le 15 malattie della chiesa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

una chiesa gravemente malata

papa Francesco contro la Curia: “Gravissima la malattia della doppia vita”

dal sito di Haffington post:malattie curia

 

Ecco le malattie che il Papa, nella udienza alla curia per gli auguri di Natale, ha elencato e analizzato invitando alla riflessione, alla penitenza e alla confessione, in questi giorni che separano dal Natale: la prima è la “malattia del sentirsi immortali, immuni da difetti, trascurando i controlli” un corpo che non fa “autocritica, non aggiorna e non cerca di migliorarsi, è un corpo infermo”. Il Papa ha suggerito una “ordinaria visita ai cimiteri, dove vediamo i nomi di tante persone che si consideravano immuni e indispensabili”.Questa malattia, ha commentato il Papa, “deriva spesso dalla patologia del potere, dal narcisismo che guarda la propria immagine e non vede il volto di Dio impresso” negli altri, sopratutto “i più deboli”. “Antidoto a questa epidemia – ha suggerito il Pontefice – è la grazia di sentirci peccatori, e il dire ‘siamo servi inutili'”.La secondo è la “malattia del martalismo, che viene da marta, la malattia della eccessiva operosità”, di coloro che “si immergono nel lavoro trascurando inevitabilmente la parte migliore, il sedersi ai piedi di Gesù”. “Trascurare il necessario riposo – ha ammonito – porta allo stress e alla agitazione” un “tempo di riposo da trascorrere con i familiari è necessario”, come necessario è “rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica”, ricordando quanto dice il libro del biblico del Quelet, ‘c’è un tempo per ogni cosa”.La terza: “malattia dell’impietrimento mentale e spirituale”, “il cuore di pietra e duro collo di coloro che strada facendo perdono serenità interiore audacia e si nascondono sotto le carte diventando macchine di pratiche e non uomini di Dio”, “è pericoloso perdere la sensibilità umana, ed è la malattia di coloro che perdono i sentimenti di Gesù, il cuore col tempo si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il padre e il prossimo, essere cristiani infatti – ha ricordato il Papa – significa avere gli stessi sentimenti di distacco, donazione e generosità di Gesù”

La quarta è la “malattia della eccessiva pianificazione e funzionalismo, quando l’apostolo – ha osservato papa Bergoglio – pianifica tutto minuziosamente e crede che le cose progrediscono diventando così un contabile e un commercialista: preparare tutto e bene è necessario, ma senza voler mai richiudere e pilotare la libertà dello Spirito che è più generosa di ogni pianificazione”. “Si cade in questa malattia – ha denunciato papa Francesco – perché è più comodo adagiarsi nella proprie posizioni immutate”, voler “regolare e addomesticare lo Spirito Santo che è freschezza fantasia, novità”.

La successiva malattia in agguato per ogni chiesa, curia e gruppo di fedeli elencata dal Papa, la quinta, è la “malattia del mal coordinamento: quando i membri perdono coordinamento tra loro” la curia diventa “un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo Spirito di grazia”. Qui il Papa ha esemplificato parlando tra l’altro della “testa che dice al braccio ‘comando io'”.

La sesta è la “malattia dell’alzheimer spirituale, la dimenticanza della storia della salvezza, della storia personale con il Signore, del primo amore: si tratta – ha spiegato papa Francesco – di un declino progressivo delle facoltà spirituali” che “in un tempo più o meno lungo” rende la persona o il gruppo “incapace di un’attività autonoma, in uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie: lo vediamo – ha rimarcato – in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore, dipendono dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie, che costruiscono intorno a sé dei muri e delle abitudini e diventando sempre di più schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani”.

La settima è “la malattia della vanità e vanagloria” di chi vede solo “l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza come vero obiettivo della vita, dimenticando le parole di san Paolo”, e qui il Papa ha citato l’invito paolino a non considerare gli altri secondo il proprio interesse. “Questa malattia – ha denunciato il Pontefice davanti alla curia – ci porta ad essere uomini e donne falsi e a vivere un falso misticismo e un falso pietismo san paolo ‘nemici della croce di cristo’ perchè si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi”.

L’ottava è la “malattia della schizofrenia esistenziale: avere una doppia vita frutto della ipocrisia del mediocre” e “del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare, coloro che abbandonando il servizio pastorale si limitano a pratiche burocratiche, vivono in un loro mondo parallelo dove mettono da parte ciò che insegnano agli altri e iniziano una vita dissoluta”. “La conversione per questa gravissima malattia – ha rimarcato il Papa dopo una frazione di silenzio – è urgente indispensabile”.

La nona malattia è quella “di chiacchiere, mormorazioni pettegolezzi, ne ho parlato tante volte – ha ricordato – ma non è mai abbastanza: è grave, inizia magari per fare due chiacchiere, e si impadronisce della persona facendola diventare seminatrice di zizzania come Satana”. Questa malattia è “delle persone vigliacche, che non avendo il coraggio di parlare direttamente, parlano dietro le spalle”, e anche a questo proposito il Papa ha citato san Paolo con il suo invito a agire senza mormorare, ed essere irreprensibili e puri. “Guardiamoci – ha ancora esortato papa Francesco – dal terrorismo delle chiacchiere”.

La decima è “la malattia di divinizzare i capi, di coloro che corteggiano i superiori sperando di ottenere la benevolenza. Sono vittime di carrierismo e opportunismo, onorano le persone e non Dio, sono persone meschine, infelici, ispirate solo dal proprio fatale egoismo. Questa malattia – ha osservato papa Bergoglio – potrebbe anche colpire i superiori quando corteggiano loro collaboratori per averne lealtà e dipendenza. Ma il risultato finale – ha sottolineato con forza – è una vera complicità”.

L’undicesima: “la malattia dell’indifferenza verso gli altri, quando ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità dei rapporti umani, quando si viene a conoscenza di qualcosa e la si tiene per sé invece di condividerla positivamente con gli atri, quando per gelosia o scaltrezza si prova gioia nel vedere altro cadere invece di incoraggiarlo e rialzarlo”.

La dodicesima è “la malattia della faccia funerea, delle persone burbere e arcigne che ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia e trattare gli altri, soprattutto quelli ritenuti inferiori, con rigidezza e arroganza”. La “severità teatrale e pessimismo sterile sono spesso sintomo di insicurezza di sé” ha detto il Papa, che ha invitato a “sforzarsi di essere una persona entusiasta e allegra che trasmette gioia: un cuore pieno di Dio è felice e contagia con la gioia attorno a sè; non perdiamo quello spirito gioioso, pieno di humour e persino autoironico che ci rende persone anche nella situazioni difficili. Quanto bene ci fa una buona dose di santo umorismo e ci farà bene recitare spesso la preghiera di Thomas Moore: io la prego tutti i giorni, mi fa bene”.

La tredicesima malattia, ha spiegato Bergoglio, è quella “dell’accumulare, di chi cerca di riempire un vuoto esistenziale accumulando beni materiali, non per necessità ma solo per sentirsi sicuro”. Il Papa ha ribadito che “il sudario non ha tasche”, cioè che morendo non ci si porta dietro niente “e – ha sottolineato – tutti i tesori terreni, anche se sono regali, non riempiranno quel vuoto”. “A queste persone – ha aggiunto il pontefice – il Signore ripete ‘tu dici sono ricco, non ho bisogno di niente, ma non sai di essere un povero cieco’.

L’accumulo appesantisce solamente e rallenta il cammino inesorabilmente”. Ha quindi raccontato un aneddoto: “Un tempo – ha ricordato – i gesuiti spagnoli descrivevano la Compagnia di Gesù come la ‘cavalleria leggera della Chiesa; ebbene, un giovane gesuita che doveva traslocare e stava sistemando il suo bagaglio, tanti regali, oggetti, si sente dire da un vecchio gesuita saggio, ‘questa sarebbe la cavalleria leggera della Chiesa?’ I nostri traslochi”.

Quattordicesima malattia quella “dei circoli chiusi, dove la appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al corpo e a Cristo stesso. Anche questa inizia sempre da buone intenzioni, ma con il passare del tempo schiavizza diventando un cancro” che causa tanto male e scandali, specialmente ai nostri fratelli più piccoli. La autodistruzione o il fuoco amico dei commilitoni è il pericolo più subdolo”: ‘ogni Regno bene diviso in se stesso va in rovina’”.

Infine, “l’ultima malattia – ha detto Bergoglio alla curia romana – è quella del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani, o per ottenere più potere”. E’ la malattia “delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per questo capaci di calunniare, diffamare e screditare gli altri, persino su giornali e riviste, naturalmente per esibirsi e mostrarsi più capaci degli altri. Fa male al corpo – ha sottolineato il Pontefice – perché porta a usare qualsiasi scopo, spesso in nome della giustizia e della trasparenza”. E a questo punto il Papa ha raccontato del prete che chiamava i giornalisti per spiattellargli i difetti dei confratelli, e lo ha chiamato “poverino”.

di seguito alcuni degli articoli che il sito ‘finesettimana’ ha raccolto come approfondimento di questa diagnosi di papa Francesco:
“Francesco è stato minuzioso e non ha fatto sconti. Da buon conoscitore della macchina curiale, ha elencato i peccati che vede attorno a sé e li ha chiamati con il loro nome. Dovevano essere auguri di Natale: è diventata una strigliata in piena regola, condita dal consiglio di fare una bella confessione.” “ha fatto capire secondo quali linee procederà in quel lavoro di riforma della curia che resta uno dei suoi compiti prioritari, in base al mandato ricevuto dai cardinali elettori.”
“Quanto bene ci fa una buona dose di sano umorismo”. Così, fate una bella risata, venerati confratelli. …” Quindici sfumature di peccato: un “catalogo delle malattie curiali” di tale severità che quasi tutti gli anticlericali di professione non saprebbero tenere il passo” (ndr.: come diluire, snervare, mascherare e dileggiare)
La «curialite» è un virus contagioso. Una brutta malattia. I sintomi sono evidenti. Francesco osserva preoccupato la salute dell’intero sistema, poi elenca tutti gli aspetti patologici, descrivendoli uno per uno, dal più trascurabile al più serio. Monsignori che si credono «immortali» e agiscono come «burocrati indispensabili»
Ancora una volta le parole del Papa non hanno bisogno di particolari esegesi. Sono chiare da sé. Si riferiscono a mali di cui è infetta la Curia romana e per i quali egli ha sentito la necessità di chiedere «perdono » davanti ai dipendenti della Santa Sede ricevuti ieri in separata sede. Perdono «per le mancanze» sue e dei suoi collaboratori, «e anche per alcuni scandali che fanno tanto male».
Francesco incontra la Curia romana per gli auguri natalizi e, al posto dei consueti bilanci di fine anno, snocciola con la pacatezza di chi sa di che cosa parla le quindici malattie da cui emendarsi. «Malattie » e «tentazioni» che non riguardano soltanto la Curia, ma che sono «un pericolo per ogni cristiano e per ogni comunità». Per queste il Papa ha chiesto «perdono », per sé e per i suoi collaboratori, ricevendo successivamente i dipendenti della Santa Sede.
La Curia romana non è piovuta in Vaticano dal cielo, né è stata messa lì da qualche potentato straniero, ma è sorta quale logica emanazione della politica ecclesiastica papale che ha fatto del Vaticano un centro di potere assoluto, e non un organo di servizio come vorrebbe oggi papa Francesco. Se si vuole la coerenza del ragionamento,.., occorre concludere che i mali della Curia romana non possono non essere esattamente i mali dello stesso potere pontificio. “la riforma della curia non può che condurre a una riforma del papato. Avrà la forza papa Francesco per intraprendere questa strada? La volontà, di sicuro, sì.
Ha chiesto «un vero esame di coscienza», il Papa, a cominciare dalla «patologia del potere». Più tardi incontrerà i dipendenti vaticani e chiederà loro «perdono» per «le mancanze, mie e dei collaboratori, e anche per alcuni scandali che fanno tanto male: perdonatemi».
“Papa Francesco ha fatto ieri gli auguri ai vertici della Curia e ai dipendenti vaticani… I primi li ha invitati ad un severo esame di coscienza. I secondi a curarsi dalle mancanze, chiedendo comunque loro perdono per le mancanze e gli scandali «mie e dei miei collaboratori»… Prendendo spunto dall’etimologia della parola ‘Curia’, li ha esortati a trasformare il Natale «in una vera occasione per ‘curare’ ogni ferita e per ‘curarsi’ da ogni mancanza»”
Si intuisce tutta la difficoltà di conciliare la sua idea di una «Chiesa in uscita» con la realtà vaticana di una Chiesa tendenzialmente sulla difensiva, trincerata in antiche certezze: per quanto smentite dalla storia recente. La prospettiva che di questo passo aumentino le distanze tra il papa latinoamericano e una parte delle gerarchie, proprio mentre cresce la sintonia tra Francesco e le folle, non va sottovalutata.
dicembre 2014

Le proposte immediate di riforma per contrastare i mali della curia denunciati da papa Francesco di Noi Siamo Chiesa: abolizione titoli onorifici, ingresso donne, sobrietà, incarichi a tempo, decentramento funzioni
il mio compito come evangelico non è dare consigli al papa su quello che ancora va fatto: io apprezzo quel che ha detto, le conseguenze per quanto riguarda lo stesso ministero pontificio le deve trarre lui. … La riforma del papato, come la propone Mancuso da cattolico è soltanto una delle soluzioni, da cinquecento anni la storia ne propone un’altra, e cioè una chiesa senza papa e senza curia».
“Per la curia romana, il tradizionale scambio di auguri con il papa, all’avvicinarsi del Natale, si è trasformato quest’anno in una seduta di ammonizione. Immobili sulle loro sedie allineate nella solenne sala Clementina… cardinali e vescovi hanno ascoltato Francesco portare avanti, per mezz’ora, la carica più incisiva del suo pontificato contro i mali di cui soffre… l’amministrazione vaticana” Ritorno sui temi della ristrutturazione della governance e sulle poste in gioco del sinodo.
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il vangelo della domenica

IL BAMBINO CRESCEVA, PIENO DI SAPIENZA

 commento al Vangelo della domenica dopo natale (SACRA FAMIGLIA – 28 dicembre 2014) di p. José María CASTILLO

Castillo

 

 

 

 

Lc 2, 22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè,  portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del   Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia   di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era
un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo   Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la   morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e,   mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo
riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a   Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come   segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i  pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser.
Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi   rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo   Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a   lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla   loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era  su di lui.

1. Questo racconto vuole, prima di tutto, evidenziare la fedeltà dei genitori di Gesù alle osservanze che imponeva la religione di Israele. In una famiglia
così fu educato Gesù. È una cosa che impressiona, se pensiamo alla grande libertà poi avuta da Gesù di fronte a non poche osservanze di quella religione.

2. D’altra parte, in questo testo si parla di “purificazione”. Secondo la Legge di Mosé (Lv 12, 2-8), il parto e la mestruazione rendevano impure le donne.
E, secondo Es 13, 1-2, i maschi primogeniti dovevano essere consacrati al Signore. In non poche cose la religione non accetta la nostra natura e la nostra
umanità così com’è e stabilisce norme e riti per “purificare” quello che secondo le nostre convinzioni Dio ha fatto. Spesso le norme ed i rituali religiosi
pretendono di imporsi alla natura ed all’umanità, in maniera tale che pretendono di essere più importanti di quello che ha fatto Dio. Queste cose generano
resistenza e rifiuto della religione in non pochi ambienti. E così allontanano la gente da Dio, dalla fede, dalla Chiesa….
3. Simeone ed Anna sono persone esemplari in onestà, bontà, desideri di incontro con la salvezza e la soluzione che non diamo a questo mondo forse può
venire da coloro che cercano Dio e credono in Lui. Questo rispetto verso gli anziani, verso la loro esperienza e la loro esemplarità si dovrebbe promuovere
soprattutto in un tempo in cui gli eventi si succedono con tanta rapidità che ci sconcertano. In maniera tale che noi anziani corriamo oramai il pericolo
di non voler imparare dai giovani. Così come i giovani possono anche disinteressarsi della cultura accumulata nell’esperienza degli anziani. Tutti dobbiamo
rispettarci reciprocamente ed imparare gli uni dagli altri.

Gesù era clandestino: la vera storia di Natale

Gesù era clandestino e i suoi genitori varcarono le frontiere in modo irregolare. La vera storia del 25 dicembre e il racconto del compleanno di Gesù bambino.

Gesù era clandestino

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