dal Roma pride di quest’anno a Roma: “ci ved … iamo fuori”

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IL DISCORSO DI NUOVA PROPOSTA LETTO DA CATERINA DAL PALCO DEL ROMA PRIDE 2014

“Lo slogan della campagna di comunicazione del Roma Pride di quest’anno e’ “ci vediamo fuori!”.
Fuori, alla luce del sole, senza nascondersi più, perché le nostre esistenze sono belle, degne e piene come quelle di ogni altra persona, e allo stesso modo dovrebbero essere protette e incoraggiate da uguali diritti e responsabilizzate da uguali doveri.
Noi di Nuova proposta, donne e uomini omosessuali cristiani, da tempo abbiamo fatto nostra questo stile di vita e di pensiero.
Ci sentiamo parte del popolo di Dio che cammina e vogliamo favorire il cambiamento tra le comunità cristiane che sono ancora troppo disinformate e spesso incapaci di accogliere e sentire veramente come “fratello o sorella” una persona omosessuale o transessuale. Noi, questo cambiamento, cerchiamo di promuoverlo dall’interno delle comunità stesse.
Negli ultimi anni ci stiamo impegnando per “portare fuori” le nostre storie di vita e proporre percorsi nuovi di accoglienza dentro le parrocchie, dentro i gruppi e le associazioni cristiane, proponendoci come interlocutori di un dialogo che sappiamo può essere anche duro e doloroso, ma che riteniamo indispensabile.
Accogliere significa entrare in relazione profonda con una persona, senza giudicare, senza porre condizioni, significa rispettare l’altra persona, i suoi desideri, la sua affettività e contribuire con ogni mezzo al dispiegarsi delle sua energie vitali, dei suo sogni,che sono qualcosa di sano e prezioso e possono essere importanti e utili per tutti, per il bene della società.
E’ finito il tempo di aspettare passivamente cambiamenti nel mondo cristiano o legittimazioni dall’alto.
Abbiamo capito che il cambiamento si realizza solo mettendosi in gioco, proponendo, mettendo in circolo le proprie esperienze, le proprie esistenze, trasformandole in occasione di crescita per la comunità intera.

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Oggi più che mai,siamo di fronte a un’opportunità di cambiamento e crescita.
La domanda che si e’ rivolto spontaneamente il vescovo Francesco “chi sono io per giudicare un gay?” – comunque la si pensi – è stato un balsamo per molte persone, ma deve ora diventare un cambiamento concreto.
Quella sospensione di giudizio non basta!
Deve evolvere in crescita delle comunità cristiane nella loro capacità concreta di accogliere, incoraggiare, rispettare le persone omosessuali e transessuali nel loro desiderio di una vita piena, come tutte le persone che ancora oggi si trovano emarginate ed escluse a causa dei sistemi di potere.

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La nostra speranza, per cui continuiamo a lottare, è quella che di realizzare il progetto di libertà e di umanità proposto da Gesù 2000 anni fa: guardare ogni persona con gli occhi del cuore e non con quelli della legge, lottare perché chi viene lasciato indietro dalla società dei potenti, possa camminare a testa alta con la propria dignità di essere umano.
Gesù camminava e predicava “fuori”, per le strade, non nel tempio.
Dobbiamo continuare,tutti insieme, lesbiche , gay, etero, transessuali, credenti e non credenti a stare “fuori”, a produrre bellezza e speranza, a dialogare con tutti, a proporre valori nuovi e a lottare per diritti e doveri uguali per tutti!”!

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le beatitudini secondo papa Francesco

   

Le beatitudini sono il programma di vita che ci propone Gesù!

 

Le beatitudini sono il programma di vita che ci propone Gesù!

Come si fa per diventare un buon cristiano?

Questa è la domanda che Papa Francesco si è posto ed ha rivolto ai partecipanti della Santa Messa in Casa Santa Marta oggi, lunedì 9 giugno 2014, spiegando poi, nel corso della riflessione, che la risposta a tale questione è semplice e la possiamo trovare nelle beatitudini, le quali sono “il programma di vita che ci propone Gesù; tanto semplice, ma tanto difficile“.

Il cammino delle beatitudini, ha spiegato il Pontefice, è complesso perché è un cammino contro corrente: “il mondo ci dice: la gioia, la felicità, il divertimento, quello è il bello della vita” ha detto “E ignora, guarda da un’altra parte, quando ci sono problemi di malattia, problemi di dolore nella famiglia“.

Perché questo? Perché sostanzialmente “il mondo non vuole piangere” quindi alla fin fine “preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle. Soltanto la persona che vede le cose come sono, e piange nel suo cuore – ha quindi spiegato Bergoglio – è felice e sarà consolata” ma non nel modo terreno, perché “la consolazione di Gesù, non quella del mondo“.

Così Gesù, in “un mondo di guerre, un mondo dove dappertutto si litiga, dove dappertutto c’è l’odio” propone “niente guerre, niente odio, pace, mitezza” proclamando beati i miti; in un mondo dove “tutti siamo stati perdonati” dove tutti apparteniamo a un grande “esercito di perdonati“ Gesù dice beati coloro che perdonano, che vanno “per questa strada del perdono“; ancora in un mondo dove “è tanto comune da noi essere operatori di guerre o almeno operatori di malintesi” Gesù dichiara beati gli operatori di pace e coloro che “hanno un cuore semplice, puro, senza sporcizie, un cuore che sa amare con quella purità tanto bella“.

Quelle di Gesù sono “poche parole, semplici parole, ma pratiche a tutti, perché il cristianesimo è una religione pratica: non è per pensarla, è per praticarla, per viverla

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la singolare ‘gentilezza’ dei cattolici

i cattolici sono gentili, molto gentili, troppo gentili

sono contento di avere ritrovato, dimenticato in un cassetto e disperando ormai di ritrovarlo, questo piccolo ma intelligente articolo di un giornalista di Témoignage chrétien, Philippe Clanché ( l’intervento è apparso sul blog dell’autore: http://cathoreve.overblog.com/) sull’atteggiamento acritico, scarsamente professionale e con tratti da culto della professionalità nel trattare argomenti religiosi e in particolare concernenti la figura del papa

l’articolo è chiaramente datato, riferendosi ai primi momenti dell’elezione di papa Francesco, ma conserva indubbio valore paradigmatico di tanta scarsezza di professionalità:

il papa

 

 

Dal 1978, i cattolici hanno visto apparire al balcone di San Pietro in Roma un papa giovane e sportivo, poi due settuagenari, uno cerebrale e l’altro vicino al popolo. Ogni volta hanno acclamato il pontefice con la medesima forza e hanno esultato per l’azione dei cardinali e dello Spirito Santo. Si sono estasiati davanti a un pontefice che mette in scena la sua agonia in di-retta, poi davanti ad un altro che ha spiegato che, mancandogli le forze per reggere il pesante timone della Chiesa cattolica, preferiva ritirarsi. Alcuni giorni dopo, gli stessi si sono entusiasmati all’arrivo di un uomo di 76 anni, certo in forma, anche se privo di un polmone. Erano pronti ad acclamare un favorito di cui conoscevano il curriculum Vitae e hanno gridato di gioia per uno sconosciuto. Adorano le missioni papali ovunque nel mondo e approvano plebiscitariamente i settuagenari. Esagerando un po’, si potrebbe dire che qualunque persona vestita di bianco fosse apparsa al balcone di San Pietro avrebbe immediatamente ottenuto l’assenso generale dei fedeli. A Parigi, un centro giovanile tenuto da religiosi ha invitato a seguire su uno schermo gigante la messa d’intronizzazione del “Papa buono Francesco”. Il termine, che io sappia, è stato usato recentemente solo per Giovanni 23°, dopo che ha convocato un concilio, parlato agli ‘uomini di buona volontà’, contribuito ad evitare una guerra (la crisi di Cuba) e scritto testi storici sulla pace e la giustizia. Come è possibile, nel giro di due o tre giorni, dire che papa Francesco è, o sarà, “buono”? Bisogna ammettere che i nostri cattolici francesi, banderuole compiacenti, in questo loro atteggiamento sono sostenuti dalla stampa, altrettanto estasiata. I media profani vanno matti per i riti e lo scenario di questa monarchia fuori tempo, Il fumo bianco, il segreto, le guardie svizzere, è tutto talmente desueto e simpatico! Soprattutto poi se l’eletto viene da un Paese esotico! Le nostre televisioni sogna-no l’avvento dei nuovi papi come si dilettano dei matrimoni dei principi. (…) State tranquilli, questi stessi media non tarderanno a trattare il fenomeno cattolico con sarcasmo e incompetenza, appena gli esperti saranno tornati a casa. E appena il papa dovrà pronunciarsi su argomenti che incontreranno un consenso meno unanime del suo amore per i poveri. Quanto alla stampa cattolica, è di una deferenza che meriterebbe a volte che si ritirasse la tessera di giornalista professionista ad alcuni. Le immagini proposte dell’incontro con la stampa” del nuovo papa sabato 16 marzo sfioravano la caricatura. Ahimè, questa è la normale copertura mediatica in Vaticano. Conoscete molti luoghi in cui dei giornalisti professionisti applaudono al suo arrivo la persona che li ha convocati, alzano per bene i loro iphone per scattare delle foto (come ragazzini ad un concerto) e tornano a battere le mani all’uscita della star? II tutto senza avere il diritto di porre alcuna domanda. Benvenuti nel mondo magico della stampa cattolica accreditata presso la Santa Sede. Invitato ad una radio a commentare in diretta l’arrivo del nuovo pontefice, mi sono sentito a disagio davanti allo stupore permanente dei miei confratelli. Domani, fratelli e sorelle, sarà bello, perché abbiamo un papa or-nato di tutte le virtù! Uno sguardo più distaccato, più critico, in breve un po’ più professionale, sarebbe il benvenuto. E un atteggiamento così sarebbe anche un utile servizio alla Chiesa cattolica, che è pur-troppo priva di specchio, eccetto quello della regina di Biancaneve.

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