la Norvegia chiede scusa ai rom e promette che li risarcirà

 

il primo ministro norvegese Solberg: “risarciremo i Rom”

 le scuse e le promesse della Solberg

Ieri il primo ministro norvegese Emma Solberg non solo si è scusata con la comunità Rom norvegese ma ha anche promesso un risarcimento per le discriminazioni subite prima e dopo la seconda guerra mondiale.

La Solberg senza giri di parole ha definito il trattamento riservato dalle autorità nazionali alla minoranza, in particolare durante e immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, un “periodo oscuro della storia del nostro paese”.

Il commento del primo ministro segue la pubblicazione di un dettagliato rapporto, commissionato dal governo di Oslo nel mese di febbraio, sulle conseguenze di un provvedimento con cui venne impedito ai cittadini Rom norvegesi di rientrare nel paese dopo i viaggi all’estero a partire dal 1930.

norvegia rom

Dal rapporto è emerso che 62 Rom norvegesi furono trucidati nei campi di concentramento del Terzo Reich a causa del mancato ingresso (secondo le ultime stime la comunità Rom norvegese, nella seconda metà degli anni ’20, contava tra i 100 e i 150 individui).

Un altro rapporto, curato dal Centro Studi sulla Shoah e sulle minoranze religiose norvegese, ha dimostrato che il governo norvegese impedì il ritorno dei Rom sopravvissuti all’olocausto anche per il decennio successivo alla fine delle ostilità.

 

Norvegia: l’autocritica di un intero paese

È ormai giunto il momento della resa dei conti morale con questo periodo oscuro della storia del nostro paese – ha detto la Solbergoggi lo stato riconosce le proprie responsabilità, gli errori commessi e l’ingiustizia che è stata fatta nei confronti dei rom norvegesi” attraverso un vera e propria “politica di esclusione razziale”.

Ci sono voluti più di vent’anni (la battaglia per il risarcimento ma soprattutto per il riconoscimento dei torti subiti è cominciata nel 1990) ma la piccola comunità Rom norvegese, che al momento conta circa 500 appartenenti, ha finalmente ottenuto giustizia.

Tuttavia, si sottolinea nel rapporto, c’è ancora molto lavoro da fare per conoscere approfonditamente le violenze subite dai Rom durante la lunga occupazione nazista del paese.

Solo due mesi fa la coalizione di centro-destra con a capo la Solberg aveva promosso un controverso progetto di legge contro l’accattonaggio che, a detta dei critici, avrebbe sortito l’effetto di criminalizzare i cittadini Rom.

Successivamente, sia il Partito Conservatore del primo ministro che il Partito del Progresso, partner di maggioranza dichiaratamente “anti-immigrazione”, hanno ritirato il proprio sostegno alla normativa.

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le parole feroci di Salvini contro i rom

la politica della ferocia

a proposito di ‘radere al suolo i campi rom’

di Michele Serra
in “la Repubblica” del 9 aprile 2015

Serra

È sperabile e forse probabile che Matteo Salvini, quando dice che bisognerebbe “radere al suolo i campi Rom”, abbia in mente qualcosa di meno insolente e meno violento. Per esempio che, con congruo preavviso, quei campi andrebbero sgomberati. Perché allora, Salvini dice proprio “raderli al suolo”? Lo dice perché è al tempo stesso artefice e vittima di uno dei più funesti equivoci della scena politica italiana degli ultimi anni. L’idea che il “parlare come si mangia” sia un decisivo passo avanti; mentre è un penoso, umiliante passo indietro. La politica è — da sempre — il tentativo di dare una forma, anche verbale, alle pulsioni di massa. Di renderle, diciamo così, presentabili in pubblico, e non per il piacere privato di quattro intellettuali, ma per dare una voce più intellegibile e dunque più autorevole soprattutto a chi voce non ha. Che quella dei campi rom sia una questione sociale rilevante, e lo sia tanto per i rom quanto per chi con quei campi convive, è perfettamente vero. Ma nemmeno il più ottuso e infelice dei politici, a meno che sia un nazista (e Salvini non lo è)

salvini

può dire pubblicamente che quei campi vanno “rasi al suolo” senza attirarsi la dura critica e lo spregio di chi (per esempio la Caritas) la politica la fa sul campo. La fa nelle strade e nelle case, nelle periferie e nei campi nomadi, non nei “salotti del centro” tanto invisi a Salvini: e proprio per questo conosce le difficoltà, la fatica, la povertà, il degrado, le paure, il dolore umano, insomma la maledetta complicazione del problema. E detesta le semplificazioni becere, quelle scodellate in tivù per cercare l’applauso facile. L’urlaccio, il grido minaccioso, il borborigmo che non trova sbocchi non sono politica. Sono, della politica, un ingrediente bruto che chi fa politica ha il dovere di elaborare. Ignorare quegli ingredienti per non sporcarsi le mani è un vizio grave. Ma ficcarcele dentro, le mani, estraendone i peggiori effluvi e le più dolenti frattaglie come trofei, è il vizio opposto. In questo vizio sguazza, fino dalle sue origini, la Lega, che della sua matrice “popolana” si fa un vanto. Non rendendosi conto che il politicamente scorretto, per quanto lucroso (a tratti) e per quanto di facilissimo conio, ha il difetto strutturale di non riuscire a risolvere neanche mezzo problema. Se il politicamente corretto è spesso ipocrita, il politicamente scorretto è sempre impotente, rabbia da parata, smargiassata mediatica, niente che odori di soluzione anche parziale, anche imperfetta dei problemi. Niente che possa diventare governo, egemonia culturale, nuova identità condivisa e operativa. Se non si è Hitler o Tamerlano il politicamente scorretto, la minaccia feroce, le soluzioni finali sono solamente il segno della più fragorosa inettitudine. A questo danno interno, il politicamente scorretto aggiunge i danni inflitti, suo malgrado, alla comunità intera. Come un contagio. La dequalificazione del linguaggio politico, la sua capillare corrosione fa male a tutti indistintamente. Contamina, indebolisce, danneggia, peggiora, incanaglisce: diventa parte integrante del discredito della politica e della classe dirigente. Un personaggio come Razzi, oggi considerato una amabile macchietta, fino a non troppi anni fa sarebbe stato visto come una figura scandalosa o un caso umano da soccorrere. Quando ci si abitua a sdoganare l’insolenza, l’aggressività e l’ignoranza come ragioni identitarie, niente può più sbalordire e niente può più indignare. Fino a vent’anni fa a dire che bisogna “radere al suolo” i campi rom era qualche personaggio da bar. Nei bar si diceva (e si dice) anche molto peggio. Ma trasformare la polis in un bar vuol dire non avere alcun rispetto né della polis, né del bar.

il cardinale Vegliò le ha definite ‘parole stupide non meritevoli di commento’, il grande Vauro le ha commentate così:

Salvini e i rom

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