ancora sull’anno ‘francescano’

papa-francesco

nel compimento di un anno di pontificato di papa Francesco mi piace ricordare la circostanza offrendo un ‘collage’ di riflessioni e articoli che in diverse testate sono comparsi
i vari ‘pezzi’ sono preceduti da una stupenda riflessione di papa Francesco stesso sul dialogo e sulla negatività di ogni fondamentalismo, anche cattolico: il dialogo non è relativismo, ma ‘logos’ che si vuole condividereo

ogni titolo in rosso è anche un link che rimanda al rispettivo articolo:

 il  papa Francesco in la Repubblica del 13 marzo 2014

un inedito tratto da “La bellezza educherà il mondo” di Francesco (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64, euro 5,90), in libreria da oggi, a un anno esatto dall’elezione in conclave, “Chi si rifugia nel fondamentalismo è una persona che ha paura di mettersi in cammino per cercare la verità. Già «possiede» la verità, già l’ha acquisita e strumentalizzata come mezzo di difesa; perciò vive ogni discussione come un’aggressione personale.” ” Dialogo non significa relativismo, ma «logos» che si condivide” “Cercare la verità è diverso dal trovare formule per possederla e manipolarla a proprio piacimento. ” ” la verità non la si ha, non la si possiede: la si incontra”

di Andrea Riccardi in Corriere della Sera del 13 marzo 2014

“Nel suo parlare alla gente, Francesco ha messo al centro il Vangelo con l’accentuazione della misericordia. I temi etici sono entrati in un cono d’ombra, non perché il Papa li ripudi, ma è convinto che l’eccessiva insistenza su questi aspetti non sia necessaria, anzi riduca la capacità di parlare al cuore” ” Il Papa ha reso orizzontale il contatto con la Chiesa, rivolgendosi al popolo. Non appare indulgente verso il clericalismo e le mancanze del ceto ecclesiastico” ” Oggi l’opinione pubblica è con il Papa, ma le resistenze sono tra il clero e i vescovi “

di Henri Tincq in www.slate.fr del 12 marzo 2014 (nostra traduzione)

“Eletto un anno fa, Francesco ha rivoluzionato il modo di comunicare dei papi. Nei suoi tweet, nelle sue interviste alla grande stampa, nella sua omelia quotidiana, nelle sue telefonate senza intermediari, possiede l’arte delle frasi “cesellate”, agrodolci, che sconcertano, fanno sorridere o digrignare i denti”

di Vito Mancuso in la Repubblica del 14 marzo 2014

“l’epoca della fede dogmatico-ecclesiastica che implica l’accettazione di una dottrina e di un’autorità è ormai alla fine perché il metodo sperimentale della scienza è entrato anche nella vita spirituale….”  Al suo posto sta nascendo un cristianesimo non-dogmatico che dall’esteriorità dottrinale passa all’interiorità esistenziale,…. Il passaggio da Benedetto XVI a Francesco è una manifestazione di questo movimento epocale ” se il cristianesimo vuole tornare a essere percepito come una buona notizia …, si deve sottoporre a riforma” “Il suo fallimento (di Francesco) sarebbe la fine della luce che si è accesa nell’esistenza di tutti gli esseri umani non ancora rassegnati al cinismo e alla crudeltà della lotta per l’esistenza,… Se lo ricordino i cardinali, i monsignori e i teologi che stanno facendo di tutto per bloccare e far fallire l’azione riformatrice di papa Francesco.”

di Piergiorgio Cattani in Trentino del 14 marzo 2014

Oggi Bergoglio, forte della tradizione dei gesuiti, invita a annunciare il Vangelo “nell’idioma di ogni cultura; e ogni realtà, ogni lingua ha un ritmo diverso”. Cambiare ritmo. Questa la sfida. Anche per interpretare al meglio una globalizzazione che omologa il mondo al ribasso, mentre si acuiscono i nazionalismi e i disequilibri. Su questo versante Bergoglio porta a Roma le istanze della Chiesa latino-americana, in cui la fede si incarna nel bisogno di liberazione del popolo. Una Chiesa veramente universale, una Chiesa ecumenica è quella che non solo tollera, ma apprezza le differenze. Questa sembra essere la via indicata da Francesco.

di Nanni Delbecchi in il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2014

Tre milioni di tiratura programmati per i primi cinque numeri, una stima di 300 mila copie vendute per il primo, mentre il secondo è appena uscito dalle rotative. Che Francesco, il papa dei poveri, fosse anche una specie di Re Mida, capace di trasformare in una miniera d’oro tutto ciò che lo riguarda (libri, dvd, dispense, gadget), lo si sapeva; ma il botto a sorpresa è arrivato in edicola.

intervista a Nancy Gibbs a cura di Elena Molinari in Avvenire del 13 marzo 2014

Parla il direttore del settimanale Usa «Time» che ha scelto Francesco come persona dell’anno «Ha rimesso in primo piano i temi della disuguaglianza, della povertà, della globalizzazione»  Nella scelta cerchiamo sempre un equilibrio fra potere istituzionale e potere individuale. In questo caso avevamo di fronte un uomo con enorme potere, ma che lo esercita dal basso, a partire dal suo contatto con la gente. Una persona che ha una posizione di immensa influenza ma che si presenta con grande umiltà. E la combinazione non risulta artefatta, ma assolutamente genuina e credibile.

di Luigi Sandri in Trentino del 13 marzo 2014

“la gente ha “sentito” che quelle parole traducevano una vita vissuta; non erano chiesastiche, ma evangeliche, punta di iceberg di un’esistenza che le incarnava rendendole carne e sangue. Questa, ci sembra, la chiave per comprendere l’eco travolgente che ha suscitato papa Francesco”. Il problema del rapporto tra dottrina fissa e pastorale mutevole. Il caso dei divorziati risposati e il concili di Nicea. ” il cammino intrapreso da Francesco porta a radicali cambiamenti nella Chiesa cattolica romana”. Le opposizioni cresceranno

di Gian Enrico Rusconi in La Stampa del 13 marzo 2014

In realtà il progetto di Papa Francesco è restaurare l’autorità (e l’attrattività) della Chiesa intesa come espressione di una autentica comunità di credenti, che ragionano e dialogano a partire dal vissuto quotidiano. Non una Chiesa che si avvolge nel mistero ma poi si esprime attraverso un apparato istituzionale che dal vertice distribuisce certezze con il rischio di diventare «una Chiesa fredda che dimentica la speranza e la tenerezza, che non sa dove andare e si imbroglia». Lo strumento per questo progetto è il linguaggio, che sembra introdurre una nuova ermeneutica della dottrina tradizionale, tutta da inventare



p. Maggi e p. Pagola commentano il vangelo

p. Maggi

IL SUO VOLTO BRILLO’ COME IL SOLE

commento al Vangelo della seconda domenica di quaresima di p. Alberto Maggi (16 marzo 2014)

Mt 17,1-9

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

L’evangelista Matteo presenta la risposta di Gesù alle tentazioni nel deserto. La terza, l’ultima tentazione nel deserto, era stata quando il diavolo aveva portato Gesù su un monte alto – il monte alto indica la condizione divina – offrendogli tutti i regni e la gloria del mondo. Cioè l’invito, la seduzione, la tentazione verso Gesù di conquistare la condizione divina, ottenendo il potere per dominare. Per comprendere questa tentazione bisogna ricordare che, all’epoca, tutti quelli che detenevano si consideravano di condizione divina, come il faraone che era un Dio, l’imperatore romano che era figlio di un Dio, quindi il diavolo offre a Gesù la condizione divina attraverso il potere. Bene, l’episodio della trasfigurazione è la risposta di Gesù a questa tentazione. Vediamo il capitolo 17 del vangelo di Matteo. “Sei giorni dopo”, l’indicazione è preziosa. Sei giorni dopo richiama due importanti avvenimenti: la creazione dell’uomo nel libro della Genesi e quando Dio manifesta la sua gloria sul monte Sinai. Quindi la cifra “sei giorni” richiama due cose: la creazione dell’uomo e la gloria di Dio. L’evangelista vuole dimostrare che, in Gesù, si manifesta la pienezza della creazione e, con essa, la gloria di Dio. E vedremo il perché. “Gesù prese con sé Pietro”, il discepolo viene presentato con il suo soprannome negativo, che significa “l’ostinato, il testardo”, “Giacomo e Giovanni”.  Sono i tre discepoli difficili, sono quelli che lo tentano al potere. Quanto Gesù annunzierà che a Gerusalemme sarà messo a morte, saranno Giacomo e Giovanni che gli chiederanno di condividere con loro i posti più importanti. Ebbene, Gesù prende con sé Pietro, e Pietro, nell’episodio precedente, era stato oggetto della più violenta denuncia, del più violento epiteto rivolto da Gesù a un suo discepolo. Gesù l’aveva chiamato “satana”. “Vattene satana!” Le stesse parole con le quali Gesù aveva respinto la tentazione nel deserto. Ma a Pietro dà una possibilità, “Vattene satana, torna a metterti dietro di me”, perché Pietro voleva lui indicare la via di Gesù, e soprattutto Pietro rifiutava  l’idea di morte di Gesù, perché per Pietro la morte era la fine di tutto. Allora Gesù prende ora con sé il suo satana e risponde alla tentazione di Pietro e a quella del deserto. “E li condusse in disparte”, quando troviamo la formula ‘in disparte’, è un termine tecnico adoprato dagli evangelisti, che vuole indicare sempre ostilità, incomprensione, da parte di discepoli o altri, verso Gesù e il suo messaggio. “Su un alto monte”, ecco, come il diavolo aveva portato Gesù su un monte altissimo, ecco che Gesù porta il suo diavolo, il suo tentatore, Pietro,  su un alto monte, il luogo della condizione divina. “E fu trasfigurato davanti a loro”. La condizione divina, per Gesù, non si ottiene attraverso il potere, ma attraverso l’amore, non dominando, ma servendo, non togliendo la vita, ma offrendo la propria. L’effetto di questo orientamento della vita per il bene degli altri, è la trasformazione. La morte per Gesù non diminuisce la persona, ma è ciò che la trasforma. Quindi la morte è una trasformazione dell’individuo. “Fu trasfigurato davanti a loro, il suo volto brillò come il sole”, questo indica la condizione divina. Gesù aveva detto che i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre, “e le sue vesti divennero candide come la luce”, sono i colori dell’angelo che annuncia la risurrezione. Quindi in Gesù si manifestano gli effetti della risurrezione; la morte non distrugge la vita, ma è ciò che le permette di fiorire in una forma nuova, piena, completa e definitiva. Una forma che nell’esistenza terrena non è possibile raggiungere. “Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia”, Mosè ed Elia raffigurano rispettivamente la legge e i profeti, quello che noi chiamiamo Antico Testamento, “che conversavano con lui”. Mosè ed Elia sono i due personaggi che, nell’Antico Testamento, hanno parlato con Dio e adesso parlano con Gesù. Non hanno nulla da dire ai discepoli. Qui la traduzione dice “prendendo la parola”, invece l’evangelista scrive “reagì”, quindi è una reazione. “Il Pietro”, l’articolo determinativo richiama l’atteggiamento ostinato di questo discepolo, “reagì il Pietro e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè, e una per Elia». C’è una festa in Israele tanto importante che non ha bisogno di essere nominata, è chiamata semplicemente ‘la festa’; è la festa per eccellenza, più importante anche della Pasqua. E’ la festa delle capanne che ricorda la liberazione dalla schiavitù egiziana, e per questa settimana, tra settembre e ottobre, si viveva sotto le capanne. Ebbene, in ricordo dell’antica liberazione, si aspettava e si sperava, si sarebbe manifestato e sarebbe giunto il liberatore. Quindi il messia si sarebbe manifestato durante la festa delle capanne. Allora ecco che Pietro continua nel suo ruolo di tentatore, il satana di Gesù. Perché, cosa fa?  Dice “se vuoi farò qui tre capanne”, era la festa nella quale il messia si sarebbe manifestato,  e notiamo l’ordine di queste capanne, “una per te, una per Mosè, una per Elia”. Quando ci sono tre personaggi, il più importante sta sempre al centro. Per Pietro l’importante è Mosè, non Gesù. Pietro riconosce in Gesù il messia, ma un messia secondo la linea dell’osservanza della legge imposta da  Mosè. Il messia sarebbe stato un pio devoto osservante di tutte le regole della legge, e soprattutto, come Elia. Elia è stato il profeta zelante, troppo zelante forse, che scannò personalmente quattrocentocinquanta sacerdoti di un’altra divinità. Quindi il messia che vuole Pietro è questo: uno che osservi la legge e la imponga con la violenza come Elia.“Egli stava ancora parlando, quando ecco una nube”, la nube nell’Antico Testamento, è immagine della presenza divina, “lo coprì con la sua ombra”. Quindi Dio non è d’accordo con quello che sta dicendo Pietro. Stava ancora parlando, quindi il Signore interrompe Pietro. “Ed ecco una voce che diceva”, è la voce di Dio, “«Questi è il Figlio mio »”, Figlio indica colui che assomiglia al Padre nel comportamento, non solo, “«l’amato»”, che indica l’erede, colui che eredita tutto, quindi colui che ha tutto del Padre.“«In lui ho posto il mio compiacimento»”. E’ la stessa identica espressione che Dio pronunziò su Gesù al momento del battesimo. L’evangelista vuole dimostrare in questo modo qual è l’effetto del battesimo. Nel battesimo Gesù si era preso l’impegno di manifestare la fedeltà all’amore del Padre, anche a costo della sua vita, la risposta di Dio a questo impegno è una vita che è capace di superare la morte. La morte non distrugge la persona, ma la potenzia. E poi ecco l’imperativo: “«Lui ascoltate»”. Quindi non devono ascoltare né Mosè, né tanto meno Elia; lui devono ascoltare, soltanto Gesù. Mosè ed Elia vengono relativizzati e posti in relazione con l’insegnamento con la vita di Gesù. Quello che concorda della legge o dei profeti con Gesù è ben accolto, quello che si distanzia, o è contrario, viene tralasciato. La reazione dei discepoli. “All’udire ciò i discepoli caddero con la faccia a terra”, cadere con la faccia a terra è segno di sconfitta, di fallimento, quindi sentono di aver fallito. Non è questo il messia che loro stanno seguendo, “e furono presi da grande timore”, quindi si sentono sconfitti perché il messia che loro seguono è il messia che non muore, che trionfa; invece devono dare ragione alle parole di Gesù che aveva annunziato che a Gerusalemme sarebbe andato a  morte. Per loro è un segno di sconfitta e ora hanno anche timore di quale può essere la reazione di Gesù che è stato da loro così contraddetto. “Ma Gesù si avvicinò, li toccò”, come ha fatto con gli infermi e i morti, “e disse: «Alzatevi e non temete»”. La risposta di Gesù è sempre una comunicazione di vita. “Alzando gli occhi non videro nessuno”,  Pietro, Giacomo e Giovanni ancora cercano Mosè ed Elia, perché è il passato, è la tradizione. E’ questo che da loro sicurezza; quindi cercano una conferma dei valori del passato. “Ma non videro nessuno, se non Gesù solo”. D’ora in poi dovranno affidarsi solo a Gesù, e non più fare affidamento su Mosè e la sua legge o sullo zelo profetico di Elia. “Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti»”. Questa immagine di un Gesù che passa attraverso la morte, una morte che, non solo non lo distrugge, ma lo potenzia, poteva essere  male interpretata, come un segno in senso trionfalistico da parte dei discepoli. Non sanno ancora che questa condizione Gesù la otterrà passando attraverso la morte più infamante, quella riservata ai maledetti da Dio, la morte di un croci

 croce

ASCOLTARE GESÙ

commento al vangelo di p. A. Pagola

Il centro di quel racconto complesso, chiamato tradizionalmente “La trasfigurazione di Gesù”, è occupato  da una Voce che viene da una strana “nuvola luminosa”, simbolo che si impiega nella Bibbia per parlare sempre della presenza misteriosa di Dio che si manifesta a noi e, contemporaneamente, si nasconde.   La Voce dice queste parole: “Questo è mio Figlio, l’amato, mio predilett…o. Ascoltatelo”. I discepoli non hanno da   confondere Gesù con nessuno, neanche con Mosé e con Elia, rappresentanti e testimoni dell’Antico Testamento. Solo Gesù è il Figlio caro di Dio, quello che ha il volto “risplendente come il sole”.  Ma la Voce aggiunge ancora qualcosa: “Ascoltatelo”. In altri tempi, Dio aveva rivelato la sua volontà per mezzo dei “dieci comandi ” della Legge. Ora la volontà di Dio si riassume e concreta in un solo comando: ascoltate Gesù. L’ascolto stabilisce la vera relazione tra i seguaci e Gesù. Ascoltato ciò, i discepoli cadono al suolo “pieni di spavento”. Sono impauriti a causa di quell’esperienza tanto vicina a Dio, ma anche spaventati per quello che hanno sentito con le proprie orecchie: potranno vivere ascoltando solo Gesù, riconoscendo solo in lui   la presenza misteriosa di Dio?   Allora, Gesù si avvicina e, toccandoli, dice loro: Alzatevi. Non abbiate paura”. Sa che devono sperimentare la sua   vicinanza umana: il contatto della sua mano, non solo lo splendore divino del suo viso. Ogni volta che ascoltiamo Gesù nel silenzio del nostro essere, le sue prime parole ci dicono: Alzati, non avere paura.   Molte persone solo conoscono Gesù per  sentito. Il suo nome risulta loro, forse, familiare, ma quello che sanno di lui non va oltre alcuni ricordi ed alcune impressioni della loro infanzia. Perfino, benché si chiamino cristiani, vivono senza ascoltare nel loro interiore la voce di Gesù. E, senza quell’esperienza, non è possibile conoscere la sua pace inconfondibile né la sua forza per incoraggiare e sostenere la nostra vita.   Quando un credente si intrattiene ad ascoltare in silenzio Gesù, all’interno della sua coscienza, ascolta sempre qualcosa come questa: “Non avere paura. Abbandonati con ogni semplicità nel mistero di Dio. La tua poca fede è imperfetta , non ti inquietare. Se tu ascolti, scoprirai che l’amore di Dio consiste nello stare sempre a perdonarti. E, se credi questo, la tua vita cambierà. Conoscerai la pace del cuore.”   Nel libro dell’Apocalisse può leggersi così: “Guarda, sto alla porta e chiamo; se alcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, entrerò nella sua casa”. Gesù suona alla porta di cristiani e non cristiani. Possiamo aprirgli la porta o possiamo respingerlo. Ma non è la stessa cosa vivere con Gesù che senza lui.   Annuncia Gesù.
José Antonio Pagola