bufale pur di alimentare odio contro i rom

 

 

 

se una bufala alimenta l’odio verso i rom

I rom fanno audience: poco importa che la notizia sia una bufala. Verrebbe da pensarla così davanti alla “non notizia” che nelle scorse ore ha fatto il giro d’Italia, pubblicata dai più importanti quotidiani nazionali: alcuni rom alla guida di un’auto, probabilmente rubata, della polizia. La “non notizia” trae origine da un video postato su Youtube in cui si vedono alcune persone, divertite, guidare una volante della polizia nell’area del campo rom della Massimina.

Sui siti web e sui social network dei quotidiani la “non notizia” fa subito il boom di visualizzazioni, like e condivisioni. E, come era facile prevedere, di commenti:  negativi, disprezzanti, astiosi nei confronti dei rom. Dei rom tutti, in generale. Dei rom come entità indistinta, collettiva. Come se gli autori del sacrilegio – rubare l’auto della polizia e riderci sopra – non fossero stati gli autori del gesto in sé. Ma tutti, tutti i rom di Roma, d’Italia, d’Europa.

Ma non sono i commenti degli utenti a rappresentare il lato più sinistro dell’intera vicenda. Quanto la modalità che ha portato la quasi totalità dei media italiani e dei giornalisti a diffondere la notizia, senza alcun tipo di previa verifica e accertamento dei fatti. Basandosi, forse, semplicemente sull’effetto virale che il video stava ottenendo sui social.

Sarebbero bastate meno di un paio di telefonate per rendersi conto che la notizia da migliaia e migliaia di condivisioni era una non notizia. Già, perché quella non era una vera auto della polizia. Ma una finta volante utilizzata per la realizzazione di una fiction televisiva girata all’interno di un campo rom (la fiction Rai “È arrivata la felicità” con l’attrice Claudia Pandolfi, a quanto si apprende). Auto che, per esempio,  quelle persone avrebbero potuto chiedere e ottenere di guidare in un momento di rilassatezza e convivialità con la gente della produzione televisiva.  Per scherzo, per gioco, per divertimento. Un momento che successivamente, come capita a ognuno di noi, hanno voluto postare e condividere sui social network.

La notizia dei rom che avrebbero sottratto una volante ha messo in grande imbarazzo la Polizia, che ha dovuto affrettarsi a smentire l’accaduto ribadendo categoricamente, attraverso un comunicato, che quella non era una vera auto della polizia ma un’auto di scena.  La Polizia, del resto, sta indagando per chiarire se vi siano responsabilità quali l’eventuale negligenza nella gestione delle auto di scena da parte dei titolari della produzione.

Subito dopo gli stessi media che avevano diffuso la “non notizia” hanno dovuto fare un passo indietro e smentire che si trattava di vera volante. E così i titoli sono diventati: “Auto della polizia rubata dai nomadi: era una bufala”; “Nomadi rubano auto della polizia, ma è un veicolo usato per un film”; “Svelato il giallo dei nomadi visti sfrecciare sull’auto della polizia”.

Un giallo che i media avrebbero potuto svelare da loro, con una piccola verifica dei fatti, evitando di correre dietro alle notizie rilanciate dai media concorrenti e di gettare ulteriore benzina sul fuoco sul clima d’intolleranza nei confronti di rom e sinti.

Per concludere, ecco le parole postate oggi sul suo profilo Facebook da Paolo Ciani, responsabile rom e sinti della Comunità di Sant’Egidio: «Quindi se una ragazzina mette un video su Fb, nessun giornale si prende la briga di verificare di che si tratta: “auto della polizia in mano ai nomadi!”. Alè il gioco è fatto. Come si potrà mettere fine a tutto ciò? Come non si capisce l’irresponsabilità di tali comportamenti? Su un quotidiano romano a questa bufala si dà più spazio che alla Libia, alla Grecia o a ciò che accade in Ucraina… Com’è possibile? L’antigitanismo è un tarlo pericolosissimo: perché farlo proliferare e alimentarlo continuamente? Ora attendiamo tweet di Salvini… ».

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a proposito della quaresima e delle ceneri

 

 

tre riflessioni sul senso della quaresima e delle ceneri come preparazione alla pasqua: p. Maggi, A. Zarri, p. E, Bianchi

il grido disperato di Davide

 

QUARESIMA
Istruzioni d’uso
di padre Alberto Maggi

maggi

Con il mercoledì delle ceneri inizia la quaresima. Per comprendere il significato di questo periodo occorre esaminare la diversa liturgia pre e post-conciliare.
  Prima della riforma liturgica, l’imposizione delle ceneri era accompagnata dalle parole “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”, secondo la maledizione del Signore all’uomo peccatore contenuta nel Libro della Genesi (Gen 3,19). E con questo lugubre monito iniziava un periodo caratterizzato dalle penitenze, da rinunzie e sacrifici e dalle mortificazioni.
  Oggi l’imposizione delle ceneri è accompagnata dall’invito evangelico “Convertiti e credi al vangelo” (Mc 1,15). Le prime parole pronunciate dal Cristo non sono un invito alla conservazione, ma al cambiamento. Gesù non viene a mantenere la situazione così com’è, ma a trasformarla: il cambiamento deve essere il motore della vita del credente, orientando la propria esistenza al bene dell’altro e dando adesione alla buona notizia di Gesù.
  L’uomo non è polvere e non tornerà polvere, ma è figlio di Dio, e per questo ha una vita di una qualità tale che è eterna, cioè indistruttibile, e capace di superare la morte.
  In queste due diverse impostazioni teologiche sta il significato della quaresima.
 Mai Gesù nel suo insegnamento ha invitato a fare penitenza, a mortificarsi, e tanto meno a fare sacrifici. Anzi, ha detto il contrario: “MISERICORDIA IO VOGLIO E NON SACRIFICI” (Mt 12,7). La misericordia orienta l’uomo verso il bene del fratello. I sacrifici e le penitenze centrano l’uomo su se stesso, sulla propria perfezione spirituale e nulla può essere più pericoloso e letale di questo atteggiamento. Paolo di Tarso, che in quanto fanatico fariseo era un convinto assertore di queste pratiche, una volta conosciuto Gesù, arriverà a scrivere nella Lettera ai Colossesi: “Nessuno dunque vi condanni in fatto di cibo o di bevanda, o per feste, noviluni e sabati… Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: Non prendere, non gustare, non toccare? Sono tutte cose destinate a scomparire con l’uso, prescrizioni e insegnamenti umani, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne” (Col 2,16.20-23).  
  Paolo aveva compreso molto bene che queste pratiche dirigono l’uomo verso un’ impossibile perfezione spirituale, tanto lontana e irraggiungibile quanto grande è la propria ambizione. Per questo Gesù invita invece al dono di sé, che è immediato e concreto tanto quanto è grande la propria capacità di amare.
  La quaresima, pertanto, non è orientata al venerdì santo, ma alla Pasqua di risurrezione. Per questo non è tempo di mortificazioni, ma di vivificazioni. Si tratta di scoprire forme inedite, originali e creative di perdono, di generosità e di servizio, che innalzano la qualità del proprio amore per metterlo in sintonia con quello del Vivente, e così sperimentare la Pasqua come pienezza della vita del Cristo e propria.

  Per questo oggi c’è l’imposizione delle ceneri. Pratica che si rifà all’uso agricolo dei contadini che conservavano tutto l’inverno le ceneri del camino, per poi, verso la fine della brutta stagione, spargerle sul terreno, come fattore vitalizzante per dare nuova energia alla terra.
> Ed è questo il significato delle ceneri: l’accoglienza della buona notizia di Gesù (“Convertiti e credi al vangelo”), è l’elemento vitale che vivifica la nostra esistenza, fa scoprire forme nuove originali di amore, e fa fiorire tutte quelle capacità di dono che sono latenti e che attendevano solo il momento propizio per emergere. Creati a immagine di Dio (Gen 1,27), il Creatore ha posto in ogni uomo la sua stessa capacità d’amare. La Quaresima è il tempo propizio perché questo amore fiorisca in forme nuove, originali, creative.
  Auguri!

croce

Il deserto, le Ceneri e la Risurrezione

una riflessione di Adriana Zarri

Nel primo giorno di quaresima mi giungono tra le mani alcune sollecitazioni interiori sulla preghiera di Adriana Zarri, raccolte una trentina d’anni fa ma pubblicate lo scorso anno da Rubbettino con il felice titolo di Nostro Signore del deserto. Meditazioni sulla preghiera. La Zarri, scrittrice, teologa ed eremita, voce originale e profetica del panorama cattolico scomparsa nel 2010, una vita spesa sul crinale di una fede sempre limpida e di una critica alle incrostazioni temporali che avvolgono lo Spirito, ci riporta, con questo libro, all’essenza stessa della fede e della mistica cristiana. Non c’è zavorra estetica nel suo pregare, né richieste petulanti o obblighi da assolvere, né tantomeno strizza l’occhio a riti o pratiche religiose.

In realtà, nell’universo mistico della Zarri, c’è quel connubio, sempre felicissimo laddove riuscito, tra cielo e terra. La fede, per mezzo della preghiera, si rafforza nel verso degli uccelli, nel ritmo della natura e delle stagioni che fa sbocciare i fiori e crescere i frutti, nell’amicizia tra gli uomini che sfocia in baci e abbracci. Perfino il pudore gestuale, il linguaggio gestuale, i messaggi espressivi del corpo, sono anticamera del sacro, dove il pregare non è chiedere le cose, ma è il chiedere il regno e il pane.Una preghiera quasi “carnale”, quella che ci viene proposta, quasi un erotismo della preghiera che non ammette ostacoli mistici e anzi, lascia al lettore e al cercatore di silenzi dell’anima, quel senso di approdo verso un desiderio di deserto, tipicamente femminile, perché la Zarri è fortemente teologa donna, dove l’amore (al femminile) contagia e rende liberi.

La preghiera è una questione ontologica, cioè del nostro essere, del nostro stare al mondo. E quindi è un fatto d’amore. Fede, amore e preghiera si confondono e si distanziano, si toccano e si lasciano, prendono forma insieme e si nutrono a vicenda. Su tutti, l’amore viscerale per Gesù di Nazareth, l’uomo figlio di Dio che ha saputo abbracciare l’umanità in una follia collettiva e individuale d’amore puro.

Le Ceneri di questo duemilaquindici dopo la Sua venuta, ci dicono che l’urgenza di tornare alle piccole cose della vita quotidiana hanno in sé qualcosa di divino. L’ultima goccia di amore del buon Dio che riversa su di noi, il popolo traditore, non meritevole di atto di fiducia sacra.Qui, di nuovo, parte la sfida. Una Quaresima che ci appare lontana, per consuetudini legate alla velocità e alla frammentazione del vivere, diventa anche per noi, umanità allo sbando, una possibilità concreta di appartenere al sacro. Per poche ore, per un attimo, per quaranta giorni.

Respirare con esso, sentirsi consumato da esso, e gioire con lo Spirito che pure è legato a frammenti di vita, rafforza, talvolta allieta la nostra anima e la spinge verso i territori più ardui e difficili della Risurrezione.

riflessioni politico-religiose indotte dalla morte di Andreotti

QUARESIMA

Mercoledì delle ceneri 
“Alla ricerca della verità del proprio essere”
di Enzo Bianchi  
“Ogni anno ritorna la quaresima, un tempo pieno di quaranta giorni da vivere da parte dei cristiani tutti insieme come tempo di conversione, di ritorno a Dio. Sempre i cristiani devono vivere lottando contro gli idoli seducenti, sempre è il tempo favorevole ad accogliere la grazia e la misericordia del Signore, tuttavia la Chiesa – che nella sua intelligenza conosce l’incapacità della nostra umanità a vivere con forte tensione il cammino quotidiano verso il Regno – chiede che ci sia un tempo preciso che si stacchi dal quotidiano, un tempo “altro”, un tempo forte in cui far convergere nello sforzo di conversione la maggior parte delle energie che ciascuno possiede. E la Chiesa chiede che questo sia vissuto simultaneamente da parte di tutti i cristiani, sia cioè uno sforzo compiuto tutti insieme, in comunione e solidarietà. Sono dunque quaranta giorni per il ritorno a Dio, per il ripudio degli idoli seducenti ma alienanti, per una maggior conoscenza della misericordia infinita del Signore.
La conversione, infatti, non è un evento avvenuto una volta per tutte, ma è un dinamismo che deve essere rinnovato nei diversi momenti dell’esistenza, nelle diverse età, soprattutto quando il passare del tempo può indurre nel cristiano un adattamento alla mondanità, una stanchezza, uno smarrimento del senso e del fine della propria vocazione che lo portano a vivere nella schizofrenia la propria fede.

Il mercoledì delle Ceneri segna l’inizio di questo tempo propizio della quaresima ed è caratterizzato, come dice il nome, dall’imposizione delle ceneri sul capo di ogni cristiano. Un gesto che forse oggi non sempre è capito ma che, se spiegato e recepito, può risultare più efficace delle parole nel trasmettere una verità. La cenere, infatti, è il frutto del fuoco che arde, racchiude il simbolo della purificazione, costituisce un rimando alla condizione del nostro corpo che, dopo la morte, si decompone e diventa polvere: sì, come un albero rigoglioso, una volta abbattuto e bruciato, diventa cenere, così accade al nostro corpo tornato alla terra, ma quella cenere è destinata alla resurrezione.
Simbolica ricca, quella della cenere, già conosciuta nell’Antico Testamento e nella preghiera degli ebrei: cospargersi il capo di cenere è segno di penitenza, di volontà di cambiamento attraverso la prova, il crogiolo, il fuoco purificatore. Certo è solo un segno, che chiede di significare un evento spirituale autentico vissuto nel quotidiano del cristiano: la conversione e il pentimento del cuore contrito. Ma proprio questa sua qualità di segno, di gesto può, se vissuto con convinzione e nell’invocazione dello Spirito, imprimersi nel corpo, nel cuore e nello spirito del cristiano, favorendo così l’evento della conversione. … ” (Enzo Bianchi)
Leggi tutto:
http://pietrevive.blogspot.it/…/quaresimamercoledi-delle-ce…

 

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