una catena umana miracolosa

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Musulmani uniti in una catena umana per proteggere i cristiani durante la messa

E’ accaduto domenica 6 ottobre a Lahore, in Pakistan.

Circa 300 persone musulmane si sono unite tra loro per formare una sorta di scudo umano per proteggere i cristiani che stavano partecipando alla messa domenicale.

Lo scorso 22 settembre vi è stato un attacco terroristico contro le minoranze religiose e ben 100 cristiani sono stati uccisi. La catena umana è stata ideata per rispondere a questi atti di violenza, purtroppo frequenti nel territorio.

Un Mufti, autorità religiosa musulmana, ha letto alcuni brani del Corano che trattavano di tolleranza e la pace e la lettura è stata applaudita dal sacerdote che stava celebrando la messa: entrambi si sono stretti la mano in segno di fratellanza.

Il coordinatore dell’associazione che ha promosso l’iniziativa, Pakistan for All, il musulmano Mohammad Jibran Nasir ha dichiarato:“I terroristi ci hanno fatto vedere cosa fanno la domenica e noi gli abbiamo mostrato cos’è per noi la domenica. Un giorno di unità”. Egli è riuscito a mobilitare il paese grazie agli appelli sui social media e ha reso la manifestazione pacifica mediante canti e balli.

[Fonte: www.vita.it]

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riflessioni su quanto succede a Lampedusa

migranti

Consumismo
mediatico a Lampedusa

di Marco Loperfido

Ci risiamo: si riaccendono i riflettori sull’isola di Lampedusa, come un set cinematografico che ogni tanto gira una scena del suo reiterato, infinito film, arrivano decine di giornalisti che incominciano a sparpagliarsi dappertutto per intervistare la gente qualunque, mentre le istituzioni si danno da fare a dichiarare “parole” come un formicaio agitato da un’allerta improvvisa che subito passerà. Indignazione, orrore, rabbia, impotenza. Tutta l’Italia gira attorno a questo fazzoletto di terra che stende le braccia verso l’Africa. Tutta l’Italia si interroga su cosa fare, divora la notizia, sviscera, alla radio come in tv, nei bar come sui giornali, il tema dell’immigrazione e delle sue conseguenze faste o nefaste. Li vogliamo, non li vogliamo, sono poveri che scappano dalla guerra, sono clandestini, persone o non-persone, un bene, un male.

Non avrei mai voluto scrivere queste righe perché bisognerebbe avere la decenza di stare zitti e di rispettare il giorno dopo (il che non vuol dire istituire una giornata di lutto nazionale. A proposito: ma se è giornata di lutto nazionale, perché non vogliamo che i loro figli un giorno siano italiani?). Bisognerebbe abbracciare, piangere e dire solo due parole per confortare i parenti, come si fa nei funerali di chi ci era caro. E poi “esserci” davvero nei giorni a venire, quelli difficili. Ma mi è stato chiesto, in virtù dei miei studi sul rapporto tra morte e migranti, in virtù del mio breve viaggio a Lampedusa, di dire qualcosa e di aggiungermi alle mille e inutili parole già dette, e allora scrivo queste strane e sconclusionate frasi che stanno a mezza strada tra il ragionamento e lo sfogo, il che forse non mi giustifica neppure.

Ma lo sapete che tra il 1988 e oggi ci sono stati più di 19mila morti in mare? È una guerra silenziosa come la dimenticanza, come l’oblio, come la rimozione. Non li vogliamo vedere, sono fastidiosi come le mosche. Quando muoiono in 300 tutti insieme qualcosa ci tocca nel profondo dell’umanità sepolta. Ma poi?

Esistono vari tipi di morte. C’è la morte come sprofondamento nel nulla: quella del consumo. Ne fanno le spese i cittadini occidentali, incapaci di pensare la morte come elemento del processo vitale; ne fa le spese il pianeta, usato e poi gettato in un cassonetto; ne fanno le spese i migranti, considerati a mala pena “notizia” per un giorno. Poi c’è la morte-rinascita: accade infatti che qualcuno, vedendo tutti quei corpi stesi nell’hangar dell’aeroporto, magari un giornalista, sicuramente un pescatore che li ha salvati, senta una scossa dentro che lo sconquassa per sempre, che lo cambia facendolo rinascere. Succede quando la morte dell’altro la senti un po’ come la tua, quando riconosci che quel volto fermo nell’ultimo istante della vita è uno specchio in cui riflettersi. A quel punto, anche la morte è vitale e ti cambia nel profondo. Incredibile ma vero.

Le esperienze raccolte nelle mie interviste mi dicono fondamentalmente questo: quando vivi la morte… rinasci; quando rischi di morire ma non muori… diventi migliore; quando, come si dice, “la morte la vedi in faccia” perché è morto un tuo compagno di viaggio e tu no… la vita che vivrai da quel momento in poi sarà più densa e piena di significato. Chi gira dunque nelle strade italiane ed ha rischiato di morire nel viaggio è un essere superiore, bisogna saperlo. Chi lavora dieci ore al giorno per trenta euro nei campi di pomodori non è un poveraccio o un disperato, ma l’apice dell’umanità e il migliore italiano che ci possa essere in Italia. Se dunque vogliamo davvero fare qualcosa di buono da oggi in poi, se vogliamo davvero che questa terribile quanto annunciata notizia abbia un senso, non guardiamo oggi solo a Lampedusa e alla sua strage, ma al siriano che lavora come fruttivendolo, all’egiziano dell’internet point. I volti di questi stranieri sono gli stessi che sarebbero potuti essere nel cellophan a Lampedusa. È un puro caso se loro sono vivi e gli altri no. Forse quel giorno non c’era mare mosso, forse quel giorno la Guardia Costiera non aveva lavorato ad un altro soccorso fino alle quattro del mattino, forse quel giorno nessuno aveva una coperta a cui dare fuoco per farsi vedere.

Si dice che in questa vita stiamo tutti nella stessa barca, ma non è vero. Su quella barca loro ci sono stati, noi no.

* Università Roma Tre; autore di “La morte altrove. Il migrante al termine del viaggio” (Aracne, Roma, 2013)

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un’intera classe rifiuta l’ora di religione

nel bicchiere

l’opinione del filosofo della scienza Odifreddi:

Maturandi già maturi, senza ora di religione

Non era mai successo prima. O meglio, era già successo una volta, ma per dissidi con un professore problematico, cioè fanatico integralista, e dunque non contava. Stiamo parlando di un’intera classe di una scuola che ha chiesto l’esenzione dall’ora di religione.

E’ successo al liceo classico Cristoforo Colombo di Genova, con una quinta di ventisei studenti: alcuni di famiglie credenti, e alcuni addirittura credenti loro stessi. E ciò nonostante, tutti esentati su richiesta loro o delle loro famiglie.

L’ineffabile preside ha cercato di spiegarsi e di spiegare l’inspiegabile, con la motivazione che molti studenti erano maggiorenni già all’atto dell’iscrizione. Senza accorgersi, ovviamente, che la “spiegazione” equivale ad ammettere una coercizione delle famiglie sugli studenti.

L’ineffabile preside, invece di vantarsi del primato conquistato dalla sua scuola, ha cercato di scusarsi con il cardinal Bagnasco, che proprio da Genova governa la CEI, assicurandolo del fatto che comunque la percentuale dei non esentati della sua scuola è compresa tra l’80 e il 90 per 100.

Alla meritoria classe dovrebbe invece essere assegnato un premio. Ad esempio, avendo già dimostrato un grado di maturità superiore a quello di tutte le altre classi di tutte le altre scuole d’Italia, i suoi alunni dovrebbero automaticamente ricevere un bonus per il voto al l’esame di maturità, appunto.

Naturalmente, i primati sono fatti per essere battuti. Aspettiamoci ora la prima scuola con tutte le classi esentate, e dunque con gli insegnanti-parassiti di religione biblicamente esodati. E col tempo, a Dio piacendo, l’abolizione dell’anacronistica ora di religione, il licenziamento dell’intero corpo mistico dei suoi insegnanti, e il superamento dell’esame di maturità non più per i singoli studenti, ma per il nostro intero paese.

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gli italiani non vogliono né l’indulto né l’amnistia

FOTO REPERTORIO DI CARCERI PER VOTO SU INDULTO
Indulto e amnistia contrari sette italiani su dieci

Per Silvio Berlusconi spunta l’ipotesi di uno sconto a metà

Gli italiani non vogliono né l’indulto né l’amnistia. A mostrarlo e dimostrarlo il sondaggio Ispo per il Corriere: il 71 per cento degli intervistati ha detto no a ogni provvedimento di clemenza. Un vero e proprio plebiscito contro che unisce, trasversalmente, l’elettorato da sinistra a destra. Sempre secondo Ispo tra chi vota Pd è la maggioranza (il 67%) a essere contraria. Così come nell’elettorato del Pdl dove, nonostante ci sia di mezzo il futuro politico e non solo di Berlusconi, qualunque idea di “salvacondotto ” non piace per nulla. Il 63 (% contro 35) dice no. Allineanti sulla linea intransigente anche gli elettori M5s: contrari 3 e su 4.

Se su amnistia e indulto nel Paese le idee sono piuttosto chiare, in Parlamento sembra meno. Nel Palazzo si discute ma il nodo è sempre e solo uno: Silvio Berlusconi. Il punto di domanda è: deve il Cav rientrare tra i beneficiari di un’eventuale decisione?
Come scrive Giovanni Bianconi su il Corriere tutto dipenderà da come sarà scritta la legge. Un testo c’è, è Il ddl Manconi Compagna che prevede espressamente che Berlusconi venga escluso sia dall’amnistia che dall’indulto. Perché la frode fiscale non è compresa nei reati cancellati e perché la riduzione della pena viene esclusa per coloro che hanno usufruito di quella sancita con la legge del 2006.

Certo è che un disegno del genere non piacerebbe per nulla al Pdl e difficilmente passerebbe visto che per votare una legge del genere ci vogliono i voti dei due terzi del parlamento. Anche su questo – scrive sempre Bianconi – una soluzione potrebbe arrivare dagli indulti varati in passato, nei quali era stabilito che chi avesse già goduto di un provvedimento precedente potesse accedere a uno sconto pari alla metà di quello previsto dalla nuova legge. Nel caso del Cav – conclude Roncone – se l’indulto fosse due anni a lui verrebbe applicato per uno e ciò basterebbe a cancellare anche la pena residua.

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la vergogna delle nostre carceri

nel bicchiere

le nostre carceri fanno vergogna, ci fanno vergogna, sono condannate anche dalla comunità europea: cosa fare, come evitare solo riforme epidermiche e affrontare una vera riforma strutturale è diventato un dibattito ormai pubblico, cavalcato politicamente soprattutto da chi è sempre stato sordo a queste problematiche e soprattutto ai problemi e alle sofferenze dei poveri diavoli

FOTO REPERTORIO DI CARCERI PER VOTO SU INDULTO

uno stimolo alla corretta riflessione è contenuto ne l’ ‘amaca’ odierna di M. Serra:

Nel dibattito molto emotivo sulla condizione carceraria non si capisce perché siano usati l’uno contro l’altro due argomenti ugualmente inoppugnabili come la certezza della pena e l’utilità/umanità della stessa. Un Paese che apre le sue carceri perché non è in grado di averne a misura di Costituzione, e si vergogna delle decrepite galere dove stipa i detenuti, non è un Paese serio. Indulto e amnistia, quand’anche servano (e servono) a far scendere la febbre delle carceri, e ad alleviare sofferenze, hanno il difetto “politico” di sembrare un espediente tanto quanto i giustamente detestati condoni edilizi e fiscali. In questo senso credo abbia ragione Matteo Renzi quando eccepisce sull’indulto. Lo avrà anche fatto per ragioni elettorali, ma il problema c’è e non vederlo vale a credere che basti, ogni tanto, un breve sussulto di unanime pietismo per affrontare una piaga strutturale, e considerata con giusta severità dall’Europa. All’orribile colpa di mantenere reclusi anche imputati non ancora passati in giudizio definitivo, o poveri cristi ingabbiati per reati minori, lo Stato somma quella, non meno grave, di non provvedere alla salute, alla dignità, ai diritti di chi sta in carcere anche per giusta pena. È facile commuoversi per gli innocenti in carcere, il problema vero è che bisogna commuoversi per i colpevoli.

Da La Repubblica del 15/10/2013.

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