il commento di Boff (e altri) all’enciclica ‘laudato sì’

Francesco d'Assisi

  • Lettera enciclica Laudato si’
    • dalla madre Terra all’ecologia integrale i tributi di Francesco alla teologia della liberazione

    • di Leonardo Boff
    • Boff L.
    • Prima di qualsiasi altro commento è il caso di sottolineare alcune singolarità dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. È la prima volta che un papa affronta il tema dell’ecologia nel senso di un’ecologia integrale (quindi al di là del tema ambientale) in una forma così completa. Grande sorpresa: egli elabora il tema alla luce del nuovo paradigma ecologico, cosa che nessun documento ufficiale delle Nazioni Unite ha mai fatto. È fondamentale che il suo discorso si appoggi sui dati più certi delle scienze della vita e della Terra. Legge i dati affettivamente (con intelligenza sensibile o cordiale), poiché discerne che dietro di essi si celano drammi umani e grande sofferenza, anche da parte di madre Terra. La situazione attuale è grave, ma papa Francesco trova sempre ragioni per la speranza e per la fiducia che l’essere umano trovi soluzioni viabili. Papa Francesco non scrive in qualità di Maestro e Dottore della fede, ma come Pastore zelante che si prende cura della casa comune e di tutti gli esseri, non solo umani, che in essa abitano. Merita evidenziare un elemento che rivela la forma mentis di papa Francesco: il suo essere tributario dell’esperienza pastorale e teologica delle Chiese latinoamericane, che, alla luce dei documenti dell’episcopato latinoamericano (Celam) di Medellín (1968), di Puebla (1979) e di Aparecida (2007), fecero un’opzione per i poveri, contro la povertà e a favore della liberazione. Il testo e il tono dell’enciclica sono tipici di papa Francesco e della cultura ecologica che egli ha maturato. Mi accorgo anche, però, di come tante espressioni e modi di dire rimandino a quanto si pensa e si scrive da tempo in America Latina. Quelli della «casa comune», della «madre Terra», del «grido della Terra e grido dei poveri», della «cura», dell’interdipendenza fra tutti gli esseri, dell’«essere umano come Terra» che sente, pensa, ama e venera, dell’«ecologia integrale», e altri, sono tutti temi ricorrenti tra noi. La struttura dell’enciclica ubbidisce al rituale metodologico in uso nelle nostre Chiese e nella riflessione teologica legata alla pratica della liberazione, ora adottata e consacrata dal papa: vedere, giudicare, agire e celebrare. Fin dalle prime righe si rivela la sua fonte d’ispirazione: san Francesco d’Assisi, che l’enciclica definisce «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale » e che «manifestò un’attenzione particolare verso i più poveri e abbandonati». Quindi si incomincia con il vedere «quello che sta accadendo alla nostra casa». Il papa afferma: «Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune ». In questa sezione egli incorpora i dati più consistenti sul cambiamento climatico, la questione dell’acqua, l’erosione della biodiversità, il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado della vita sociale, e denuncia l’alto tasso di «inequità» planetaria, che colpisce tutti gli ambiti della vita e che vede come vittime principali i poveri. In questa stessa parte inserisce una frase che rinvia alla riflessione fatta in America Latina: «Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Più avanti, aggiunge: «I gemiti di sorella terra si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo». È assolutamente coerente con quanto viene detto subito all’inizio, che «noi stessi siamo terra», nella linea del grande cantore e poeta indigeno argentino Atahualpa Yupanqui: «L’essere umano è la Terra che cammina, che sente, che pensa e che ama». Condanna poi le proposte di internazionalizzazione dell’Amazzonia, «che servono solo agli interessi economici delle multinazionali ». E troviamo un’affermazione di grande vigore etico: è «gravissima inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale». Riconosce con tristezza: «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli». Di fronte all’offensiva umana in atto contro madre Terra, che molti scienziati hanno   denunciato come l’inaugurazione di una nuova era geologica — l’Antropocene – , lamenta l’inadeguatezza dei poteri di questo mondo che, illusi, pensano che «il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali», ma è un alibi che ci serve «per alimentare tutti i vizi autodistruttivi» con un «comportamento che a volte sembra suicida». Prudente, il Papa riconosce la diversità di opinioni e che «non c’è un’unica via di soluzione». È comunque «certo che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista, perché abbiamo smesso di pensare ai fini dell’agire umano» e ci perdiamo dietro la realizzazione di mezzi destinati a un accumulo illimitato a spese della giustizia ecologica (degrado degli ecosistemi) e della giustizia sociale (impoverimento delle popolazioni). L’umanità semplicemente «ha deluso l’attesa divina». La sfida urgente consiste allora nel «proteggere la nostra casa comune»; per farlo necessitiamo, citando Giovanni Paolo II, di una «conversione ecologica globale» e di una «cultura della cura che impregni tutta la società». Esaurita la dimensione del vedere, s’impone adesso la dimensione del giudicare. Il giudicare è realizzato su due fronti, uno scientifico e l’altro teologico. Partiamo dalla dimensione scientifica. L’enciclica dedica tutto il terzo capitolo all’analisi della «radice umana della crisi ecologica». Il Papa si propone qui di analizzare la tecnoscienza, senza preconcetti, accogliendo quanto essa apporta, «cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano». Non sta qui il problema. È che essa si è resa indipendente, ha sottomesso l’economia, la politica e la natura in vista dell’accumulo di beni materiali. Essa parte dal presupposto errato della «disponibilità infinita dei beni del pianeta », quando sappiamo di avere già intaccato i limiti fisici della Terra e che gran parte dei beni e servizi non sono rinnovabili. La tecnoscienza è divenuta tecnocrazia, una vera dittatura con la sua ferrea logica di dominio su tutto e tutti. La grande illusione oggi imperante è la credenza che con la tecnoscienza si possano risolvere tutti i problemi ecologici. È una via ingannevole, poiché «significa isolare cose che nella realtà sono connesse». Davvero «tutto è connesso», «tutto è in relazione»: affermazione, questa, che attraversa tutto il testo dell’enciclica come un leitmotiv: è infatti un concetto chiave del nuovo paradigma contemporaneo. Il grande limite della tecnocrazia sta nella «frammentazione del sapere» fino a «perdere il senso della totalità ». Il peggio è che in questo modo essa «non riconosce agli altri esseri un valore proprio, fino alla reazione di negare ogni peculiare valore all’essere umano». Il valore intrinseco di ogni essere, per minuscolo che sia, è costantemente esaltato dall’enciclica, così come fa la Carta della Terra.
    • traduzione dal portoghese di Pier Maria Mazzola. ll testo di Leonardo Boff riprende stralci del suo intervento in Curare madre terra. Commento all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64 euro 3,90), in libreria dal 26 giugno.
  • di seguito altri commenti comparsi sulla stampa italiana: 

    • “«Il papa non si limita… alle esortazioni morali… ma documenta, fornisce indicazioni… un’ampiezza di visione che… a volte manca nell’ecologismo militante… corregge il rischio di un eccessivo antropocentrismo… e tutto questo nel segno della gioia… getta le fondamenta di un nuovo umanesimo, che faccia tesoro delle esperienze spirituali anche dei popoli più lontani e… permetta un dialogo sereno e paritario tra i saperi tradizionali e la moderna ricerca scientifica”
      La giornata era iniziata con Leonardo Boff, ex padre francescano cultore della madre terra, che dal suo buen retiro brasiliano faceva sapere al mondo quanto longa fosse stata la sua manus nella stesura del documento papale sulla cura della casa comune…
    • “La visione di papa Francesco viene da una lunga e appassionata frequentazione dell’argomento… i problemi comunemente rubricati sotto il segno dell’ecologia sono sintomi, prima ancora che cause, di un dissesto etico-antropologico del pensiero e dell’azione creativa dell’uomo… La terra «ci precede», dice Francesco. E noi «non siamo Dio»… pressante invito dell’enciclica a un bagno di umiltà, per l’Occidente”
      “l’uomo e del suo ruolo nel mondo e nella storia. Da una parte… il superuomo inebriato dalle conquiste… per sfruttare e dominare ciò che lo circonda. Dall’altra la persona che si rende conto di vivere in un ‘ambiente’ fatto di interdipendenze e reti di relazioni… un sistema economico di pochi sfruttatori e tanti sfruttati… [oppure] inclusivo e solidale e… orientato al bene comune.”
      “Laudato si’ è un profondo inno alla vita… È un appello realista per l’urgente salvaguardia della «nostra casa comune»… dichiara la necessità di un’alleanza tra scienze e religioni per la cura dell’ambiente… e rigetta il malthusianesimo… È una critica al modello di gestione del mondo imposto dalla globalizzazione neo-mercatista… che non rispetta l’uomo… è un programma educativo rivolto a ogni persona”
      “La ‘sua’ ecologia integrale non solo ricomprende salvaguardia del creato ed ecologia umana, ma va oltre, mettendo in luce le diverse interazioni tra scienze esatte, politica, economia, cultura, organizzazione sociale… L’esempio più lampante è dato dal rapporto tra i cambiamenti climatici e l’aumento della povertà. Un rapporto che in molti casi è di causa effetto”
      “Enciclica innovativa innanzitutto per lo stile colloquiale: è lunga, ma chiunque può leggerla e comprenderla. Molto importanti i capitoli 1 (riconoscimento del contributo degli scienziati) e 5 (critica netta all’economia di mercato)… Francesco non è contro l’economia di mercato, ma contro il mercato quando… genera disuguaglianze… soggioga le democrazie e detta i fini dell’azione politica… «decrescita» intesa come «redistribuzione»”
    • Cosa manca in Laudato Si’ di Peter Ciaccio in www.riforma.it del 19 giugno 2015
    “in questo testo, che mette finalmente il magistero cattolico in linea con quanto già dibattuto a livello ecumenico, manca la speranza. Manca la speranza che, nonostante il peccato degli uomini e delle donne, contro Dio, contro il prossimo e contro il Creato, il Padre amorevole non ci abbandonerà. ” (ndr.:mi sembra una lettura più “deformata” che “riformata”. Così si legge nel testo dell’enciclica ai n. 244-245: “Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza… Egli (Dio) non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade. A Lui sia la lode!”. Forse più che la speranza è mancata una lettura più attenta)
    Come facciamo abitualmente diamo spazio al punto di vista delle chiese evangeliche. All’interno di una valutazione sostanzialmente positiva viene rilevata l’insufficiente attenzione alle tante riflessioni svolte sul tema dal Consiglio Ecumenico delle Chiese in questi ultimi trentanni. “Già si vede, però, che questa enciclica potrà avere un forte peso sulla cultura del nostro tempo e, speriamo, sulle scelte economiche e industriali che gli Stati si trovano a dover fronteggiare di fronte alla crisi climatica e ambientale del pianeta.”
    La posta in gioco è il futuro di tutti, anche se lo sguardo di Francesco è rivolto in modo prioritario a coloro che più di altri pagano il prezzo della crisi ecologica: i poveri. È anche in loro nome, oltre che a loro favore, che intende parlare. “Un aspetto particolarmente rilevante dell’Enciclica è l’aver valorizzato la riflessione collegiale nella Chiesa: numerosi documenti di episcopati nazionali” ” Come il Santo di cui porta il nome, Papa Francesco ha saputo dar voce in queste pagine all’intera famiglia umana”
  • “La politica ormai si è arresa al potere dei mercati Questa è la vera degenerazione del presente” intervista a Stefano Zamagni a cura di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 19 giugno 2015
“«I salvataggi di banche con fondi pubblici sono avvenuti in Germania, Inghilterra, Irlanda, Stati Uniti, dove quei soldi sono stati tolti alla spesa sociale… Quindi lì ad essere stati danneggiati sono stati gli indigenti… Ora che fanno di nuovo profitti… è vergognoso che… non restituiscano almeno una quarta parte dei soldi pubblici sborsati per salvarle»”
“Francesco mette bene in chiaro le contraddizioni di quanti combattono la manipolazione genetica delle sementi… ma al tempo stesso giustificano… la manipolazione sugli embrioni umani vivi, interessandosi molto delle balenottere e per nulla dei migranti che affogano… descrive i legami tra le crisi finanziarie, le migrazioni dei popoli, le guerre per il controllo delle fonti di energia e dell’acqua”
“«le nostre Chiese si sono rese conto che… “servire e preservare” la creazione di Dio è parte integrante della nostra vocazione… Preoccuparsi per l’ambiente significa preoccuparsi anche di problemi umani come la povertà, la sete e la fame. Questo legame è descritto nel dettaglio e in maniera completa nella parabola in cui il Signore dice: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”»”
“la Chiesa mostra al mondo in maniera limpida che predicare il Vangelo di Cristo vuol dire anche avere a cuore il bene di tutti, e essere al servizio di tutti. Perché, come insegnava anche Sant’Agostino, a quelli che appartengono alla Città di Dio sta a cuore anche il bene proprio della Città dell’uomo”



il commento al vangelo della domenica

CHI E’ COSTUI CHE ANCHE IL VENTO E IL MARE GLI OBBEDISCONO?

commento al vangelo della dodicesima domenica del tempo ordinario (21 giugno 2015) di p. Alberto Maggi:

p. Maggi

Mc 4, 35-41

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

A conclusione della parabola del seminatore Gesù aveva paragonato il Regno di Dio a un granello di senape che, gettato nell’orto della casa, fa un albero così grande che gli uccelli del cielo ci vengono a fare il nido.
Cosa voleva dire Gesù? Il Regno di Dio non è più riservato a un popolo, a una nazione, a una religione, ma è aperto a tutta l’umanità. Tutta l’umanità può trovarvi rifugio, può trovarvi accoglienza, può trovare la sua casa. Questo è il significato di ‘fare il nido’.
Quindi Gesù vuole far comprendere, piano piano, ai riottosi discepoli che lui non è venuto a restaurare il defunto regno di Israele, ma a inaugurare il Regno di Dio, non il privilegio di un popolo, ma l’amore di Dio che non conosce limiti ed è effuso per tutta l’umanità.
Ma qui incominciano i guai e le difficoltà.
Scrive l’evangelista che “lo stesso giorno”, quindi dopo che Gesù ha paragonato il Regno di Dio a questo albero dove tutti possono trovare rifugio, “venuta la sera” – cinque volte c’è questa espressione ‘venuta  la sera’ nel vangelo di Marco, ed è sempre in senso negativo, indicando contrarietà, opposizione o, come in questo caso, incomprensione verso Gesù e il suo messaggio.
“Gesù dice ai suoi discepoli: ‘passiamo all’altra riva’ “.
‘Passare all’altra riva’ significa andare in terra pagana. Ebbene, ogniqualvolta Gesù invita i suoi discepoli ad andare all’altra riva, succede sempre un incidente, c’è sempre resistenza. I discepoli non ne vogliono sapere; loro, anche se Gesù predica il Regno di Dio, capiscono ‘il regno di Israele’, pensano al dominio di Israele sopra tutte le altre nazioni, che dovevano essere sottomesse, dovevano essere dominate; gli israeliti avrebbero dovuto prendere i tesori di questi popoli e non pensano a portare i tesori di Dio ai pagani.
Quindi Gesù dice “andiamo all’altra riva”. E, scrive l’evangelista, che “congedata la folla, lo presero con sé”. Non ne vogliono sapere di condividere Gesù con gli altri, il gruppo ha preso possesso di Gesù, lo tiene quasi come prigioniero.
Ebbene, che cosa succede? Si scatena “una grande tempesta di vento”.
L’evangelista si rifà un po’ alla storia di Giona che resiste all’incarico divino e la sua resistenza provoca una grande tempesta. Il Signore aveva detto a Giona “Vai in terra pagana a predicare la conversione”, e Giona fa un calcolo: “ma se vado in terra pagana e predico la conversione, poi il Signore li perdona”; allora prende la direzione opposta perché non ne vuol sapere di portare l’amore di Dio ai pagani e si scatena una grande tempesta.
Anche qui, che cos’è questa tempesta? Questa tempesta, figurativamente, è la resistenza dei discepoli ad andare in terra pagana. Ma la tempesta riguarda soltanto i discepoli. Vedete, la descrizione che fa l’evangelista dice che “le onde si rovesciavano sulla barca, tanto che ormai era piena”, e Gesù a poppa dormiva.
Impossibile! Impossibile dormire con una tempesta del genere, ma l’evangelista vuol dire che questa tempesta non riguarda Gesù perché lui vuole andare verso i pagani, sono i discepoli che provocano questa tempesta.
Ebbene, i discepoli reagiscono, svegliano Gesù e gli chiedono “Maestro, non ti importa che siamo perduti?“.
“Gesù si destò, minacciò il vento e disse al mare: «taci, calmati!»“. Questa è un’espressione che indica la condizione divina, quella che ancora di Gesù non hanno capito. Vedete che l’hanno appena chiamato ‘Maestro’, e poi alla fine si chiederanno: ‘ma chi è costui?’
Diceva il salmo, il salmo 107 e il salmo 89, che Dio domina il mare e le tempeste, quindi Gesù mostra la sua condizione divina perché vuol far comprendere che andare incontro ai pagani non è andare contro la volontà di Dio, ma è proprio manifestare l’amore di quel  Dio “per il quale” –  Pietro formulerà questa bellissima espressione –  “nessuna persona è esclusa dal suo amore”. 
Dirà Pietro, dopo l’iniziale resistenza ad andare verso i pagani, “che Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo” (At 10,28). Non c’è nessun uomo al mondo che possa sentirsi escluso dall’amore di Dio.
Quindi Gesù, che è Dio, vuole portare questo amore ai pagani, i discepoli gli resistono.
E Gesù li rimprovera, Gesù non apprezza la richiesta di aiuto che hanno fatto e dice loro che non hanno ancora fede, non hanno quel briciolo di fede come il chicco di senape per portare l’amore di Dio all’umanità.
Ecco, di fronte a quest’avvenimento il commento dei discepoli:  “chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.
Quindi si rendono conto che Gesù non è soltanto quel maestro al quale si erano rivolti, ma in lui c’è qualcosa di straordinario, qualcosa di nuovo, che, piano piano, lungo il corso del vangelo, andremo conoscendo