede cristiana con l’amore al prossimo, la passione sociale, l’azione culturale e un intenso fervore contemplativo. Radicato nel Vangelo di Cristo (diceva che “la povertà nel Vangelo è fame e sete di giustizia”), nella testimonianza di Charles de Foucauld (così come di Teilhard de Chardin, di La Pira e e di tanti volti della grande famiglia della pace), Arturo ci aiuta a entrare nel mistero della Chiesa dei poveri per “amorizzare il mondo” con relazioni di pace, giustizia e misericordia.  “Sono in attesa di una novità”, scriveva alcuni mesi fa. Anche noi siamo parte del suo sogno.  Possiamo assumercene la responsabilità percorrendo e allungando i suoi sentieri… nella certezza che “Camminando s’apre cammino”.  Grazie fratel Arturo!  


 




la lotta che rende umani

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Quando è la lotta a renderci umani. La vita di un vescovo in difesa dell’Amazzonia

quando è la lotta a renderci umani

la vita di un vescovo in difesa dell’Amazzonia

tratto da: Adista Documenti n° 26 del 18/07/2015
 

 Nei suoi 50 anni vissuti nell’Amazzonia brasiliana, dom Erwin Kräutler, vescovo (dal 1981) della prelatura dello Xingu – una diocesi più estesa dell’Italia – e presidente del Consiglio indigenista missionario (Cimi), ha assistito a una rapida, tragica trasformazione: la foresta tropicale che, al suo arrivo, si stendeva dinanzi ai suoi occhi fitta, impenetrabile, lussureggiante, è ora solo un ricordo. Intorno ad Altamira (sede della prelatura), lungo l’autostrada Transamazzonica, «ci sono municipi – ci spiega il vescovo di origini austriache durante una sua rapida visita nel nostro Paese – che conservano appena il 10% della vegetazione originaria»: «Può capitarti di percorrere 200 chilometri senza incontrare l’ombra». Un’aggressione, quella contro la foresta e contro i popoli che la abitano, che dom Erwin ha instancabilmente contrastato, come racconta nel libro appena uscito in Italia, edito dalla Emi, Ho udito il grido dell’Amazzonia. Diritti umani e creato. La mia lotta di vescovo (pp. 286, euro 16, tel. 051/326027, www.emi.it). Un libro che racconta la sua vita «sempre in viaggio e di passaggio», come scrive nell’Introduzione il missionario di origine tedesche Paulo Suess, assistente teologico del Cimi, trascorsa a visitare quello che Kräutler definisce l’«umile, amorevole» popolo di Dio dello Xingu «lungo i fiumi e i canali, lungo le strade e i sentieri fino agli angoli più sperduti dell’Alto e del Basso Xingu», sulla Transamazzonica (durante la cui costruzione, nel tratto distante tre chilometri dal villaggio degli indigeni Arara, «gli indios furono persino cacciati con i cani») e le altre autostrade che tagliano le foreste dell’Amazzonia. Un libro che ci parla delle sue battaglie, dalla lotta, al tempo della Costituente, per l’inserimento nella Carta Costituzionale brasiliana della difesa dei diritti dei popoli indigeni, a quella di oggi contro la centrale idroelettrica di Belo Monte; delle sue denunce contro la distruzione dell’ambiente, contro il saccheggio delle ricchezze naturali, contro gli infiniti rinvii della riforma agraria, contro un modello di sviluppo al servizio degli «interessi di una potente oligarchia a caccia di guadagni immediati e favolosi»; della sua azione pastorale in difesa dell’Amazzonia e dei diritti dei popoli indigeni, quelli che nella Prefazione l’ecoteologo Leonardo Boff descrive come «i veri custodi di questa incommensurabile ricchezza che Dio ha dato al pianeta e specificamente al Brasile», amministratori sapienti e tutt’altro che genuinamente naturali, in quanto «gli indios e la foresta si sono condizionati a vicenda» attraverso relazioni prettamente culturali, in «una rete intricata di reciprocità» in cui la natura è vista e sentita come «soggetto vivo e con una propria intenzionalità», non «qualcosa di oggettuale, muto e senza spirito come per noi moderni».

Una lotta, quella del vescovo, pagata con calunnie, diffamazioni e minacce di morte – le armi utilizzate «nel tentativo di chiudere la bocca a chi alza la voce contro le aggressioni alla dignità umana» – e, il 16 ottobre 1987, persino con un attentato (in un incidente automobilistico doloso), che quasi gli costò la vita e in cui rimase ucciso il missionario italiano che lo accompagnava, p. Salvatore Deiana: quello «è diventato il giorno che divide la mia vita in due parti: il prima e il dopo»; «mi ripresi dalle fratture. Mai, però, mi sono ripreso nel mio intimo dallo sconvolgimento per la morte di Tore». E, quasi vent’anni dopo, nel 2006, ecco cosa scriveva l’economista Armando Soares, nel giornale di maggior diffusione in Amazzonia, O Liberal (5/6/06), a proposito dell’opposizione del vescovo al complesso idroelettrico Belo Monte, sul fiume Xingu (le cui acque, ricorda dom Erwin, «dovrebbero avere il colore del sangue a causa delle innumerevoli stragi perpetrate nel suo bacino, nel corso dei secoli»): «Altamira, per le sue ricchezze e la localizzazione strategica, è uno dei focus preferiti dai nostri nemici, località dove regna un religioso del tempo dell’Inquisizione, dittatore autocratico che si ritiene in diritto di interferire nella vita economica del Comune creando una clima di terrore e paura. (…). Insegnava il padre di Cicerone, il grande tribuno romano, che uomini iniqui devono essere eliminati  sotto la minaccia di contaminare tutta la società».

Ma dom Kräutler non si è lasciato intimidire, continuando a denunciare un «progetto megalomane» che avrà conseguenze disastrose sui popoli indigeni, favorendo ancora una volta le «multinazionali che vivono a spese del Brasile, con tutti i vantaggi fiscali e le facilitazioni energetiche». Un progetto, per di più, di cui si sono resi responsabili proprio i governi a guida Pt, il Partito dei lavoratori: «Ossessionato dall’idea di accelerare la crescita economica», scriveva il vescovo nel 2008, il presidente Lula, colui che si pensava avrebbe finalmente risolto, o almeno portato avanti in maniera energica, tanto la questione indigena quanto la riforma agraria, è giunto a definire come «ostacoli» indios, quilombolas, ambientalisti e pure la Procura della Repubblica e persino a considerare «cavilli» gli stessi articoli della legislazione ambientale.

Non sorprende, allora, che, quando chiediamo al vescovo un suo commento riguardo alla politiche dei governi del Pt, la sua delusione risulti palpabile: «Mi fa male persino parlarne», confessa. Tuttavia, un motivo di soddisfazione è ultimamente venuto da un’altra fonte, l’enciclica di papa Francesco Laudato si’, alla cui stesura il vescovo è stato chiamato a collaborare: «Vivo in Amazzonia da 50 anni e in tutti questi anni tali problemi mi hanno toccato profondamente. E ora li vedo esposti nell’enciclica di papa Francesco». Ed è proprio su questo aspetto che abbiamo iniziato la nostra conversazione con dom Erwin, nell’intervista che qui vi proponiamo.

* L’immagine ritrae uno scorcio della Foresta Amazzonica nello Stato brasiliano del Pará