convegno: ‘mia madre era rom’

 

Presentato il rapporto “Mia madre era rom” sulle adozioni dei minori rom

Alcuni partecipanti del convegno "Mia madre era rom"

alcuni partecipanti del convegno “Mia madre era rom”

 

Le cronache degli ultimi giorni hanno riportato prepotentemente alla ribalta lo stereotipo infondato dei “rom che rubano i bambini”, generando un clima di isteria collettiva nei confronti dell’intera comunità rom. È in atto però un fenomeno inverso, rimasto finora ben lontano dall’enfasi mediatica: un flusso sistematico e istituzionalizzato di minori rom che vengono “strappati” alle proprie famiglie e affidati in adozione alle famiglie non rom.

Martedì 29 ottobre, presso la sede della Regione Lazio, a Roma, l’Associazione 21 luglio ha presentato il rapporto “Mia madre era rom”, che analizza il fenomeno delle adozioni dei minori rom nel Lazio e, in particolare, nella città di Roma. Qui, infatti, le comunità rom, con i loro figli, vivono in gravi condizioni di emergenza abitativa che sono la conseguenza delle politiche orientate all’esclusione sociale messe in atto dagli amministratori locali.

Alla presentazione del rapporto sono intervenuti l’Assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio Rita Visini, il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma Melita Cavallo, il Vicepresidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Lazio Edoardo Trulli e il mediatore sociale Vito Savasta, oltre alla ricercatrice dell’Associazione 21 luglio, e autrice della ricerca, Angela Tullio Cataldo.

Il rapporto

Dai dati della ricerca, emerge che un minore rom, rispetto a un suo coetaneo non rom, ha 60 probabilità in più di essere segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e circa 50 probabilità in più che per lui venga aperta una procedura di adottabilità. Tali numeri si traducono nel dato secondo il quale un bambino rom ha 40 probabilità in più di essere dichiarato adottabile rispetto a un bambino non rom.

Il rapporto, realizzato in collaborazione con la Facoltà di Antropologia culturale dell’Università di Verona, ha analizzato la presenza dei minori rom nelle storie che il Tribunale per i Minorenni di Roma ha affrontato dal 2006 al 2012. In questo arco di tempo, è stato segnalato al Tribunale per i Minorenni il 6% della popolazione rom minorenne, ovvero 1 minore rom su 17. La percentuale si abbassa drasticamente, allo 0,1%, per quanto riguarda i minori non rom, nel cui caso è stato oggetto di segnalazione 1 minore su 1000.

L’indagine ha poi portato alla luce come nello stesso periodo sia stata aperta una procedura di adottabilità per 1 minore rom su 20 e per 1 minore non rom su 1000. Di conseguenza, per 1 minore rom su 33 (il 3,1% della popolazione minorenne rom nel Lazio) è stata emessa una sentenza in via definitiva che ha dichiarato il bambino adottabile. Di contro, i minori non rom dichiarati adottabili nello stesso arco di tempo nel Lazio sono stati lo 0,08% della popolazione minorenne non rom, ovvero 1 minore su 1250.

Fondamentale, nell’iter che porta alle adozioni, è il ruolo di giudici, Pubblici Ministeri e assistenti sociali, i quali però, secondo quanto emerge dalle interviste condotte ai fini della ricerca, sembrano avere una conoscenza estremamente lacunosa e un forte pregiudizio nei confronti dei rom, per cui il degrado abitativo nel quale vive l’infanzia rom viene imputato alla stessa cultura rom e alla volontà dei genitori. Raramente, infatti, si riconosce l’impatto delle politiche sociali sull’indigenza e sul degrado abitativo in cui vivono molte famiglie rom.

La nota dell’Associazione 21 luglio

«Segregando i rom su base etnica nei cosiddetti “campi nomadi”, come da anni avviene a Roma e nel Lazio, le istituzioni locali prima condannano le comunità rom a vivere in situazioni di totale degrado e all’esclusione sociale, lavorativa e abitativa. E poi sottraggono loro i propri figli per proteggerli dal rischio di vivere in quel contesto inadeguato alla fruizione dei diritti dell’infanzia che gli stessi amministratori hanno creato», afferma l’Associazione 21 luglio.

In quest’ottica, allontanare il bambino rom dai propri genitori e affidarlo in adozione a una famiglia non rom diventano gli strumenti utilizzati dalle istituzioni per ripristinare l’uguaglianza dei diritti dell’infanzia rom rispetto a quella non rom. Un’uguaglianza che dovrebbe essere invece creata dalle politiche sociali e che non dovrebbe ledere il diritto del minore a essere cresciuto dai propri genitori.

«Rilanciando con veemenza e senza alcun accertamento dei fatti le notizie rivelatesi poi non vere delle due bimbe bionde “rapite” da rom in Grecia e in Irlanda, i media, in questi giorni, hanno irresponsabilmente riportato in auge lo stereotipo dei “rom che rubano i bambini”.

Non soltanto questo stereotipo, come dimostrato da uno studio del 2008 dell’Università di Verona intitolato “La zingara rapitrice” è del tutto infondato, ma, al contrario, sono proprio i minori rom a essere vittime di un processo di allontanamento sistematico e istituzionalizzato dalle proprie famiglie di appartenenza», conclude l’Associazione 21 luglio.

Le reazioni

Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, si è mostrata molto critica nei confronti delle conclusioni a cui giunge il rapporto dell’Associazione 21 luglio: «I bimbi rom non possono vivere nelle condizioni nelle quali sono costretti oggigiorno. Per questo, sottrarli a certi contesti diventa un modo per ripristinare e tutelare i diritti dell’infanzia rom».

Dall’Assessore Visini è giunto invece l’impegno della Regione Lazio a modificare la legge regionale che istituisce i “campi nomadi”: «I campi sono dei ghetti che favoriscono la creazione di stereotipi e pregiudizi contro i rom e ne rendono impossibile l’inclusione sociale. Per questo devono essere aboliti. Come Regione, ci impegneremo anche a convocare un tavolo di concertazione sui rom al quale inviteremo le associazioni, tra cui la 21 luglio».

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p. Maggi commenta il vangelo della domenica

p. Maggi

 

p. Maggi ci aiuta alla migliore comprensione del vangelo della domenica 3 novembre, 31a del tempo ordinario:

IL FIGLIO DELL’UOMO ERA VENUTO A CERCARE E A SALVARE CIO’ CHE ERA PERDUTO 

Lc 19,1-10

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Poco prima del vangelo di questa domenica, Luca racconta l’episodio dell’uomo ricco, lo definisce un notabile, un capo, che si avvicinò a Gesù per chiedergli che doveva fare per entrare nella vita eterna. Gesù gli rispose ricordandogli i comandamenti che si riferivano al comportamento nei confronti del prossimo, e, considerato che costui aveva tutto osservato fin dalla sua giovinezza – per cui la vita eterna era già assicurata – Gesù lo invitò a preoccuparsi di questo mondo e di questa vita, seguendolo, vendendo tutto quello che aveva per darlo ai poveri.
Quell’uomo era un perfetto osservante della legge, come del resto corrispondeva all’essere notabile, un capo, ma non accetta l’invito di Gesù. Il suo interesse si centrava sulla vita eterna, sull’aldilà, mentre Gesù lo voleva invitare a collaborare alla trasformazione di questa vita, contribuendo alla felicità di tutti gli uomini.
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Ma il notabile, come del resto tutti i ricchi, desidera che niente cambi, per  mantenere la sua posizione di privilegio e di prestigio. Fu in quell’occasione che Gesù disse che la ricchezza era un ostacolo praticamente insormontabile per entrare nel Regno di Dio; la famosa frase di Gesù “E’ più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Regno di Dio”.
Ebbene, nel vangelo di questa domenica, invece, Zaccheo, anche lui è ricco. In quanto pubblicano non poteva certo vantarsi dicendo di aver osservato tutti i comandamenti dalla sua gioventù. Come lui stesso riconosce era un ladro che aveva estorto il denaro alla gente.
Zaccheo non è interessato alla vita eterna e Gesù non gli chiede di vendere quello che ha per darlo ai poveri e seguirlo. E’ lui, è Zaccheo che lo decide.
Accoglie Gesù nella sua casa, nella sua vita, e tutto cambia.
Da ricco si ritrova povero; dice: “Do la metà di quello che possiedo ai poveri e se ho rubato a qualcuno restituisco quattro volte tanto”, quindi lui che era ricco si ritrova a non esserlo più, ma finalmente è felice.
Scrive l’evangelista che fa tutto questo pieno di gioia. Il pubblicano ha rotto con l’ingiustizia che scandiva con la sua vita. E Gesù proclama: “Oggi”, quindi non è una promessa per il futuro, “per questa casa è venuta la salvezza”.

L’affermazione di Gesù è importante perché noi tendiamo sempre a proiettare la salvezza di cui Gesù parla nell’aldilà. La salvezza è già presente, una salvezza che si riferisce a questa vita, non all’aldilà, una salvezza che però agli occhi dei ricchi del mondo è una rovina.
Il notabile, alle parole di Gesù, l’evangelista scrive che divenne Assai triste perché era molto ricco. Il ricco notabile era interessato all’aldilà, proiettava la sua salvezza in un mondo futuro; Zaccheo, che ha rotto con l’ingiustizia, ha sperimentato la salvezza in questo mondo, nella sua vita terrena. La salvezza per Gesù non è garantirsi un posto nell’aldilà, anche il notabile ce l’aveva assicurato con l’osservanza dei comandamenti, ma liberarsi da tutto quello che impedisce in questa vita di essere pienamente liberi per collaborare con il Cristo alla realizzazione del Regno di Dio.
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ancora si insiste sul pregiudizio del ‘rom ruba bambini’

bambino rom
è grave che le testate migliori, quelle che paiono le più ‘sensibili’ ai problemi dei più deboli ed esposti all’eclissi sociale e sensibili ai disagi vissuti dalle ‘minoranze’ più pregiudizialmente denigrate, continuino, come rai news 24, a cavalcare in chiave di audiens il pregiudizio del ‘rom ruba bambini’: giustissimo il grido di sdegno e di protesta di Agostino Rota Martir (facciamo in modo che questo sdegno arrivi a rai news 24):
Rai News 24 non demorde: i Rom rubano i bambini, questa è la loro convinzione e questo è quello che vuol far credere. Questa mattina manda in onda un servizio sulla tratta dei minori, sottratti ai loro genitori da un paese estero, anche con l’uso della forza. L’organizzazione coinvolta in questo brutale traffico, così viene detto nel servizio è ad opera di Ukraini, Italiani, Norvegesi,Tunisini..

Non si parla di Rom, ma le immagini trasmesse durante il servizio, mostrano quelle dei campi Rom, con l’intento di far credere e sostenere la solita leggenda metropolitana dei Rom rapitori di bambini e mantenere alta nell’opinione pubblica l’intolleranza verso i Rom. Eppure in questi giorni, in varie trasmissioni abbiamo avuto modo di sentire che la notizia dei rapimenti di bambini da parte dei Rom non è suffragata da alcuna prova. E’ la stessa Polizia di Stato ad affermarlo. Ma Rai News non ne è convinta e seguita a battere su questo tasto.
 
Rai News si vergogni e ripari a questa offesa!
Qualcuno avvisi Rai News che è stata smentita la notizia secondo la quale la bimba rom bionda trovata in un campo in Grecia..non è stata rapita, bensì consegnata gratuitamente dai genitori legittimi ad una coppia rom Greca.
 
Facciamo sentire il nostro sdegno per la pessima e fuordeviante informazione targata Rai.
 
Ciao Ago 
 
 
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